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A proposito delle Intese firmate dalla Repubblica Italiana il 20 marzo 2000: quali criteri?

Ad ormai cinque anni dalla firma dell’ultima Intesa con confessioni religiose diverse dalla cattolica, il 20 marzo 2000 il Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica ha sottoscritto in contemporanea due nuove Intese, primo passo verso le rispettive leggi di approvazione ed introduzione nell’ordinamento italiano, rispettivamente con la "Congregazione cristiana dei Testimoni di Geova" e la "Unione Buddhista Italiana", inaugurando con tale gesto una nuova ‘era’ dei rapporti del nostro Stato con la Confessioni religiose di origine diversa dalla ebraico-cristiana.

Proprio in riferimento dell’Intesa con la "Unione Buddhista Italiana" qualcuno ha recentemente avanzato perplessità di carattere costituzionale interrogandosi sull’applicabilità della qualifica di ‘Confessione religiosa’ al Buddhismo a causa del suo rifiuto sostanziale del ‘teismo’… rifiuto ‘conosciuto’ anche in ambito giurisprudenziale italiano, visto che la Cassazione ancora nel 1997 riteneva la stessa "Unione Buddhista Italiana" una formazione sociale ateistica o tutt’al più di natura agnostica.

A queste perplessità in ordine alla legittimazione dell’UBI nell’accedere allo strumento delle Intese previste dall’Art. 8 della nostra Costituzione, se ne debbono però aggiungere altre di ordine più generale a riguardo di specifici contenuti delle Intese siglate quel 20 marzo.

Pur non trattandosi di dubbi ‘radicali’ come la legittimazione delle Parti nel procedere alla formalizzazione dell’Intesa, sorgono tuttavia interrogativi circostanziati sulla ‘valutazione’ degli elementi specifici delle singole Confessioni religiose ‘ammessi’ quali oggetto di accordo bilaterale con lo Stato italiano e, più ancora, sui ‘criteri’ ispiratori di tali accordi.

La ‘curiosità’ del ricercatore é stimolata anche dalla concomitanza delle trattative svolte, dalla contemporaneità della firma delle due Intese e dalle dichiarazioni tenute durante tale cerimonia; questi elementi di sostanziale parallelismo invitano ad uno sguardo ‘sinottico’ dei due documenti per cogliere, in un percorso così singolare, la sensibilità con cui la ‘Parte istituzionale’ ha accostato modelli ed espressioni, anche culturali, così differenti tutelando al contempo e la propria posizione potestativa e le peculiarità delle ‘controparti’.

Con evidenza il rispetto che ogni Confessione religiosa merita a motivo della propria ‘individualità’ e specificità non poteva proporre la firma di due Documenti dalla stessa formulazione testuale, con unica variante la denominazione della Confessione religiosa intervenente. Di fatto, poi, non tutte le Confessioni religiose appaiono sensibili ed interessate alle stesse tematiche da ‘trattare’ con lo Stato; così i Testimoni di Geova si sono interessati del matrimonio ad ‘effetti civili’ e dell’attività radiofonica mentre i Buddhisti hanno chiesto ed ottenuto garanzie per i cimiteri; la sinossi dei testi mette però in luce fin dalle prime righe altre differenze che, al di là delle specifiche sensibilità socio-culturali, vanno oltre la ‘forma’, riguardando direttamente materie di esclusiva potestà dello Stato.

Le ‘introduzioni’ che precedono i Preamboli dei due Documenti siglati contengono in nuce ciò che sarà oggetto di regolamentazione più specifica all’interno delle singole Intese; già a questo primissimo livello emerge l’applicazione di criteri differenti di rapporto con lo Stato:

INTESA TRA LA REPUBBLICA ITALIANA E LA CONGREG. CRISTIANA DEI TESTIMONI DI GEOVA

INTESA TRA LA REPUBBLICA ITALIANA E L'UNIONE BUDDHISTA ITALIANA

Estende alla Congregazione centrale il sistema dei rapporti finanziari tra lo Stato e le confessioni religiose,

consentendo, a decorrere dal periodo di imposta in corso all’entrata in vigore del provvedimento la deduzione, agli effetti dell’Irpef, delle erogazioni in denaro a favore della Congregazione Centrale e degli organismi da essa rappresentati.

Per lo stesso periodo di imposta, viene consentita la partecipazione alla ripartizione della quota dell’8 per mille del gettito Irpef, destinata ad interventi assistenziali e alla realizzazione e manutenzione degli edifici di culto.

Estende all’UBI il sistema dei rapporti finanziari tra lo Stato e le confessioni religiose delineato dalla legge 222/85,

consentendo la deduzione, agli effetti dell’Irpef, delle erogazioni in danaro in favore dell’UBI, nonché

 

la partecipazione alla ripartizione della quota dell’8 per mille del gettito Irpef.

La referenzialità della L. 222/85 (applicazione degli Accordi di Villa Madama del 1984 con la Chiesa Cattolica) appare recepita solo nell’Intesa con l’UBI mentre nell’altro testo tale ‘palinsesto relazionale di base’ risulta alquanto ‘sottinteso’; le diverse specifiche, poi, introdotte nell’Intesa coi Testimoni di Geova profilano un quid novi relativamente alla deducibilità IRPEF delle offerte dei fedeli e, quindi, proprio alla citata L. 222/85.

Come intendere questo fatto alla luce della convinzione che il Concordato con la Chiesa cattolica (attraverso la Santa Sede) rappresenti la ‘condizione di maggior favore’ cui ispirare tutta la prassi delle altre Intese ex Art. 8 della Costituzione, come si desume anche dal preambolo dell’Intesa con l’UBI?

Il Concordato non é infatti un ‘privilegio’ rispetto alle Intese con altre Confessioni religiose quando anche a queste si concedano le stesse opportunità all’interno dell’ordinamento repubblicano…

Concretamente, si tratta di un problema di natura tributaria come ben evidenziano gli Artt. 16 e 18 delle rispettive Intese ("Deduzioni agli effetti IRPEF"):

INTESA TRA LA REPUBBLICA ITALIANA E LA CONGREG. CRISTIANA DEI TESTIMONI DI GEOVA

INTESA TRA LA REPUBBLICA ITALIANA E L'UNIONE BUDDHISTA ITALIANA

   

Art. 16

ART. 18

(Deduzione agli effetti IRPEF)

(Contributi e deduzione agli effetti IRPEF)

1. La Repubblica italiana prende atto che la confessione dei testimoni di Geova si sostiene finanziariamente mediante offerte volontarie.

1. La Repubblica italiana prende atto che l'U.B.I. si sostiene finanziariamente con i contributi volontari degli organismi da essa rappresentati e di coloro che ne fanno parte.

2. A decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore della legge di approvazione della presente intesa, le persone fisiche possono dedurre dal proprio reddito complessivo, agli effetti dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, le erogazioni liberali in denaro, fino all'importo di lire due milioni, a favore della Congregazione centrale, degli enti da essa controllati e delle congregazioni locali, per i fini di culto, istruzione, assistenza e beneficenza.

2. A decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data dell'entrata in vigore della legge di approvazione della presente intesa, le persone fisiche possono dedurre dal proprio reddito complessivo, agli effetti dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, le erogazioni liberali in denaro fino all'importo di lire due milioni, a favore dellU.B.I. e degli organismi civilmente riconosciuti da essa rappresentati, destinate al sostentamento dei ministri di culto e alle attività di cui all'art. 9, lettera a).

Come evidente, il secondo comma dei due articoli prevede:

— per i Testimoni di Geova la deducibilità fiscale per le persone fisiche (IRPEF) delle offerte liberali a vantaggio tanto della struttura centrale della Confessione religiosa che dei suoi enti ‘periferici’ (gli enti da essa controllati e le congregazioni locali) a fini di culto, istruzione, assistenza e beneficenza;

— lo stesso non vale per l’Unione Buddhista che, pur potendo ricevere questo tipo di offerte da parte di persone fisiche (IRPEF), deve utilizzarle però per il sostentamento dei ministri e per sole attività di religione o di culto… anche se destinatari di queste offerte risultano tanto l’ente centrale che altri organismi civilmente riconosciuti;

si tratta di novità sostanziali rispetto alla L. 222/85 (citata inizialmente come ‘referenza’ di base per la materia) che prevedeva altra disciplina per le offerte deducibili delle persone fisiche (IRPEF).

Per chiarezza si può così schematizzare lo status quæstionis riguardante le ‘novità’ in oggetto:

Confessione

religiosa:

Chiesa cattolica

L. 222/85

Unione Buddhista

Int. 20/03/2000

Test. di Geova

Int. 20/03/2000

oggetto: deducibilità IRPEF deducibilità IRPEF deducibilità IRPEF
beneficiari:

Istituto Centrale per il Sostentamento del Clero

l’ente centrale della Confessione religiosa

la Congregazione centrale

   

ed organismi civilmente riconosciuti da essa rappresentati

gli enti da essa controllati

     

le congregazioni locali

fini ammessi a tale beneficio:

sostentamento ministri

sostentamento ministri

 
   

attività di culto o religione

attività di culto

     

istruzione, assistenza, beneficenza

Il raffronto reciproco delle due Intese, e quello con la L. 222/85, pone problemi di carattere generale che le superano entrambe e che chiamano in causa la ‘discrezionalità’ valutativa del Rappresentante istituzionale ed i criteri da questi adottati nella trattativa con le Parti:

1) secondo quali criteri alcune Confessioni religiose possono ricevere offerte deducibili da parte delle persone fisiche a vantaggio di una pluralità di enti (pur riconosciuti civilmente) ed altre invece no?

2) secondo quali criteri queste offerte possono essere utilizzate dalle diverse Confessioni religiose per raggiungere finalità differenti non permesse invece ad altre Confessioni religiose?

3) tra le diverse finalità ‘ammesse’, perché alcune Confessioni possono utilizzare quelle offerte solo a scopo di culto o religione ed altre anche per fini di istruzione ed assistenza?

La materia sin qui esposta, evidenziando la presenza di regimi fiscali differenti a carico di alcune Confessioni religiose, pare delineare gli estremi di una violazione sostanziale dell’Art. 20 della Carta costituzionale che vieta discriminazioni e "speciali gravami fiscali" per gli enti ecclesiastici.

Qualcosa di analogo deve dirsi a proposito dell’Art. 33 della Costituzione in riferimento al "fine di istruzione" riconosciuto anche ai Testimoni di Geova come ‘legittimo beneficiario’ di offerte deducibili da parte di persone fisiche.

La lunga diatriba ancora in atto sulle sovvenzioni economiche ‘pubbliche’ alla scuola privata ha sondato la materia in molte direzioni e la posizione dello Stato in merito non pare disponibile ad accettare un sostanziale ‘sgravio fiscale’ a favore dei cittadini (anche non genitori degli studenti) che vogliano sostenere direttamente tali iniziative scolastiche, che risultano a tutti gli effetti (fiscali, in primis) attività commerciali svolte da privati.

Quanto ‘inteso’ coi Testimoni di Geova indica forse una nuova possibilità di affrontare lo spinoso problema delle sovvenzioni alla scuola privata?

Di minor importanza sotto il profilo costituzionale, ma non sotto quello tributario ed economico, é la nuova possibilità di effettuare offerte deducibili IRPEF non solo a vantaggio della Congregazione centrale ma anche di altri enti periferici della stessa Confessione religiosa… La L. 222/85, la cui ‘logica’ di base, queste Intese vorrebbero estendere ad altri soggetti diversi dalla Chiesa cattolica, non permette però ai fedeli cattolici di effettuare offerte di questo tipo se non ad un unico ente centrale con finalità esclusive di sostentamento dei ministri di culto, lasciando ‘sprovviste’ parrocchie e diocesi.

In conclusione: l’esame sinottico dei testi delle due Intese del 20 marzo 2000 ed il loro ‘rapporto’ con la L. 222/85, esplicitamente indicata come ‘punto di riferimento sostanziale’ per la materia, evidenziano parecchi problemi di contenuto e, più ancora, di individuazione ed applicazione di ‘criteri guida’ nella difficile opera cui il Legislatore é chiamato, nel tentativo di rapportarsi in modo omogeneo con le differenti Confessioni religiose presenti o in sviluppo sul territorio nazionale.

Giunti a questo punto non si può che auspicare un ‘chiarimento’ che fissi una volta per tutte lo status sostanziale che la Repubblica é disposta a riconoscere alle diverse Confessioni religiose nelle materie di interesse comune come quella fiscale.

In alternativa occorrerà predisporre un sistema di adeguamento ‘automatico’ delle condizioni di ‘maggior favore’ che progressivamente apparirà opportuno o necessario ‘concordare’ coi soggetti interessati a questo ambito della vita pubblica del nostro Paese… salvo voler rendere ‘quasi permanenti’ le diverse Commissioni Paritetiche per il continuo aggiornamento delle condizioni già a suo tempo stabilite tra lo Stato e le diverse Confessioni religiose.

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Prof. GHERRI PAOLO

Docente di Diritto Canonico

presso lo Studio Teologico Interdiocesano

di Reggio Emilia


pubblicato in: IL DIRITTO ECCLESIASTICO, CXII (2001), p. 1031-1037.