Commento / Note - Decretum n. 3493/2013

Congregatio pro Clericis

Dal punto di vista formale il decreto [CpC, Prot. N. 2013/3493] decide sul Ricorso gerarchico avverso il silenzio del Vescovo diocesano innanzi alla remonstratio per mancata nomina a parroco.

Il decreto della Congregazione ha una struttura semplice ed immediata, presentando una motivazione in Lege (Cann. 273; 274; 546; 547) pi che in Iure propriamente inteso. Significativo anche il rimando al decreto Maxima Cura sulla rimozione amministrativa dal beneficio curato dellanno 1910, pietra miliare di tutte le norme successivamente promulgate in materia a partire dal CIC-1917.

Due gli elementi significativi che meritano attenzione: a) il presupposto tecnico, non esplicitato, sia della remonstratio che del Ricorso gerarchico, b) il non-diritto ad essere nominato parroco.

Ad primum. Il presupposto tecnico per la remonstratio ed il successivo eventuale Ricorso gerarchico non il non gradimento della decisione sfavorevole, come potrebbe invece avvenire dinanzi ad una Sentenza giudiziale per cui data la possibilit dellAppello (cfr. Can. 1628). Il presupposto unico per la remonstratio la concreta gravosit dellesecuzione della decisione e non il suo mero sfavore. Nulla valgono aspirazioni, speranze, interessi, desideri, pretese, ecc. che risultino frustrati. La normativa chiara in merito: per presentare la remonstratio occorre laggravio della condizione o situazione individuale. Diversamente accade per il – solo successivo – Ricorso, per il quale basta un motivo giusto qualsiasi.

La presente occasione favorevole per sottolineare la natura e struttura assolutamente proprie del sistema di Autotutela del governo ecclesiale. Si tratta, infatti, di una Procedura tipicamente amministrativa, articolata non solo su differenti livelli (comunque diversi come logica funzionale rispetto alle Istanze/Gradi tipici dellambito giudiziale, con cui non esiste alcun parallelismo) ma anche secondo presupposti differenti da una fase allaltra della stessa Procedura.

Di fatto laccesso ai diversi strumenti previsti dal Codice differente di volta in volta (cfr. Can. 1734 1):

- per la remonstratio occorre lautovalutazione di essere onerato dal decreto (cfr. Cann. 1733 1; 1734 1);

- per il successivo Ricorso (ma solo per il Ricorso!) basta un motivo giusto qualsiasi (cfr. Can. 1737 1), non valido invece per la remonstratio;

- per lipotetico Contenzioso giudiziale in materia amministrativa (questo il vero senso di quanto comunemente chiamato Contenzioso amministrativo, che tuttavia non amministrativo poich questo significherebbe in realt extra-giudiziale – sic) presso il STSA occorre che il Dicastero della Curia Romana che ha confermato in sede di Ricorso gerarchico la decisione contro cui si era posta loriginaria remonstratio abbia operato in violazione della legge (in decernendo o in procedendo – cfr. Lex propria STSA, Art. 34 1) commettendo un error Iuris (cfr. Pontificia Commissio Decretis Concilii Vaticani II Interpretandis, Responsa ad proposita dubia, in AAS, LXIII [1971], 330). Error Iuris che consiste – di fatto e sovente – nella non corretta individuazione della fattispecie (o istituto giuridico coinvolto) o nella non-applicazione dei criteri valutativi o anche del Procedimento o della Procedura previsti dalla legge. Ci che accade quando sintraprenda, p.es., una privazione o un trasferimento invece di una rimozione, oppure si sia esigita una causa grave quando la legge indicava una semplice utilit. in questa prospettiva che il STSA in sede di presentazione del Libellus chiede proprio lindicazione dei Canoni violati.

Completamente fuori tema rimangono invece eventuali violazioni di diritti dei soggetti, contro cui il sistema giudiziale canonico prevede lintervento della c.d. Giurisdizione ordinaria: Azione giudiziale (ex Can. 1400 1).

Oggetto della remonstratio, e pertanto dellintera Procedura prevista dal CIC, la sola onerosit del decreto/Provvedimento dellAutorit: onerosit che non coincide col dissenso o la frustrazione di attese/pretese, tutti fattori di per s negativi. Lonerosit infatti, per sua stessa natura, suppone e comporta un peggioramento oggettivo della condizione esistenziale oppure operativa del soggetto. Peggioramento che comporterebbe la necessit di sforzi rilevanti o gravi incomodi da parte dellinteressato per far fronte a quanto deciso a suo riguardo. Non possono ragionevolmente rilevare in tal senso i normali disagi connessi ad ogni mutamento dello status quo della vita di chiunque (p.e.: la comodit della casa, la cordialit delle amicizie, i risultati ottenuti, lintensit dei legami instaurati, il non utilizzo dellautomobile, ecc.). Rilevano, invece, elementi di salute (p.es.: la distanza dalle cure per un ammalato cronico o ambienti di vita malsani o inadatti per un soggetto di salute cagionevole o parzialmente disabile, ecc.) o di preparazione specifica (p.es.: uso di lingua non conosciuta, attivit in una cultura non assimilata, ecc.) o di proporzione del carico di lavoro con le capacit individuali (p.es.: ansiosit, precariet di equilibrio psicologico, et, ecc.).

Deve trattarsi, cio, di un effettivo peggioramento delle condizioni abituali di vita (ed eventuale ministero, per i chierici). Elementi chiaramente assenti nella questione in commento. Tanto pi che la nomina ad Amministratore era avvenuta solo qualche mese prima (prot. n. 19/2013 rispetto a prot. n. 83/2013 della sua cessazione) e per un periodo gi prefissato, non potendo configurare realistici aggravi soggettivi per linteressato. Nulla conta, per contro, che la nomina del parroco sia avvenuta prima della scadenza della nomina dellAmministratore, essendo il caso gi previsto dalla legge (cfr. Can. 153 2).

 

Ad secundum. Al di l della non ammissibilit tecnica gi della stessa remonstratio, mancando lelemento costitutivamente oneroso, la vicenda offre la possibilit di qualche specifica considerazione di Diritto sostanziale circa lUfficio di parroco, ma non solo.

Il decreto della Congregazione si riferisce soltanto ad alcuni elementi e fattori che riguardano genericamente il rapporto tra Presbiteri e loro Vescovi diocesani in virt dellIncardinazione: lobbedienza ministeriale che sancisce la dichiarata disponibilit dellordinando/incardinando di essere a disposizione della Chiesa particolare (o Circoscrizione dIncardinazione); disponibilit costitutiva poich non si pu ordinare nessuno in modo privato (come si diceva e faceva una volta) ma si ordina solo chi sar ragionevolmente utile alla Chiesa dIncardinazione. Tale disponibilit da parte del richiedente ordinando pregiudiziale e generica allo stesso tempo e non pu esser finalizzata a nessun specifico Ufficio ecclesiastico.

La questione radicalmente differente dal Diritto beneficiale previgente che esigeva il Titolo dOrdinazione per procedere allOrdinazione stessa, cosicch fosse realmente possibile per gli aspiranti chierici – e per i chierici gi tali – indirizzare la propria attenzione a qualche specifico Ufficio ecclesiastico vacante da conseguire a proprio piacimento (quale Titolo di prima Ordinazione o Titolo di successivo acquisito casomai per Concorso, comera per le Parrocchie) e fino a proprio recesso (generalmente il passaggio volontario a miglior Titolo – in realt Beneficio – oppure la morte).

Lattuale concezione, prima di tutto teologica, di Ufficio ecclesiastico radicalmente diversa e, nonostante la maggioranza assoluta degli Uffici ecclesiastici esistenti ed assegnati nella Chiesa sia quello di parroco, ci non significa in nessun modo che esso costituisca e neppure possa rappresentare lUfficio ecclesiastico per eccellenza aspirazione originaria di ogni Presbitero.

Per contro – e in modo complementare – valgono alcune norme di principio quali: 1) la libert di conferimento degli Uffici da parte dellOrdinario o del Vescovo (a seconda di ci che la legge preveda); 2) la non gerarchia tra gli Uffici di cui ciascuna Diocesi ha ritenuto necessario dotarsi, senza che la precedenza che il CIC riconosce allassegnazione degli Uffici con cura danime possa contraddire il principio ( precedenza – cronologica – dassegnazione e non gerarchia dimportanza).


Non si pu dimenticare neppure come il delicato Ufficio di parroco continui a richiedere al Vescovo di scegliere un Presbitero specificamente idoneo per quella Parrocchia (cfr. Can. 521 2: qualitatibus gaudeat qu ad Parciam, de qua agitur, curandam requiruntur), indicando cos un criterio di idoneit relativa difficilmente generalizzabile ma, soprattutto, difficilmente auto-applicabile a s medesimi da parte di eventuali aspiranti a tale Ufficio.

Questa valutazione previa dellidoneit del Presbitero pone il problema della discrezionalit del Vescovo (o dellAutorit ecclesiale in modo pi generico) nellaffidare Uffici ecclesiastici; problema che oggi chiede di essere considerato in modo pi attento rispetto al passato soprattutto in riferimento alla crescente importanza della c.d. responsabilit in eligendo. questa in ambito canonico una sostanziale novit in rapida affermazione negli ultimi anni soprattutto in relazione alla maggior parte dei fatti di cronaca coinvolgenti chierici: alla responsabilit, infatti, per mancata vigilanza (= in vigilando) si affianca spesso quella – presunta – in sede di designazione della persona chiamata ad esercitare lUfficio. Proprio a questo livello si pongono le problematiche connesse allattitudine del singolo per svolgere lUfficio in questione.

In tale prospettiva: che un soggetto non risulti adatto ad esercitare determinati ruoli non pone alcun problema n di giustizia (nel caso questa centrasse – sic) n di aggravio della sua condizione esistenziale (= lonerosit della mancata designazione). Allo stesso tempo lOrdinario dincardinazione rimane comunque obbligato ad affidare a ciascuno dei propri Presbiteri qualche Ufficio ecclesiastico o altro incarico/ministero, cos come ad assicurarne il sostentamento e la previdenza sociale (cfr. Can. 281), generalmente in connessione a tale assegnazione (elemento qui non contestato).

Non si pu, non di meno, trascurare la concreta inversione dei rapporti di forza istituzionale tra la precedente situazione beneficiale e quella (attuale) successiva al Vaticano II che ha completamente disconnesso il sostentamento e lesercizio ministeriale dei chierici dalla titolarit diretta, immediata e personale di un Beneficio ecclesiastico che, ad ogni effetto, ne condizionava il rapporto – privatistico – col titolare. Nella precedente situazione era – tendenzialmente – il Presbitero a scegliere il proprio Ufficio tra quelli vacanti e pertanto disponibili: oggi non pi.



in: MONITOR ECCLESIASTICUS, n.s. CXXIX (2014), 325-329