Sulle tracce dei Bizantini nell’Appennino reggiano

(TESTO CONSEGNATO ALL'EDITORE; potrebbe non corrispondere pienamente a quello effettivamente pubblicato)



PREMESSA

Nell’impossibilità di fruire dei normali metodi storiografici solitamente applicabili dall’Alto Medioevo in avanti, spesso su base –prevalentemente– documentaria, il periodo storico successivo al Tardo Antico deve utilizzare altri ‘metodi’ o forse solo ‘criteri’ d’indagine; la ricerca della consistenza della presenza bizantina nelle nostre terre deve pertanto attuarsi adottando specifiche modalità d’investigazione e, soprattutto, di ‘ricostruzione’ ipotetica da sottoporre poi all’integrazione/verifica dei pochi dati –di qualunque natura– localmente e specificamente disponibili (com’è quello ‘gastronomico’ che risalta nella presente ricorrenza).


Trattandosi di verificare e ricostruire la consistenza territoriale e cronologica della presenza bizantina nell’Emilia pre-matildica la mia ricerca sta adottando alcuni criteri inferenziali, che stanno offrendo risultati d’interesse.


Il criterio ‘differenziale’.

a) Si tratta, innanzitutto, di assumere quale base di riferimento uno status-quo ragionevolmente certo e di grande/sufficiente ampiezza e generalità. Per noi, ora, si tratta della riconquista ‘politica’ dell’Italia settentrionale da parte dei Bizantini di Giustiniano al termine della c.d. Guerra gotica (535-553); questo costituisce il ‘dato certo’ di partenza: tutta la Pianura Padana (almeno le sue città con gran parte del ‘contado’ e le vie di comunicazione) passarono sotto il governo diretto bizantino attraverso in “Prefetto al Pretorio d’Italia” residente a Ravenna (solo dal 580 ca. –sotto l’Imperatore Maurizio I– si creò la figura dell’Esarca che riuniva in sé le Magistrature civili e militari per fronteggiare in modo unitario l’invasione longobarda).

b) Il secondo passo consiste nel mettere a fuoco tutti gli eventi che intervennero su tale status-quo modificandolo. Nel nostro caso, tutte le azioni svolte dal ‘perturbatore’ del momento: i Longobardi e le loro diverse azioni ed attività di conquista del territorio e sua ‘colonizzazione’ residenziale.

c) La terza fase assomiglia ad una ‘sottrazione aritmetica’ in cui allo status-quo di partenza si ‘sottraggono’ tutti i territori progressivamente passati con certezza in mano longobarda, riducendo progressivamente la consistenza della precedente dominazione bizantina, i cui confini rimangono così individuabili ‘per differenza’. Questo modo di procedere permette di non fare affermazioni generiche (ed avventate) che espandano ad intere Regioni quanto, invece, accadde solo in qualche singola ‘località’ …spesso per motivi assolutamente specifici.


Il criterio ‘dedicatorio-santorale’.

Di portata minore è quello che dovrà essere sviluppato ed applicato al fine di approfondire alcuni elementi specifici ed evidenziarne di eventualmente nuovi. Si tratta di tener conto in modo ‘sistematico’ delle dedicazioni santorali dei luoghi di culto (criterio radicalmente diverso da quello c.d. agio-toponimico che si limita ai ‘nomi’ di Santi attribuiti al territorio: San Vitale o San Donnino). Di fatto i Comuni italiani che portano il nome di qualche Santo sono in totale 509 [cfr. http://www.comuni-italiani.it], cui si aggiungono circa 4.980 Frazioni, le Parrocchie per contro sono 25.672.

L’ATTUALE PROSPETTO CRONOLOGICO

Occorre tener conto di un certo numero di ‘date chiave’ che scandiscono le ‘differenze’ rispetto allo status-quo socio-politico originario; esse permettono anche d’individuare con una certa chiarezza i momenti di maggior variazione, riconducibili sostanzialmente a quattro ‘offensive longobardiche’: Alboino/Agilulfo, Rotari, Grimoaldo, Liutprando; la quinta offensiva, guidata da Astolfo, terminerà bruscamente con la presa carolingia di Pavia nel 774.


CRONOLOGIA BIZANTINO-LONGOBARDICA

553-554: fine della guerra gotica ed imposizione del governo bizantino-ravennate [status-quo di partenza].


568-572/605: prima offensiva longobardica

Alboino invade la Pianura Padana dal Friuli prendendo Cividale, Aquileia, Grado, Vicenza e Verona nel 568, Milano nel 569, ponendo l’assedio triennale a Pavia (569-572), invadendo nel frattempo l’Italia centrale (Lucca, 570) fino a Spoleto e Benevento. Alla necessità di ‘organizzare’ la nuova presenza bizantina in Italia in modo da fronteggiare con maggior efficacia l’avanzata longobarda si provvide con la creazione dell’Esarcato ravennate (584 ca.). Nel trentennio successivo (Agilulfo, 591-616) le città padane saranno ripetutamente perse e riconquistate dagli uni e dagli altri (Brescello sarà longobarda dal 603, Parma e Reggio verso il 605) con un susseguirsi di scorrerie ed incursioni tanto via Po che lungo la Via Emilia. Nel frattempo l’Esarcato si rafforzò fino ad inglobare stabilmente Bologna e mantenere salda la frontiera (Limes) verso Modena, guadagnando un decennio di pace (fino al 615) e consolidando il c.d. “Corridoio bizantino” tra Ravenna e Roma attraverso l’Umbria (stretta ad ovest dal Ducato di Lucca e ad est da quello di Spoleto). La situazione politico-territoriale che ne derivava vedeva l’Italia divisa sostanzialmente in tre aree di forte presenza longobarda separate da due ‘fasce’ bizantine: Ventimiglia-Genova-Ravenna (il vecchio “Limes di Costanzo”) e Ravenna-Roma (il “Corridoio bizantino”); situazione che rimarrà sostanzialmente immutata fino a Liutprando (anni ’20 dell’VIII sec.).


636-652: seconda offensiva longobardica

Rotari attraverso varie ‘incursioni’ violentissime allarga il raggio d’influenza (tuttavia però solo teorica) del Regno longobardo raggiungendo nel 641 le lontane Genova e Luni (che saranno tuttavia solo di-roccate ma non realmente assoggettate al diretto dominio longobardo, tanto che Luni di fatto continuerà per altri ottant’anni a funzionare come porto militare bizantino) e consolidando il ‘limes emiliano orientale’ (sud-nord) lungo il basso corso dello Scoltenna-Panaro (643). Va segnalato in merito [a] come l’aver distrutto le città costiere lunensi e liguri non significhi affatto averle anche ‘annesse’ materialmente al Regnum ed assoggettate a reale dominazione longobarda, [b] allo stesso tempo ad oggi non risulta ancora precisata la latitudine a cui avvenne lo scontro emiliano, anche se probabilmente va privilegiata la pianura o la prima fascia pedecollinare (a nord dei Kastra Ferronianum [Pavullo nel Frignano] e di Monteveglio e ad ovest di quello di Persiceto); allo stesso modo il fatto che l’Esarca Isacio/Isacco si sia ritirato perdendo in battaglia 8.000 uomini non toglie che egli sia però riuscito a bloccare i Longobardi proprio su quella frontiera naturale che già da quarant’anni resisteva.




662-671: terza offensiva longobardica

Grimoaldo Re dei Longobardi (ex-Duca di Benevento) intraprende varie spedizioni militari in tutta Italia per consolidare ed estendere il proprio dominio ‘unitario’ (fu il primo Re longobardo di provenienza meridionale); durante il suo regno si diffonde nell’Italia settentrionale il culto militare verso l’Arcangelo Michele che nella c.d. Battaglia del Gargano del 663 (8 maggio!) contro i Bizantini aveva favorito la vittoria dei Longobardi, divenendone il portabandiera –ideologico– anti-bizantino. È qui che attraverso il ‘criterio dedicatorio-santorale’ si può tracciare il confine padano meridionale del dominio longobardico ‘limes emiliano meridionale’ seguendo soprattutto le dedicazioni a S. Michele.


680: trattato generale di pace con Bisanzio

i nuovi confini restano fissati per circa quarant’anni prendendo atto del sostanziale equilibrio militare tra le due potenze contendenti; il Trattato garantisce certamente diverse ‘situazioni’ neutrali o riserve territoriali o ‘corridoi’ di scambio tra i diversi territori longobardici e bizantini secondo il ‘comodo’ e l’interesse di entrambi: soluzioni ‘tattiche’ all’interno di un quadro ‘strategico’ congelato.


719-744: quarta offensiva longobardica

Liutprando assoggetta al Regno d’Italia la totalità dell’Italia settentrionale, compreso l’Esarcato e la Pentapoli (Rimini, Ancona, Fano, Pesaro e Senigallia), creando un unico Regno dalle Pre-Alpi all’alta Puglia comprensivo di Toscana, Marche, Abruzzo, Molise, Campania, escludendo –sul continente– Puglia, Calabria ed il Ducato di Roma. Nel frattempo, anche per motivi religiosi oltre che ‘politici’, i cattolici latini si erano legati maggiormente ai Longobardi che non agli ‘eretici’ Bizantini (iconoclasti); dal 718 ca. iniziano a cadere (forse addirittura ‘consegnarsi’) gli ultimi baluardi bizantini sull’Appennino emiliano (Bismanto, Verabolo, Feroniano [Pavullo nel Frignano-MO], Monteveglio, Persiceta) per poi arrivare a Bologna, che cade nel 727.


CRONOLOGIA BIZANTINA (DIFFERENZIALE)

Il risultato dell’operazione ‘differenziale’ è di palmare evidenza: mentre la storiografia generale fissa al 568/569 il termine della sostanziale presenza bizantina nella Pianura Padana, per l’Emilia occidentale le cose sono ben diverse in quanto la collina e la montagna emiliana restarono in realtà sotto la giurisdizione bizantina fino ai tempi di Liutprando: 718 ca. Ciò significa: oltre 160 anni, contro i 15-20 normalmente considerati. Ne deriva, come elemento di ‘prova’ e comunque di ‘verifica’ dell’affermazione, il giusto valore che è necessario attribuire a tutti gli elementi ‘culturali’ (artistici, architettonici, letterari, gastronomici, ecc.) che per il loro radicamento locale testimoniano una prolungata presenza territoriale di matrice bizantina.

DATIETNICIE CAUTELE CIRCOSTANZIALI IN MATERIA

Al di là della semplice scansione cronologica qui proposta, è necessario tenere nella giusta considerazione vari elementi, meno traumatici e pertanto meno evidenti, ma non per questo insignificanti nel delineare i reali confini della tematica.

a) L’Italia ‘bizantina’ settentrionale del VI sec. è in realtà abitata da popolazioni romano-gotiche alle quali le ‘faræ’ longobarde andranno in realtà ad ‘affiancarsi’ più che ‘sovrapporsi/sostituirsi’, inserendosi spesso negli ‘interstizi’ meno popolati, ad eccezione delle città che generalmente vengono ‘occupate’, anche se solo parzialmente, e per motivi ‘di rappresentanza’.

b) Il dominio bizantino in Italia settentrionale è prevalentemente politico-militare: si tratta di ‘presidiare’ un territorio per impedire che i nemici dell’Impero possano avvicinarsi incontrastatamente ai suoi territori di maggior importanza (Roma ed il Sud-Italia) o acquistare in esso troppa forza (da qui l’accerchiamento bizantino del Ducato di Lucca tra Limes appenninico e corridoio umbro). Il forte costo di mantenimento di questa ‘missione’ limitanea impone però una terribile pressione fiscale alle popolazioni residenti per far fronte alle proprie ingenti spese amministrative e militari.

c) La presenza longobardica è ‘insediativa’ (si tratta della migrazione di un popolo e del suo insediamento in una ‘terra promessa’) e non politica come, invece, quella bizantina; ciò permette una sostanziale compatibilità territoriale dei due assetti, con una disposizione etnica tendenzialmente a macchia di leopardo ben al di là delle apparenze meramente ‘politiche’. I Longobardi, poi, erano pastori/allevatori e cacciatori, mentre i residenti romano-gotici erano agricoltori.

d) La presenza ‘etnica’ bizantina si concentra e permane nelle località d’interesse strategico-militare in prossimità dei diversi Kastra, la cui struttura è di carattere ‘residenziale-coloniale’: intorno alle opere fortificate abitano i militari-coloni con le loro famiglie strutturando ‘curtes’ e ‘pagi’ con la loro autonoma vita sociale, civile ed economica.

e) Dal 680 c’è una sostanziale pace tra Longobardi e Bizantini in tutta l’Italia centro-settentrionale ed i Bizantini pagano tributi ai Longobardi pur di fruire di una serie di ‘riserve’ anche strategiche che permettono di tenere le posizioni mai veramente perdute dal punto di vista militare e che continuano ad impedire la ben più pericolosa unificazione del Regnum Italiæ.

f) Differenza tra componente ‘etnico-politica’ e componente ‘etnico-culturale’: quando si dice “bizantino” o “longobardo” occorre precisare se sia in termini ‘politici’ (chi comandava allora in loco) oppure ‘culturali’ (la etnia/cultura/formazione di chi ha agito); così si avranno manufatti (edili ed artistici) di scuola/stile longobardo fino al cuore del Medioevo (i Canossa erano di etnia longobarda), non di meno per gli elementi bizantini che perdureranno ancora per decenni dopo l’VIII secolo (e che, in questo, costituirebbero una interessantissima ‘variazione’ da risottomettere ad un’analisi differenziale rispetto al generalizzato dominio longobardo).


ILLIMES APPENNINICO

Si è già indicato come sia stata l’attività militare dell’ex-Duca di Benevento, Grimoaldo (662-671), a ‘consolidare’ i confini che saranno poi sanciti dal Trattato di Costantinopoli del 680. Di fatto la linea delle dedicazioni santorali ‘confinali’ sulle colline emiliane appare piuttosto chiara (anche per la reazione contraria delle popolazioni/milizie stanziali bizantine); le contrapposizioni ancor oggi visibili tra dedicazioni di chiese a S. Michele e S. Giorgio/Andrea sono evidenti in merito, oltre che accertate anche in Lunigiana lungo la linea che sale da Luni al Passo della Cisa.

Si tratta di quello che è stato individuato, in via ipotetica, come il “Limes appenninico emiliano” o “Limes padano/emiliano meridionale” comprendente tutta la collina e la montagna emiliana con solo qualche ‘infiltrazione’ longobardica lungo le valli dei maggiori corsi d’acqua che risalgono perpendicolari alla Via Emilia; per Reggio: Enza, Modolena, Crostolo, Tresinaro, Secchia.