Persone, accoglienza e Diritto

Sommario:1. Introduzione. 2. La funzione del Diritto. 3. La funzione del Diritto nelloperato di Papa Francesco. 4. Persone e Diritto. 5. Diritto ed accoglienza. 6. Diritto e reintegrazione. 7. Conclusione.

Summary: 1. Introduction. 2. The function of Law. 3. The function of Law in the work of Pope Francis. 4. People and Law. 5. Law and hospitality. 6. Law and reintegration. 7. Conclusion.


1. Introduzione


Quanto realizzatosi a livello ecclesiale nei due Sinodi dei Vescovi sulla famiglia nellottobre 2014 e 2015, insieme con altri eventi che ormai da anni interessano lintera Europa a causa del notevole fenomeno migratorio in corso (senza trascurare anche la recente recrudescenza terroristica internazionale), sollecitano ad intraprendere una specifica riflessione sul fenomeno giuridico (ecclesiale e non) in chiave di accoglienza, attivando prospettive nuove e tradizionali allo stesso tempo, secondo lattuale declinazione dellUtrumque Ius a cui il nostro Istituto giuridico fa riferimento ed intende anche continuare a contribuire con le proprie attivit, prima tra tutte la ricerca.


Si tratta, ancora una volta, di dare spazio al primo dei due livelli tematici che, da oltre un decennio, strutturano le Giornate canonistiche interdisciplinari costituendone lo strato pi profondo, per quanto non di primo approccio immediatamente funzionale o utilitaristico per il canonista. Uno strato, tuttavia, che i recenti mutamenti normativi ecclesiali pongono in nuova luce nella sua costitutivit in modo che a cambiare non siano tanto alcune formalit (come sono ritenute da molti le Norme giuridiche, soprattutto processuali) ma la vita ecclesiale tutta, nella sua costante adeguazione alla propria missione di portare il buon annuncio (= euaggelion) alle donne ed agli uomini di ogni tempo e luogo (cfr. Mc 16,14; Mt 28,20). Un buon annuncio che tale proprio perch – e solo perch – non cambia prima di tutto le emozioni, nella loro immediatezza, ma la stessa condizione di vita.


il livello dellidentit del Diritto in s e per s da cui non pu rendersi davvero indipendente lidentit del Diritto canonico come tale, che del Diritto non costituisce un mero analogo, n una forma secunda o peculiaris tra molte altre possibili o effettive, ma una espressione tanto autentica quanto autonoma e primaria: la forma altera dello Ius, secondo la dualit in cui lo ha concepito la tradizione europea (ed ecclesiale) almeno dallEpoca dello Ius commune in poi.


anche il livello pi teoretico che ha gi permesso nelle precedenti Giornate canonistiche interdisciplinari, e in varie altre occasioni, di riflettere in modo pi consapevole sulla vera identit del giuridico ecclesiale, allinterno del pendolo utroquista (sia permesso utilizzare questa formula/immagine) tra le tematiche giuridiche generali, da una parte, e quelle riguardanti pi specificamente la vita giuridica in Ecclesia, dallaltra.


2. La funzione del Diritto


Proprio la riflessione e la maturazione di consapevolezza su ci che davvero ҏ, significa, vale ed opera, il Diritto in s e per s (e non solo nella Chiesa e per essa) costituisce oggi lorizzonte ermeneutico necessario per comprendere anche il significato e la portata delle importanti riforme giuridiche introdotte nellOrdinamento canonico dai due motu proprio coi quali Papa Francesco il 15 agosto 2015 ha intrapreso il radicale mutamento di un intero ambito normativo allinterno dei due Codici canonici vigenti: un evento il cui significato e valore per la giuridicit ecclesiale supera di gran lunga il mero fatto della completa ri-delineazione dei due Processi giudiziali speciali riformati in toto (cfr. CIC, Cann. 1671-1691; CCEO, Cann. 1357-1377). Al di l infatti di ogni e ciascuna considerazione, sia tecnica che dottrinale, sul merito e i modi di tale riforma (che non sar oggetto della riflessione della presente Giornata canonistica interdisciplinare) lattenzione si fissa invece sul suo fatto: sul suo essere, cio, stata realizzata allinterno di quel particolarissimo grembo che stato il doppio Sinodo dei Vescovi sulla famiglia. Daltra parte ci che balza immediatamente allocchio del giurista teoretico, forse prima che a quello del processualista (per quanto maggiormente coinvolto in re ipsa), la radicale estroversione ed inclusivit che tale riforma ha imposto al significato – e, pertanto, alla stessa natura – del Processo canonico per la verifica e la dichiarazione della (sempre, solo, eventuale) nullit del Sacramento del Matrimonio.


Una prospettiva, quella dellestroversione ed inclusivit del Diritto, sia civile che canonico, che merita unadeguata riflessione e presa di coscienza nel contesto del presente storico-giuridico cui noi stessi apparteniamo: un presente in cui il Diritto – forse non irrazionalmente – viene invece spesso invocato e tendenzialmente utilizzato per dire di no, per tagliare e separare, per isolare ed emarginare, cos come (solo) la Legge pu e sa fare. Chi, infatti, non caduto nella rete della Legge – uguale per tutti coloro che essa stessa (sic) ha pre-definito come tali – ma rimasto libero nello spazio (sempre dinamico) del Diritto non pu evitare, almeno a se stesso, di ricordare come, ad ogni buon effetto, il Diritto non sia nato per separare ma per ri-unire.


In merito, ben al di l della portata antropologica dellorigine semantica del termine ius (da iungo), va ribadita con forza lorigine e la consistenza essenzialmente riparatoria del Diritto come tale, secondo il principio ancor oggi florido in common Law remedies precede rights. Unorigine, una consistenza ed una funzione che, non solo non risultano in alcun modo precedere lumana esistenza, ma – pi ancora – si pongono sempre, quasi, in sua rincorsa come allinseguimento delloperare umano, nella – spesso disperata – speranza di evitare il peggio, non solo a qualche singolo ma allintera societ cui egli appartenga (o con la quale si relazioni).


Proprio questa fu la funzione originaria e concretamente irrinunciabile del Diritto allinterno della Chiesa stessa per gestire le crisi sia intra-ecclesiali (cfr. 1Cor 5,1-5) che inter-ecclesiali (cfr. At 15), sia espressamente dottrinali (= Eresia), che comportamentali (= immoralit), che istituzionali (= Scismi o abiure), comՏ sempre accaduto lungo i secoli, pi per favorire un rientro che per sollecitare un distacco dei fedeli in qualche modo problematici.


Sebbene, a prima vista, ci possa risultare emotivamente problematico per luomo comune che ogni giorno si scontra col Diritto e le sue infinite restrizioni, in realt un esame critico e puntuale dellesperienza giuridica occidentale palesa con evidenza che quelle giuridiche non sono essenzialmente e prima di tutto regole di esclusione ma di ammissione anche se quasi sempre di seconda istanza (v. infra)!


, infatti, lesigenza di garantire la pubblica e stabile ri-ammissione sociale che rende necessario determinare le modalit certe ed i limiti precisi della esclusione che ne crea la – successiva – necessit: pena linsanabilit di qualunque conflitto allinterno della societ e la perpetua instabilit di ogni relazione sociale. Proprio in questa linea inclusiva e re-integrativa, non di meno, si sono orientate molte delle istanze concrete dei due Sinodi dei Vescovi in riferimento alle c.d. crisi matrimoniali.


Lapproccio risulta del tutto concorde con la Teoria ordinamentale promossa da Santi Romano e variamente accolta ed accresciuta lungo il XX secolo soprattutto per il forte apporto di Paolo Grossi sul piano delle dinamiche storico-culturali.

 

- Se il Diritto, infatti, prima di tutto ordinamento la sua attivit non pu che risultare pacificante e unificatoria: ci che, in effetti, luomo sempre cerca.

- Non di meno: anche sotto il profilo logico non risulta possibile pensare ad un ordinamento che sia dis-integrativo, emarginante, escludente. Ordinare significa infatti assumere una realt (= degli stati di cose e di relazioni) e individuarne le possibili connessioni e sinergie, cercando allo stesso tempo di evitare conflitti e collisioni e di ridurne limpatto negativo.


da questo punto di vista che potrebbe emergere una delle – possibili – maggiori ed irriducibili differenze tra Diritto (= Ius, Law) e Legge (= Constitutio, Statute, Rule, Act), soprattutto nella configurazione assunta da quella che stata autorevolmente chiamata Modernit giuridica: mentre, infatti, il primo organizza il gi esistente (= la societ e la sua vita – come nel mondo antico e medioevale), la seconda spesso pretende di creare realt nuove (= lo Stato moderno, non importa se conservatore o rivoluzionario) attraverso unopera geometricamente costruttiva che intenzionalmente scarta ci che non corrisponde al proprio modello. Un po come se, mentre il Diritto cuce, la Legge tagliasse: e la storia delle codificazioni europee continentali non lascia spazi valutativi in merito. Certo: sia il Diritto che la Legge incidono la carne della concreta esistenza umana ma, mentre il Diritto come un ago che trapassa per unire la Legge finisce spesso per essere come la forbice che taglia per dividere.


Queste considerazioni possono illuminare anche lo sviluppo recente di una sorta di nuovo spazio giuridico c.d. globale, originato quasi esclusivamente da Trattati internazionali di collaborazione, scambio ed integrazione (soprattutto economica): uno spazio che sta ridimensionando ampiamente le funzioni ed attivit degli Stati costituzionali di ultima generazione, per non dire che sta ridefinendo il concetto stesso di Stato, allontanandolo sempre pi da autoreferenzialit (= superiorem non recognoscens) e supremazia, per aumentarne leffettiva strumentalit verso i soggetti (non solo le persone – sic) che operano al suo interno. Levoluzione del Diritto amministrativo (sia infra-statale che sovra-statale), sollecitata primariamente dal consolidarsi dellesperienza comunitaria europea, offre ormai ampi orizzonti in merito, soprattutto per quanto riguarda lautocoscienza della c.d. Pubblica Amministrazione.


Entro tale orizzonte fenomenico e costitutivo, lesperienza giuridica anche attuale della Chiesa cattolica non solo non risulta fuori tema ma, anzi, emerge come esperienza davvero paradigmatica del Diritto e del vivere giuridicamente e questo senza dover immettere per forza dei correttivi (quando non addirittura degli additivi) del tutto specifici quali dispensatio, tolerantia, misericordia, caritas, quitas, epikeia come abbondantemente, ma anche ambiguamente, fatto dalla dottrina canonistica del Novecento come se il Diritto in s e per s avesse bisogno di venire dosato per non risultare dannoso alla vita.


3. La funzione del Diritto nelloperato di Papa Francesco


Proprio allinterno di questa dinamica pu – e forse deve – esser letta la riforma operata da Papa Francesco al Processo per la verifica e la dichiarazione della nullit del Matrimonio canonico. Il presupposto dellintervento pontificio in merito assolutamente chiaro: il Diritto deve favorire e non ostacolare la vita dei fedeli, soprattutto quella maggiormente provata da tribolazioni di portata (anche se non di origine) espressamente spirituale. Detto in altri termini: il Diritto deve servire non a dire di no ma a dire di s esattamente con la stessa precisione e la stessa certezza ed efficacia che ne legittimano la fruizione e lesercizio: ci a cui, di fatto, mira lIstituto giuridico della res iudicata attraverso cui il Diritto, superando le incertezze del vissuto, pone le basi certe per la vita che prosegue. Questo, daltra parte, proprio ci che il Diritto pu offrire allumanit: certezza, stabilit, durata nelle cose che riguardano non la natura fisica del mondo (come fanno le Scienze) ma il vivere concreto degli uomini e, soprattutto, le loro relazioni. questo il radicale convincimento del Legislatore universale della Chiesa e di una parte significativa dei Vescovi che ne condividono il munus pastorale a vantaggio sia del Popolo di Dio che, soprattutto, della salvezza personale (tanto eterna che intra-storica) di cui al suo interno ciascuno deve poter fare quotidiana esperienza.


Ci che, infatti, emerso con grande forza in occasione del Sinodo dei Vescovi dellottobre 2014 (e di molti eventi connessi) stata proprio la preoccupazione ed il rammarico per lestrema incertezza della reale condizione di esclusione dai Sacramenti di molti (in realt: troppi) battezzati che si trovano in uno stato di vita visibilmente contrario al vincolo matrimoniale – pi o meno probabilmente – contratto. Quasi una situazione di quarantena a tempo indeterminato in attesa di conoscere il reale stato dei fatti e, di conseguenza, la reale condizione delle persone rispetto alla vita pubblica ecclesiale (essenzialmente: Sacramenti e Ministeri, anche di fatto). Una conoscenza, per, che – salvo rarissime eccezioni – completamente nelle mani delle persone stesse e richiede loro uno sforzo normalmente ritenuto non ordinario per essere conseguita. Questo, almeno, nella percezione maggiormente diffusa e condivisa, anche da parte di molti Vescovi, per quanto tecnicamente infondata (ed anche ingiusta). In tal modo, infatti, stato percepito e considerato sinora il Processo per la dichiarazione della nullit matrimoniale.


Esattamente in questa prospettiva, la semplificazione del Processo e la sua maggiore agilit (attraverso lesecutivit gi della Sentenza di prima Istanza non impugnata – cfr. Can. 1679 Mitis Iudex) ed accessibilit (in ragione della prevista competenza matrimoniale dei Tribunali diocesani ordinari – cfr. Can. 1673 M.I.; e la semplificazione dei criteri di Competenza dei Giudici – cfr. Can. 1672 M.I.) soprattutto per le situazioni pi evidenti, si presentano proprio come strumento adatto a fissare con certezza le reali situazioni di effettiva esclusione dai Sacramenti, rendendo – per contro – accessibile linterezza della vita ecclesiale a coloro che, in effetti, non ne erano (n avrebbero dovuto effettivamente risultarne) fondatamente esclusi.


Il principio di riforma seguito dal Pontefice appare del tutto logico, oltre che pienamente giuridico:

 

- visto il gran numero di battezzati che a causa della loro presente situazione di vita non possono accostarsi ai Sacramenti,

- visto che lindissolubilit del vincolo matrimoniale non – n pu diventare – oggetto di discutibilit nella Chiesa cattolica,

allora:

 

- si renda effettivamente facile verificare chi davvero si trovi nella condizione di strutturale contraddizione con la fede e dottrina cattolica sui Sacramenti e, pertanto, davvero escluso da essi,

- reintegrando invece alla pienezza della vita sacramentale tutti gli altri, che in teoria costituiscono la maggior parte dei fedeli in tali difficolt.


Presupposto non esplicitato ma fondante lintero ragionamento a partire dallapproccio (e dallesperienza) pastorale il fatto che – molto probabilmente – la grande maggioranza delle situazioni problematiche dal punto di vista sacramentale non abbia, in realt, una vera consistenza e, nel caso venissero sottoposte ad adeguata verifica giudiziale, rivelerebbero linesistenza del presupposto stesso dellesclusione dai Sacramenti (ed attivit ecclesiali connesse). Le Norme mutate, daltra parte, sono chiaramente indirizzate alla veloce soluzione dei moltissimi casi di semplicit assoluta dal punto di vista della certezza morale da raggiungere in merito alla nullit del Matrimonio: casi che da tempo sono la grande maggioranza.


Che lintervento legislativo sia stato specificamente rivolto alla riduzione del numero di situazioni di incertezza giuridica riguardo al Matrimonio (probabilmente invalido/nullo) risulta del tutto palese anche dal fatto che nulla, invece, si mutato circa le situazioni di rilievo morale anzich giuridico. Lintervento novatorio, infatti, si limitato alle situazioni in cui potrebbe essere presente (e quindi attivo) il vincolo matrimoniale, mentre non ha toccato in nulla le condizioni morali necessarie per accostarsi ai Sacramenti della Penitenza e dellEucaristia stabilite nel Libro IV del CIC: quelle, cio, legate alla convivenza o al Matrimonio soltanto civile. In tali condizioni, infatti, nulla vieterebbe – di per s – la regolarizzazione sacramentale (e quindi giuridico-canonica) della vita di coppia per coloro che prendessero adeguatamente coscienza della reale condizione di incompatibilit evangelica del loro vivere.


4. Persone e Diritto


La riflessione che ci occupa in questa sede non intende, tuttavia, focalizzarsi sul Diritto come tale, quasi potesse essere il legittimo protagonista unico dello scenario giuridico: protagoniste di tale scenario sono invece le persone. Sono infatti le persone che ricorrono al Diritto per ottenerne – in modo mediato – ci che troppo spesso non riescono a ricevere con immediatezza le une dalle altre, cercando cos di supplire, attraverso uno strumento sociale qual il Diritto, ad una sorta di incomunicabilit che sovente congela e rende infruttuose le relazioni interpersonali. Non casuale, in tal senso, la dinamica giudiziaria privatistica in ambito civile: essa infatti svolge la propria funzione proprio accogliendo una domanda individuale di riconoscimento (= Actio) e sottoponendola al giudizio di un terzo, gi previamente indicato dalla comunit sociale di appartenenza (= il Giudice), affinch verifichi il reale stato delle cose (normalmente un certo numero di fatti o condotte) ed – eventualmente – imponga ad un altro soggetto individuale (= convenuto) ladempimento di condotte socialmente dovute (= i c.d. diritti soggettivi o eventuali Obbligazioni) nei confronti del proponente (= attore). Ci sia che si tratti di applicare la Legge, come accade nei sistemi di civil Law, sia che si tratti di risolvere un caso, comՏ in common Law.


Proprio la strumentalit del Diritto che ben emerge in tale dinamica originaria ed originante dello Ius dicere ne rivela lassoluta subordinazione e finalizzazione alle persone in ciascuna delle loro attivit pi espressamente giuridiche, ponendone in evidenza il primato assoluto allinterno della dinamica del Diritto, al punto da far di esse la causa stessa del Diritto come gi Ermogeniano insegnava nel IV secolo d.C. Le persone – tuttavia –, non il semplice uomo (in s e per s, da solo). un plurale ci che si esprime e si realizza attraverso il Diritto: nessuno infatti davvero persona se non davanti ad un altro come lui o lei. Per quanto ancora non pienamente recepita a livello concettuale neppure ai nostri giorni (ambito canonico compreso, sic!), questa realt nota alla fede ebraico-cristiana (e quindi alla Teologia e alla vita ed esperienza ecclesiale) da millenni.


In nessun vivente Adm (= luomo tratto dalla terra – cfr. Gn 2, 20) trov una realt che gli corrispondesse: lalter rispetto al quale e davanti al quale riconoscere anche se stesso (cfr. Gn 2,23). Nessun vivente ha un volto (= prosopon) che rispecchia quello di Adm; a nessun vivente Adm pu dire tu nellaccezione profonda di alter-ego: portatore allo stesso tempo di una totale identit (carne dalla stessa carne, osso dallo stesso osso) ma anche di una radicale irriducibile differenza (ishah rispetto a ish). Imporre un nome (cfr. Gn 2,20), infatti, e chiamare per nome (cfr. Gn 2,23; 3,20) non sono la stessa cosa!


Non ancora questo, tuttavia, lambito in cui possa nascere il Diritto. Il Diritto, infatti, parla [a] in terza persona, [b] della terza persona e [c] alla terza persona. Il Diritto la terziet strutturale: Ius est in tertium. questo che sposta lattenzione da un approccio semplicemente antropologico ad uno espressamente personalistico.


Abbandonando per un momento lapproccio pi strettamente tecnico-giuridico che vede il terzo identificato quasi univocamente col Giudice (= il terzo istituzionale), pare utile esplorare qui – nella prospettiva delle persone – un ulteriore approccio alla terziet su cui si regge strutturalmente il Diritto: quella dello sconosciuto, il terzo non numerico (in termini di attore, convenuto, Giudice) ma logico-grammaticale, il colui che, legli.


Sotto questo profilo il Diritto, o la relazione giuridica (che la stessa identica cosa) ha per condizione costitutiva radicale linesistenza (o, almeno, la negazione) dellalterit: il tu, la persona appunto. Al di l di ogni idealizzazione, il grembo del Diritto lassenza (o anche la rottura) del fdus esistenziale tra lio e il tu: lassenza (o il fallimento) del noi. Una mancanza relazionale da cui viene allesistenza il lui: lanonimo, lirrelato che, a prima vista, occupa spazio esistenziale sottraendolo allio, colui che – potenzialmente – cosifica lio facendolo oggetto anzich soggetto. Il lui il non-tu per antonomasia: lestraneo, lo straniero, linfido, il nemico Colui che, invece di arricchire lio – come fa il tu attraverso il riconoscimento accogliente – lo depaupera e lo depriva, finanche a sopprimerlo. Linferno sono gli altri. questa, in fondo, la ragione del timore spontaneo del diverso (distinto da quellalter che il tu) e la storia di ogni segregazione che ne deriva. Questo terzo (logico-sintattico) un semplice lui che pu diventare un esso (da persona a cosa): come accade per i trafficanti di persone o di (loro) organi, come fu per lo schiavismo o nelle dinamiche delle c.d. pulizie etniche che hanno attraversato a pi livelli e pi volte anche il XX secolo.


in questo contesto che il Diritto, lungi dallessere una res da attribuire – per quanto originariamente – a qualcuno, alluomo come tale (= ius est ad alterum) finch ciascuno e tutti possiedano il suum (cio lattributo della terza persona, sic!), prende progressivamente corpo e consistenza come ambiente che pian piano decongestiona le ir-relazioni, riconoscendo che nessuna sofferenza umana mai un prezzo giusto per nessuno, e rende dapprima probabili e poi possibili, nuove relazioni esistenzialmente proficue e – in fine – vantaggiose per tutti.


Il paradigma logico-grammaticale per, se descrive adeguatamente le dinamiche originanti il Diritto, o almeno la sua necessit, non evidenzia tuttavia in modo chiaro il contesto necessario al sorgere del Diritto stesso: il numero, la societas. Non basta mai, infatti, un solo terzo a far sorgere la relazione giuridica: il Diritto come tale. Se, infatti, lo sconosciuto, lirrelato (anche unico e solitario) risulta un referente adeguato per lambito morale – poich, p.es., il non uccidere vale verso tutti – il dinamismo giuridico, per parte propria, necessita di grandi numeri: numeri tali da riassorbire ogni singolo io che – a propria volta – venga a trovarsi come disperso nella irrelazionalit della massa anonima, divenendo egli pure impersonale ed anonimo  come il suddito o il cittadino cui si rivolge la Legge, uguale per tutti: anchegli un semplice terzo il colui che di cui parla la Legge!


Sono i grandi numeri, non di meno, che sopravanzando lio rischiano di estraniarlo anche dalle relazioni di prossimit: lamicale, la parentale, la famigliare quelle, cio, che si svolgono in e con la seconda persona: il tu a cui ci si rivolge come a se stessi, facendone propri i sentimenti, i desideri, i pensieri, i progetti, le necessit, i timori Ed proprio il numero delle relazioni (significative) reali o potenziali che pone allio il problema della relazionalit concreta: comՏ, infatti, possibile intrattenere e gestire relazioni positive con chi non sia un tu ma solo un semplice lui? Non una persona, ma un semplice essere umano?


a questo livello che, nella societ/comunit dei terzi, prende corpo il Diritto che, proprio come una lingua, offre la possibilit dinteragire pacificamente tra – inizialmente – terzi attraverso riconoscimento, fiducia, collaborazione, offrendo, proteggendo, gestendo, fidelizzando, relazioni, sempre pi orientate alla creazione di quello che pu esser chiamato tu-sociale, anzich affettivo: qualcuno che opera e si relaziona (funzionalmente) come un tu, per quanto non originario (= amicale, parentale, famigliare). In tale contesto il Diritto svolge una funzione analoga a quella del vocabolario nel precisare i significati ed i contenuti delle relazioni pi impervie e difficoltose, sia di chi si avvicina per la prima volta a quella societ/comunit ed ha bisogno di trovare le chiavi di accesso e relazione, sia di chi se ne allontanato e desidera rientrare.


Sorgono cos il con-nazionale, il con-cittadino, il con-paesano, il con-pagno allinterno di un nuovo spazio esistenziale che prepara e favorisce la ri-scoperta dellaltro come possibile tu, restaurando gli spazi della inter-personalit, per quanto non originaria. In tal modo si ritorna, per, al noi: il soggetto unitario, per quanto plurale il soggetto in prima persona che non ha pi bisogno del Diritto per mettere ordine (= ordinare; ordinamento) nelle proprie interne relazioni, poich il tu, sociale, ha ormai sostituito il lui/esso e la vita si svolge in prima persona, plurale.


5. Diritto ed accoglienza


Quanto illustrato sullidentit e funzione del Diritto mostra ancora una volta con chiarezza come la relazione tra Diritto ed accoglienza non transiti essenzialmente n si articoli attraverso qualche – recente e formale – diritto individuale/soggettivo (= right) da riconoscere e tutelare, n prenda originaria consistenza in ragione dei c.d. diritti fondamentali delluomo, sanciti solo qualche decennio fa: essa risale invece alle origini stesse dellesperienza giuridica occidentale (in senso lato) trovando specifici fondamenti in varie concezioni ed anche vere e proprie Istituzioni presenti dallAntichit nel Diritto dei popoli mediterranei e mediorientali. Due le esperienze antiche che in questa sede risulta congruo ricordare come emblematiche: quella ebraica e quella romana, alle quali pu utilmente venir sommata lattuale esperienza del c.d. Diritto umanitario.

a) Lesperienza giuridica ebraica, fissata nella sua maggior parte nel testo biblico vetero-testamentario, inequivocabile nella sua dimensione e prospettiva (almeno ideale) di accoglienza, al punto che il forestiero finisce per costituire il paradigma stesso del soggetto giuridico: la misura costituzionale – se cos permesso chiamarla con parametri propri dellattualit – del Diritto stesso. Israele sa di essere stato forestiero in terra straniera (= lEgitto, Ninive e Babilonia); Israele sa che ogni forestiero porta in s i caratteri costitutivi della sua stessa identit (cfr. Dt 26,5) al punto da rimanerne la coscienza critica, sia individuale che comunitaria. Questo, tuttavia, ancora troppo limitato ed esiguo: la stessa Legge dIsraele, infatti, strutturata in modo che nessun Israelita possa mai diventare forestiero in casa propria, privo di eredit allinterno delleredit di JHWH. in tal modo che, p.es., il ciclo giubilare delle sette settimane di anni (cfr. Lv 25,8) ristabilisce continuamente la propriet originariamente assegnata e consegnata da Dio a ciascuna Trib e, in essa, ad ogni Casato. Comunque vadano le vicende della vita, qualunque cosa accada, nessun Israelita pu finire definitivamente escluso dal possesso della terra che Dio stesso ha dato ai suoi fedeli come segno e garanzia di libert e dignit: nessun Israelita pu diventare straniero in casa propria. Il forestiero poi, al di l di temporanee circostanze di espressa opposizione politico-militare o qualche momento di estremismo etnico-confessionale (solitamente ri-convenzionale), chiamato a diventare parte del Popolo di Dio (cfr. Is 14,1; 56,3.6), pu esservi integrato diventando ad ogni effetto come un nativo del Paese (cfr. Es 12,48), anzi: devessere trattato come colui che nato fra voi e – al pari dei figli del tuo popolo (Lv 19,17) – tu lamerai come te stesso (Lv 19, 34). Questo, almeno, dal punto di vista espressamente teologico e spirituale: ideale. Nella vita concreta, invece, spesso anche Israele si comportato come tutti gli altri popoli coevi: con grande sospetto e circospezione. per la teoria (= la spiritualit) che conserva il dover essere delle cose, ostinandosi, alle volte, a contrastare i fatti che vogliono imporre una diversa – ed ingiustificata – visione della realt, per quanto pragmatica e realistica, come ben mostra il profetismo.

 

b) Su di un piano del tutto diverso, lesperienza giuridica romana si presenta come una progressiva inclusione di territori e popolazioni, in un crescendo che lungo i secoli si estende gradualmente dalla urbs allorbis condividendo poco a poco una tipologia relazionale nata su base fortemente identitaria (= i cives) ma estesa poi da Caracalla (212 d.C.) ad ogni appartenente al territorio dellImpero. Da segnalare, significativamente, la specifica – iniziale – previsione di forme particolari di relazione giuridica inclusiva nei confronti dei forestieri pacificamente presenti sul territorio cittadino, i peregrini, dotati addirittura di un proprio Prtor (fin dal 242 a.C.) e di specifiche Norme di relazione ed interfacciamento coi cives.

        A questa sorta di cintura relazionale ad extra se ne affiancava unulteriore, pi remota e discontinua ma non meno efficace, costituita dallo Ius gentium, attraverso cui allinterno del mondo antico (greco-romano soprattutto) si regolavano le relazioni tra i membri di ciascuna Civitas e quelli delle altre Civitates: uno strumento espressamente rivolto allincontro ed alla possibile relazione – per quanto estremamente cauta e precauzionale – con coloro che spesso erano anche stati veri nemici della Civitas stessa.

 

c) Esperienza emblematica della giuridicit contemporanea quella del Diritto internazionale umanitario delineatosi progressivamente durante lultimo secolo e mezzo, corroborato anche dalla tragedia delle due guerre mondiali.

        La fine dellancien Rgime con la sua oligarchia e lascesa politica delle masse popolari a partire dalla rivoluzione del 1789 hanno mutato radicalmente anche le spro-porzioni delle guerre – soprattutto europee – che smisero di essere strumentali al potere dei vari Casati regnanti (combattute in maggior parte attraverso ridotte milizie mercenarie) diventando – a partire dagli eserciti napoleonici – questioni nazionali e, pertanto popolari, coinvolgendo migliaia di cittadini nel difendere e diffondere la Repubblica. Fu, infatti, la Rivoluzione francese a introdurre nellepoca moderna il sistema della Leva obbligatoria per tutti i cittadini e gli altri Stati europei dovettero correre ai ripari davanti allimmensit delle milizie francesi dinizio Ottocento. Il maggior numero di combattenti gener, di conseguenza, maggior numero di morti e feriti ma anche di prigionieri, aumentando proporzionalmente anche le ricadute sul territorio e la popolazione civile dei luoghi di transito, accampamento e battaglia di tali nuovi eserciti. In questo contesto nacque dapprima la Croce Rossa per lassistenza medica ai feriti in battaglia (in occasione della battaglia di Solferino e San Martino, 24 giugno 1859, che rappresent uno dei pi cruenti eventi bellici di tutto lOttocento, arrivando addirittura a superare la battaglia di Waterloo), cui subentr quasi immediatamente la Prima Convenzione di Ginevra (8-22 agosto 1864) in cui fu sancita la neutralit delle strutture e del personale sanitario. In questa prospettiva particolarmente significativo dal punto di vista strettamente giuridico il primo dei sette Princpi fondamentali del Movimento internazionale di Croce Rossa: quello di umanit, secondo cui:


Nato dallintento di portare soccorso senza discriminazioni ai feriti sui campi di battaglia, il Movimento della Croce Rossa e Mezzaluna Rossa, in campo internazionale e nazionale, si adopera per prevenire e lenire in ogni circostanza le sofferenze degli uomini, per far rispettare la persona umana e proteggerne la vita e la salute; favorisce la comprensione reciproca, lamicizia, la cooperazione e la pace duratura fra tutti i popoli.

In esso, comprensione, amicizia, cooperazione, tra tutte le persone risaltano, ancora una volta, come ben superiori a qualunque altro elemento di contrapposizione: guerra in primis.

La fecondit giuridica di questo approccio ha aperto le porte a successivi sviluppi di grande portata per il Diritto, tanto che le sue prescrizioni sono ritenute inderogabili. Non solo questo, tuttavia, poich le categorie oggi tutelate non riguardano solo i militari (combattenti o non pi tali) ma anche la popolazione civile, i feriti, i naufraghi, gli ammalati. Lampliamento del concetto di vittima dei conflitti armati, poi, ha portato ad includere non solo le persone ma anche cose, in particolare i beni culturali e lambiente (cfr. Convenzione dellAia del 1954).

 

Non di meno, per quanto in altro contesto e ad un altro livello, il successivo (!) c.d. Diritto internazionale dei diritti umani ha ormai sancito in modo chiaro – ed auspicabilmente definitivo – un insieme di attivit e condizioni esistenziali (= nutrimento, alloggio, salute, istruzione, ecc.) da assicurare comunque a chiunque ed ovunque, ben oltre i c.d. diritti civili e quelli politici: ci che si pone oggi alla base delle diverse politiche dintervento in favore di rifugiati, profughi, richiedenti asilo, ecc.


6. Diritto e reintegrazione


Le considerazioni sin qui proposte – seppure in modo pi suggestivo che specificamente fondativo – permettono di completare la delineazione generale del tema con alcune sottolineature riguardanti uno dei versanti maggiormente problematici della prospettazione del Diritto come trait dunion tra gli uomini in societate: la sua funzione riconciliativa e riparativa a seguito di espresse violazioni sia delle persone che delle loro spettanze esistenziali (per non far scadere il tema allattenzione verso cose ed interessi soltanto e loro risarcimenti).


lambito dattivit del Diritto penale nelle sue ormai svariate modulazioni: un ambito che rimane tanto pi problematico nei suoi presupposti e princpi che non nelle sue, spesso improbabili, soluzioni.


Proprio in questambito, per, la funzione non escludente ma ri-unitiva del Diritto offre il meglio delle proprie potenzialit, e ci esattamente attraverso la tendenziale rigidit delle Norme penali e delle Procedure ad esse associate nei vari Ordinamenti giuridici. proprio, infatti, per ridurre al minimo la possibilit di esclusione e per delineare al massimo le garanzie volte ad impedirla o a ridurne la portata e limpatto esistenziale che si fa ricorso a disposizioni cos rigide per giungere alla condanna di qualcuno e, oggi, alla sua tendenziale detenzione. La netta differenza di principio tra ambito civile e penale caratterizzante gli Ordinamenti giuridici maggiormente sviluppati testimonia la profonda percezione e consapevolezza di questa identit del Diritto e della sua funzione. Daltra parte: solo chi sia stato formalmente escluso potr essere poi sostanzialmente re-integrato nella stessa comunit esistenziale; di qui anche la non-giuridicit della Pena di morte che, in realt, si presenta prevalentemente come un Provvedimento politico, espressione del potere pi che del Diritto.


in questa prospettiva che emerge, se si vuole, lassurdo – meramente – logico della prescrizione del Reato penale: come se il Reato (o il Delitto) potesse dissolversi col solo trascorrere del tempo, e ci in evidentissimo contrasto con la realt quotidiana rimasta – forse anche per sempre – ferita, come accade per un omicidio, uno stupro, un attentato, una strage


La questione di fondo ha tanta maggior rilevanza se si considera che, al contrario, in ambito civile una condotta illegittima protratta nel tempo (anche in malafede) crea addirittura un nuovo diritto, poich il fatto lungamente incontrastato diventa la nuova realt riconosciuta e tutelata dallOrdinamento. Lespressa – ultramillenaria – contraddizione tra la prescrizione (penale) e lusucapione si manifesta, pertanto, utile a porre in evidenza ci che spesso neppure immaginabile circa la vera natura del Diritto in s e per s.


Gi si detto come il Diritto sia tendenzialmente riparativo: una riparazione che riguarda non le cose (o i fatti) ma proprio le persone! In questottica la diffida e lintimazione in campo civile, cos come la denuncia in campo penale, se e quando non poste in essere contribuiscono a non turbare la relazionalit sociale, il c.d. ordine pubblico: questo un bene che la societ (intesa in termini antropologici e non politici) persegue in modo talmente intenzionale ed esplicito da preferire loblio definitivo della violazione (individuale) rispetto al perpetuarsi della sua ricaduta sociale. Questo, daltra parte, coincide con la storia stessa del vissuto giuridico occidentale: dal Codice di Hammurabi (XVIII sec. a.C.) attraverso la c.d. Legge del taglione, allEditto di Rotari (643 d.C.) attraverso la monetizzazione delle violazioni, fino ai pi moderni Codici penali e ai Trattati per la gestione del Diritto penale internazionale. Di fatto: ogni societ umana al proprio Diritto chiede la pacificazione (del passato) e la pacificit (del presente e del futuro).


Per quanto non risulti sempre facile seguire con immediatezza le tracce del Diritto penale contemporaneo, soprattutto negli Ordinamenti di civil Law, tenuto conto anche del rigido formalismo procedimentale che lo stesso Diritto globale (il comunitario europeo in primis) sta progressivamente imponendo agli Stati, allo stesso tempo, almeno per quanto riguarda la maggioranza dei Reati contro la persona, necessario riconoscere che proprio quella riparativa ed inclusiva la funzione e vocazione originaria del Diritto. I dettati costituzionali della seconda met del Novecento sono chiari in merito quando stabiliscono la funzione espressamente riabilitativa della Pena. A ben vedere, tuttavia, lorizzonte teoretico da considerare risulta essere pi ampio di quello concretamente visibile da molti punti dosservazione, troppo spesso irrigiditi su prospettive (ed effettivi  fenomeni!) di delinquenza, malavita, terrorismo nei quali, ancora una volta, il singolo colpevole/reo scompare come assorbito dallintero fenomeno di cui si fatto in qualche modo espressione (= un terrorista, un mafioso, ecc.).


Laboratorio privilegiato di questa prospettiva diventato nel tempo il Diritto penale minorile, allinterno del quale elementi di sana consapevolezza giuridica sono stati capaci dinserire progressivamente spazi di umanizzazione sia del Reato, che del delinquente, che della vittima (almeno indiretta). Si giunti cos ad impostare e trattare le questioni in termini di giustizia riparativa e di – conseguente – Mediazione penale minorile  quali modalit concrete di ristabilimento dellordine sociale (prima che pubblico) violato, e del re-inserimento coscienziale e relazionale del suo autore. la logica della progettualit di bene per il futuro, opposta a quella di male che aveva caratterizzato il passato; il meccanismo della Messa alla prova allinterno di relazioni individuali e sociali pi forti e comprensive, opposte alla estromissione sociale che caratterizza la detenzione carceraria.


Significativamente tali dinamiche e strumenti stanno progressivamente allargando il proprio spettro di copertura anche fuori dallambito minorile, soprattutto per Reati minori.


Pur senza entrare qui nel merito, si consideri ulteriormente come proprio questi sono stati nel tempo, e rimangono, i princpi di riferimento del Diritto penale canonico e, pi ancora, delle sue Sanzioni il cui scopo costitutivo non cessa dessere lemendamento del reo ed il suo reintegro nella Comunit di fede, per quanto non ingenuamente n senza tener conto delle circostanze – spesso delicatissime – di persone e di fatti.


7. Conclusione


Riconoscere e considerare il Diritto come strumento di accoglienza finalizzato alla creazione di nuove relazioni o al ristabilimento di quelle traumaticamente interrotte un passo importante per metterne in luce le grandi potenzialit di supporto ad un con-vivere che tende a complicarsi sempre maggiormente con laumentare dei propri protagonisti attivi e della portata dei legami socio-istituzionali ma che, proprio per questo, continua a chiedere nuove forze e risorse, soprattutto relazionali. Ci nonostante, per, lesperienza giuridica comune e, di conseguenza, la percezione ordinaria del Diritto continua a relegarlo principalmente agli ambiti problematici della vita personale e comunitaria, finendo per associare e identificare la medicina con la malattia stessa, cos che sovente sia il Diritto a presentarsi come il problema.


Si tratta, in fondo, della tensione ineliminabile tra il vissuto e il da viversi, che accompagna ogni relazione quando da personale (= io-tu) diventa soltanto umana (= io-egli), quando degenera cio dalla desiderabilit di ci che si pu vivere alla necessit di quanto si deve vivere.


In questa prospettiva il Diritto (soprattutto statuale) svolge una (prima) funzione in qualche modo passiva divenendo una sorta di rilevatore relazionale, poich pone in luce le fratture che progressivamente sinsinuano nella relazionalit intersoggettiva rendendo necessario lintervento di un terzo (= il Giudice o la Norma) per gestire una ex-relazione. la consapevolezza originaria da cui sorsero espressioni quali Ius sequitur vitam oppure ex facto oritur Ius o anche remedies precede rights, ancora oggi pienamente valide per esprimere la vera fonte e funzione del Diritto.


Non di meno, il Diritto in genere svolge anche una seconda funzione – attiva – espressamente liberatoria dalle relazioni che non riconoscono la reale e concreta alterit dellaltro, siano esse fusionali, oppure di dominio psicologico ed emotivo o di vera e propria sottomissione. Relazioni in cui non si pu parlare di persona poich – indipendentemente che si tratti di motivi individuali o culturali – esiste un solo io assolutizzato e allaltro (soggetto/individuo) non viene riconosciuto lo status relazionale di tu, contraddicendo alla fonte la reciprocit che struttura il Diritto. questa una funzione espressamente promozionale delle persone che trova soprattutto nel Diritto canonico una propria peculiare configurazione.


La tensione – costruttiva – tra rilevazione e liberazione che il Diritto svolge rispetto al concreto vissuto relazionale, induce per unosservazione critica: se vero che ci di cui il Diritto non parla, non problema, perch, tuttavia, non lo ? Perch effettivamente il problema non esiste, oppure perch non neppure percepibile? Basta pensare ad ambiti come la sicurezza sul lavoro, la corruzione, il traffico di droga, gli abusi su minori Lassenza di Cause e di Leggi in materia che cosa dice? Che questi fenomeni non esistono, oppure che non sono percepiti come problematici?


in questottica che diventa irrinunciabile porre le persone sia allinizio che alla fine della dinamica giuridica: suo innesco ed esito. , infatti, la persona non riconosciuta o non accolta nel suo essere tu che diventa attore giudiziale, ed proprio ad essa che risponde immediatamente la Sentenza del Giudice e, spesso, mediatamente anche lOrdinamento giuridico che viene creandosi di conseguenza, senza che, alla fine, common Law, civil Law, canon Law, facciano alcuna reale differenza.


La persona, non di meno, spesso riesce ad emergere solo dopo che il Diritto lha messa in luce, quasi costringendo la societ come tale a prendere atto della sua valenza strutturale per la societ stessa e, di conseguenza, anche per ciascuno dei suoi membri: si pensi alle conseguenze giuridiche indotte dal Diritto umanitario nei confronti dei c.d. diritti civili: sanit, istruzione, lavoro, previdenza, ecc. al di l della mera cittadinanza che lo Stato ottocentesco aveva eretto quale barriera di accesso alla vita ordinaria entro i suoi confini.


Persone e Diritto costituiscono ormai una sorta di endiadi: due realt che solo insieme si esprimono in pienezza, non potendo che implicarsi reciprocamente tanto maggiormente nei tempi ed ambiti in cui i confini (tra gli Stati) non svolgono pi alcuna reale funzione diversa da una mera organizzazione.


in: APOLLINARIS, LXXXVIX (2016), 167-192.