Presupposti metodologici

Per rigore metodologico (ed onestà intellettuale) si esplicitano fin dall’inizio i presupposti che guideranno questo lavoro di introduzione al Diritto canonico.

1) Sotto il profilo ‘cognitivo’ si raccoglie sostanzialmente il frutto della tradizione ‘scolastica’, seppur integrata dalle nozioni e consapevolezze maturate negli ultimi decenni in ambito epistemologico, considerando il ‘sapere’ come strutturato su tre differenti ‘livelli’ cui corrispondono altrettante metodologie di ricerca, specificità di discipline e tipologie di conoscenza; una sommaria distinzione potrà facilitare l’inquadramento della questione cognitiva per saper poi individuare con rigore l’ambito preciso dell’indagine in corso.

I tre ‘livelli’ cognitivi presupposti si distinguono in ragione dell’ottica specifica della loro indagine: il fenomeno, l’essere, Dio; ad essi corrispondono rispettivamente le discipline sperimentali, filosofiche, teologiche o, in altri termini, la scienza sperimentale, la metafisica, la Teologia. I tre livelli ‘insistono’ sulla stessa realtà fornendone una conoscenza come per ‘astrazioni’ successive, autonome ma non indipendenti, in modo tale che dal livello più immediatamente percettibile per il ricercatore (il fenomeno) si possa accedere ad un ulteriore livello di conoscenza più generale che collochi il singolo esistente, esperienzialmente percepito, in rapporto con l’essere globale, per procedere ulteriormente verso il ‘Significato primo ed ultimo’ della realtà stessa: Dio.

Questa distinzione e relazione tra i diversi livelli cognitivi ha il grande vantaggio di tutelare la dignità di ogni singola disciplina esigendo da ciascuna quell’autonomia che, sola, ne può garantire il rigore metodologico e la conseguente correttezza dei risultati; questo renderà anche difficoltoso il ‘passare gratuitamente’ da un livello ad una altro della riflessione, smascherando eventuali semplificazioni o mistificazioni; a ragione questa impostazione risulterà quindi ‘critica’, costringendo a non dare per scontato nessun passaggio logico dell'argomentare.

La collocazione al ‘livello scientifico sperimentale’ del presente Corso di introduzione non intende negare accessi ulteriori all’ambito giuridico… semplicemente cercherà di proporre una sorta di grande explicatio terminorum, necessaria perché chi parla di Diritto sappia con certezza di che cosa si tratta e per quali motivi lo faccia in un determinato modo.

2) Sotto il profilo antropologico, non essendo possibile parlare dell’uomo e dei suoi comportamenti senza averne comunque un’idea di fondo, si accoglie globalmente il frutto della riflessione c.d. ‘personalista ontologica’ che vede l’uomo come una realtà ‘data’ e potenzialmente aperta all’incontro con l’Altro.

In tal modo i necessari riferimenti alla ‘natura umana’ che interverranno nella trattazione dovranno riferirsi a questa ‘natura’ personale-ontologica-relazionale dell’uomo e non ad un irrealistico vir in silvis nutritus, di illuministica memoria, inutile a qualunque livello di riflessione a causa della sua sostanziale astoricità.

3) Sotto il profilo metodologico, si procederà (come avviene ormai indiscutibilmente anche per discipline del ‘livello teologico’ come la Teologia morale) applicando un metodo induttivo che privilegi il vissuto umano, pur senza assolutizzarlo; a tal proposito é bene tuttavia precisare come per il Diritto sia più adatto il concetto di ‘fenomeno’ che quello di ‘esperienza’ (utilizzato dalla Morale) e come il ‘referente’ privilegiato del ‘vissuto giuridico’ non sia la singola persona ma, quantomeno, un gruppo umano… meglio ancora una ‘società’.

Il procedimento d’indagine sarà mutuato dalle discipline ‘sociologiche’, cui di Diritto va ricondotto: osservazione, ipotesi, verifica-sperimentazione, conferma-sconfessione dell’ipotesi prospettata.

La scelta di un metodo induttivo é obbligata anche dalla necessità di un ‘approccio critico’ alle tematiche, soprattutto fondative del Diritto, affrontate troppo spesso in seno agli ambienti religiosi in modo ‘dogmatico’ e, quindi, deduttivistico.

Anche la scelta di trattare il ‘Diritto in generale’ prima di passare alle specifiche del Diritto canonico va nella direzione di presentare ed illustrare il Diritto canonico come una species dentro ad un genus più ampio ed articolato che possa costituire in modo permanente una valida e necessaria istanza metodologica di controllo e verifica.

La ‘distribuzione’, inoltre, della conoscenza sui tre ‘livelli’ sopra menzionati permetterà a ciascuno di collocare la propria ricerca/riflessione al ‘livello’ che più lo interessa senza per questo dover vanificare quanto già assodato al ‘livello’ sottostante.


Introduzione

Un'introduzione al Diritto canonico deve oggi tener conto della mutata sensibilità e della maturazione di consapevolezza giuridica che si sono avute durante l’ultimo secolo in ambito ecclesiale, in particolare per il grande apporto fornito a questa disciplina dalla riflessione dell’Università Pontificia di Pamplona (Navarra) e di altri eminenti studiosi ‘moderni’ (soprattutto italiani) sulla ‘giuridicità’ del Diritto canonico che ha ormai acquisito una propria fisionomia finalmente distinta dalle altre discipline ‘normative’ ecclesiali.

Non è mistero come lungo i secoli il Diritto canonico e la Morale siano stati spesso troppo attigui… tanto da rendere difficoltosa, fino al sorgere dello strumento codiciale nel 1917, una reale distinzione tra le due discipline.

Proprio all’interno di una prospettiva normativa di carattere teologico, qual’é quella della Teologia morale, il Diritto canonico ha dovuto sottostare negli ultimi secoli ad un metodo d’indagine e lavoro di carattere deduttivistico che mal si confà alla natura del Diritto stesso secondo la consapevolezza odierna.

Sulla scia di queste considerazioni, la cui portata reale emergerà meglio lungo la trattazione, è necessario intraprendere una diversa via di approccio al Diritto canonico: una via ‘proprietaria’ che renda ragione della specificità della Scienza Canonistica e della sua legittima e doverosa autonomia soprattutto dalle discipline teologiche.

La strada migliore pare essere l’applicazione di un metodo diacronico che permetta di ‘separare’ lungo lo scorrere del tempo i diversi elementi che concorrono, ormai unitariamente, a formare e definire il concetto di Diritto, evitando così facili deduttivismi tipici di una visione sincronica qual è (necessariamente) quella metafisica.

L’esame del divenire storico porterà necessariamente a ‘separare’ diversi aspetti della medesima realtà o di realtà concomitanti; tuttavia anche se per distinguere non é sempre necessario separare… una giusta ‘separazione’ potrà migliorare la distinzione, permettendo di individuare con maggior proprietà l’oggetto specifico di trattazione ed interesse: il ‘giuridico’.

Dopo aver individuato la genesi del ‘giuridico’, le sue dinamiche e le sue funzioni nel vivere umano, sarà certamente più facile (e legittimo) articolare anche una riflessione metafisica o teologica su tale ambito, lasciando intatta tuttavia ai giuristi la libertà di procedere secondo il metodo proprio della loro scienza per trarne le corrette e necessarie conseguenze operative… D’altra parte lo studio di un istituto o di uno strumento giuridico e la riflessione sui valori della giustizia o dell’equità non possono essere collocati sullo stesso piano semplicemente perché riconducibili all’unico ambito giuridico.

Giurista, filosofo e teologo, applicando metodologie diverse e ‘codici di significato’ diversi, predicheranno attributi differenti delle stesse realtà con cui l’uomo si trova a fare i conti giorno per giorno… a ciascuno di loro il difficile compito di non prevaricare imponendo la propria visione del reale che, in quanto ‘propria’, sarebbe irrecuperabilmente parziale (fosse anche la visione 'teologica' che non é comunque 'riassuntiva' degli altri livelli di conoscenza).


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