Bilancio canonistico della Undicesima Giornata canonistica interdisciplinare


Sommario: 1. Diritto e significati esistenziali. 2. Diritto, persone, accoglienza. 3. Persone, accoglienza e riforme nella Chiesa.

La riflessione sviluppata in occasione dellUndicesima Giornata canonistica interdisciplinare ha assunto le caratteristiche tipiche pi di un giro dorizzonte che non di un vero e proprio percorso: un giro dorizzonte tematico che, ancora una volta, contribuisce alla miglior presa di coscienza di che cosa sia – e debba essere – il Diritto (= Law/Rule), soprattutto in un tempo – comՏ quello attuale – in cui sono invece i diritti (= rigths) e pi ancora gli interessi a dominare la percezione giuridica del mondo occidentale. In tal modo si ampliano proficuamente sia la explicatio terminorum che le concettualizzazioni di base cui le Giornate canonistiche interdisciplinari indirizzano la propria peculiare finalit.

La non conclusivit di queste note rispetto al tema trattato, insieme al loro offrirsi come sostanziale raccolta di sollecitazioni per continuare lapprofondimento (soprattutto concettuale) delle problematiche variamente emerse, permette cos di offrire – come ormai di consueto – qualche ulteriore riflessione, forse pi indotta che non prodotta dagli apporti delle relazioni presentate nella giornata di studio come tale.

1. Diritto e significati esistenziali

1.1 Diritto, funzionalit e significati

Un approccio proficuo al tema del Diritto come peculiare forma e modalit di accoglienza delle persone potrebbe derivare dal considerare il Diritto stesso a partire prima di tutto dalla sua componente di significato rispetto alla realt sociale di cui ogni Legislazione (in quanto fissazione del Diritto) espressione nel tempo e nello spazio.

La questione apre ampi orizzonti di riflessione e comprensione del Diritto nel suo essere – prima di tutto ed essenzialmente – un fatto che avviene nella vita sociale umana: il crearsi spontaneo di relazioni socialmente riconoscibili, rilevanti e sanzionabili, allinterno dei differenti contesti esistenziali non-primari (cio sociali, anzich inter-personali soltanto) in cui le persone convergono in unum, sebbene non uti singul. la prospettiva ordinamentale che vede il Diritto come articolarsi spontaneo della societ che si auto-ordina osservando collettivamente le regole liberamente poste in essere. Se, infatti, la societ non si concreta in una incomposta, perenne rissa, ci lo si deve soprattutto alla funzione ordinativa del Diritto, come ha ben illustrato nel tempo Paolo Grossi. Basti questo semplice rimando alla c.d. Teoria ordinamentale per motivare il riferimento – condiviso – al Diritto come grammatica/sintassi della vita sociale; riferimento pienamente accoglibile anche a livello canonistico.

Porre, tuttavia, lattenzione non sulla societ come tale (nella sua singolarit), ma sulle persone che la costituiscono (nella loro pluralit), rende necessario attivare ulteriori punti di vista ed approcci la cui irrinunciabilit si manifesta tanto pi radicalmente quanto maggiormente i costituenti (e non semplici membri) della societ non siano gli individui (sempre singoli) della Modernit e post-Modernit, ma – esattamente – quelle persone (sempre plurali) che il miglior Personalismo del Novecento ha insegnato a non accostare pi in termini di substanti individu (secondo la definizione classica di Severino Boezio) ma di soggetti relazionali. in questa bipolarit (societ vs. persone, individui vs. soggetti) che si colloca la necessit di pensare oggi il Diritto non dal punto di vista della dinamica societ-individui, ma della dinamica persone-soggetti. Due approcci non contrapponibili di principio o reciprocamente escludenti, visto che si tratta – invece – di differenti ordini di grandezze (unitariet del macro vs. molteplicit del micro), come quando si approccia il biologico rispetto al molecolare e viceversa.

Si tratta, in altri termini, di riconoscere che una concezione meramente funzionale del Diritto lo rende inadatto – questo s, di principio! – ad affrontare e gestire direttamente i significati delle condotte e dei comportamenti che le persone realizzano in societate (sia civile che ecclesiale). il tema della qualificazione delle condotte umane: qualificazione che, seppure nella progressiva espansione della portata giuridica del rilievo attribuito ai comportamenti umani nelle societ occidentali, in realt costituisce soltanto una delle molte possibili qualificazioni che si possono attribuire a ci che gli uomini fanno/realizzano nel loro vivere (accanto alleconomica, affettiva, spirituale, religiosa, ecc.).

Questo modo di vedere le cose non impone alcuna vera novit rispetto alle consapevolezze, non soltanto logico-formali, generalmente conosciute come Teoremi dincompletezza (di Gdel e Tarski), secondo i quali nessun sistema (Ordinamento o sintassi, si potrebbe dire nel presente contesto) in grado di contenere ed esprimere soltanto le potenzialit dipendenti dai propri assiomi, ma deve riferirsi ad un meta-sistema ulteriore (pi profondo o superiore, a seconda dei punti di vista) che spieghi in qualche modo – o renda possibile – anche ci che entro lo stesso sistema avviene di fatto, pur nella sua immediata indeducibilit, come accade per i valori rispetto alle Norme.

Il secondo Teorema di incompletezza nella formulazione di A. Tarski indica con chiarezza che ciascun elemento referenziante (linguaggio per Tarski) non in realt autonomo e finale ma fa comunque referenza ad – almeno – un meta-elemento/linguaggio di livello ulteriore (= meta) da cui riceve una parte dei propri elementi fondativi: proprio quelli che le dinamiche linguistiche, concettuali e sintattiche interne a ciascun paradigma non permettono di generare autonomamente. Ci che accade di fatto [a] allambito giuridico generale nel suo necessario meta-referenziarsi a quello assiologico (morale e/o etico) e/o politico ed anche [b] allambito canonico nel meta-referenziarsi ad una piuttosto che ad altre Ecclesiologie o Soteriologie o Teologie sacramentarie o anche soltanto concrete condizioni socio-politico-pastorali, come fu la Christianitas medioevale.

La presa di coscienza dellimportanza costitutiva dei significati del comportarsi umano irrinunciabile se non si vuole cadere ancora una volta vittime degli stessi princpi (kantiani/hegeliani) da cui origin il c.d. Stato etico: realt ancora pienamente vitale nei propri presupposti monistici, per i quali il significato coincide con la (mera) funzione, sebbene il verso della relazione Stato-sudditi/cittadini appaia invertito rispetto a centanni fa (bottom-up, oggi, rispetto al top-down di allora) senza per che ci costituisca un reale problema, vista la circolarit delle dinamiche comportamentali a livello socio-culturale (cos, infatti, funzionano i mores). Non di meno: sotto gli occhi di tutti lodierna dinamica, ormai pienamente efficace, attraverso la quale gli interessi individuali (di solo qualcuno) diventano Legge strutturante la societ stessa (cio: le persone tutte) finendo per imporre una sintassi priva di qualsiasi semantica, nella quale il procedimento (= process) dalloriginariamente dovuto (= due) ormai diventato semplicemente corretto (= correct) in quanto impossibilitato ad esercitare qualunque discernimento (= discrimination) tra i diversi elementi/soggetti in gioco. La dinamica ormai tale per cui un interesse divenuto oggetto di tutela ordinamentale (a volte addirittura ultra-statale) funziona come un sostanziale diritto per il suo portatore, tramutandosi per il resto della societ in uno strutturale dovere di garantirlo. Un esito inevitabile se e quando il referente primario delle condotte sia la societ nel suo insieme e non le persone nella loro complessa identit e relazionalit; quando, cio, la comportamentalit sociale sia retta dalle funzionalit anzich dai significati, riducendo Diritto, Morale ed Etica a (pi o meno) semplici algoritmi di formalizzazione comportamentale. Algoritmi costruiti e funzionanti su segni (= le variabili) e funzioni (= le dinamiche) anzich su significati, comՏ invece – o dovrebbe essere – per la vita delle persone.

1.2 Persone e significati comportamentali

In questa prospettiva assume tutto il proprio rilievo il riferimento non allindividuo come tale (= uno e ciascuno) ma alle persone nella loro pluralit: la significazione giuridica, infatti, attivit fortemente comunitaria (o sociale che dir si voglia) cosicch il Diritto trova nellapertura di per s indifferenziata ed universale (= accoglienza) il proprio dinamismo pi profondo, la propria finalit, il proprio scopo esplicito e strutturale. Questo, per, rende impossibile il ragionamento giuridico in termini individuali (un vero non sens, una contraddizione in termini) anche se e quando si facesse uso – dissimulato/ideologico – del termine persona, inteso tuttavia uti singula e, quindi, contro la sua stessa identit/natura.

Per il Diritto, infatti, non importa chi di volta in volta fruisca delle sue espressioni, anche in modo individualistuico e contrappositorio, esso rimane strutturalmente plurale: mezzo e strumento per tutti e aperto a tutti. La dinamica giuridica, daltra parte, chiara: finch determinate circostanze e condotte rimangono al di sotto del socialmente percettibile (e tollerabile), la loro gestione avviene ai livelli di maggiore prossimit, entro i confini dellinter-personale (= lincontro/rapporto io-tu). Soltanto quando i numeri crescono impedendo allinter-personalit di ammortizzare ed integrare ci che non ha pi n le fattezze n le dimensioni di un plausibile tu, sebbene anche solo formale, si attivano le dinamiche della terziet e pluralit (o terziet sociale) da cui prima o poi sgorgher (nuovo) Diritto per tutti. Levoluzione dello Ius civile (romano) paradigmatica in questo: da Diritto riservato a qualche migliaio di persone soltanto (= i cives Urbis: lo Ius Quiritum) a Diritto dellImpero romano come tale; da privilegio di pochi a status di tutti (Editto di Caracalla: 212 d.C.).

La questione dei significati condivisi allinterno del gruppo sociale di riferimento (societas o communitas, che dir si voglia) di massimo interesse e portata soprattutto per il Diritto canonico, come ben evidenziano le vicende della Chiesa antica che tanto peso avranno sui princpi e le logiche profonde del successivo Diritto canonico in riferimento al nascere stesso del Diritto della Chiesa: un conto il singolo peccatore, o lapso, o scismatico un conto diverso sono decine o centinaia di persone che, per i motivi pi diversi, vengano a trovarsi in quel genere di circostanze. Se col singolo si possono utilizzare rimedi ad hominem (comՏ, ad ogni buon effetto, la Dispensa), con le moltitudini occorre significare, capire – cio – e fissare di cosa si tratti davvero, poich i significati non condivisi creano conflitto e scontro, anzich incontro e pace. Gli esiti della crisi donatista del IV-V sec. furono chiari in merito, risolvendosi in una sostanziale accoglienza, seppure modulata, degli aderenti alloriginario scisma.

2. Diritto, persone, accoglienza

Lattuale dinamica bottom-up (= dal basso verso lalto) della giuridicit occidentale (v. supra) ha spostato in modo deciso la funzione semantica della comportamentalit sociale dallAutorit (antica e rinascimentale: aristocrazia) alla collettivit degli individui (= democrazia), finendo per capovolgere laspirazione illuministica di non vivere pi sotto gli uomini (volubili, capricciosi ed egoisti) ma sotto le Leggi, giuste, stabili e uguali per tutti. Di fatto il Novecento, con le due guerre mondiali che hanno straziato lEuropa, ha superato senza esitazioni tali presupposti abbandonando quasi di principio sia il costituzionalismo rivoluzionario (Stati Uniti dAmerica e Francia) sia quello concessorio (le c.d. Constitutions octroyes ), che le codificazioni ottocentesche (sia napoleoniche che razionaliste dambito germanico), per conferire al Diritto oggi vigente caratteristiche sostanzialmente contrarie a quello che lo ha preceduto, seppure mantenendone ancora il vocabolario sostanziale (sic!).

Due paiono le prospettive di maggior rilievo per la riflessione scaturita dalla Giornata canonistica: 1) le Costituzioni europee post belliche si presentano come letture integranti ed accoglienti della realt sociale; 2) lattuale Diritto si presenta sempre pi soft rispetto alla rigidit sia del modello napoleonico, sia di quello restauratorio.

 

2.1 Le nuove Costituzioni europee

 

 Per quanto riguarda le Leggi fondamentali europee post-belliche, pare utile sottolineare – in questa sede – soltanto la radicale differenza tra le Costituzioni prodotte in tali circostanze e quelle vigenti, invece, allinizio dei due conflitti mondiali del XX secolo: Costituzioni di rottura quelle ottocentesche (sia rivoluzionarie che restauratorie), Costituzioni di unificazione sociale quelle post-belliche. Mentre, infatti, Rivoluzione e Restaurazione assunsero chiari indirizzi ideologici di sconfessione del passato, attraverso lintervento di Autorit forti ed alternative che dallalto imposero alle diverse societ politiche il cambio di passo, i due dopoguerra nelle Nazioni distrutte dal conflitto da esse stesse innescato e perduto, hanno assunto altrettanto chiari indirizzi – questa volta pratici – di riunificazione dal basso delle forze sociali e politiche superstiti (in fondo: proprio le persone). La forte cooperazione che nelle varie situazioni si realizzata tra il blocco politico/ideologico social-comunista, quello cristiano e quello liberale, nel dar vita sia alle Assemblee Costituenti che alle nuove Leggi fondamentali degli Stati che volevano risorgere dalle macerie dei conflitti, appare di tutta evidenza; cos come di tutta evidenza risultano gli autentici compromessi di volta in volta raggiunti nelle varie materie, pur di conseguire lo scopo di ciascuno e di tutti, insieme. Non soltanto questo, tuttavia, ma anche lespressa volont, soprattutto nella seconda met del Novecento, di creare Costituzioni strutturalmente aperte, orientate non pi dal nume del Popolo-Nazione (unito e unitario), ma da quello del c.d. Stato di Diritto, sebbene secondo significati differenti rispetto a quelli attribuiti alla stessa formula durante lOttocento.

I due fenomeni costituzionali hanno cos dato corpo in modi differenti alla natura e portata ideale e progettuale che caratterizza tal genere di Norme nella loro intrinseca programmaticit, spesso lontana dalle soluzioni pratiche (affidate alla Legislazione ordinaria) sebbene radicalmente orientativa: come ben evidenziano le codificazioni ottocentesche.

Non si pu tuttavia non osservare che, a differenza degli eventi che allinterno degli Stati ottocenteschi opposero differenti visioni socio-politiche, generando ad intra vincitori e vinti, le situazioni post-belliche raccolsero ed unificarono gli sforzi comuni di intere societ sconfitte nella propria consistenza interna pi che da parte delle Potenze vincitrici. Ci si trov, cio, a gestire non linsorgere di qualcuno, ma il risorgere di tutti, dando corpo ad una tensione sovra-individuale e collaborativa che n gli stati sociali dellancin Regime, n le classi sociali emergenti nellOttocento, avevano conosciuto in precedenza. Tutti, con tutti, per tutti, guidati da alcuni princpi sovrani: dignit e coscienza individuali, non discriminazione, non violenza; ci che le precedenti dittature (ermeneutico-sintattiche anzich semantiche) avevano, invece, sistematicamente disatteso.

Si permetta, da questo punto di vista, di evidenziare lirriducibile differenza che corre tra linsieme dei ciasc-uno (ogn-uno) e lunitariet dei tutti: tra gli individui che si sommano e le persone che si relazionano. Il Diritto che nasce dai primi serve a tenere ben distinte le attribuzioni di ciascuno mantenendo la quiete dellunicuique suum (delle Costituzioni moderne); quello che nasce dalle seconde, invece, serve a creare spazi aperti di espressione e di crescita costruendo la pace del commune bonum (delle Costituzioni post-moderne).

La portata radicale di una tale cambio di prospettiva sarebbe maggiormente percepibile se il termine persona potesse assumere le caratteristiche logico-grammaticali dei c.d. pluralia tantum: parole in forma singolare ma il cui significato intrinsecamente plurale cosicch una flotta composta da una sola nave o un gregge con una sola pecora non possano ottenere alcun riconoscimento: n semantico, n – a maggior ragione – ontologico. In tal modo verrebbe sanata anche laporia delluso individualistico del termine persona, oggi – purtroppo – prevalente (v. supra).

2.2 La soft Law come carattere tendenziale del Diritto attuale

 

In diretta continuit con le tendenze costituzionalistiche novecentesche, si parla sempre pi spesso, oggi, di Diritto mite (= soft Law), dopo che nel XIX sec., a suon di Legislazioni esclusive (ed escludenti), si era letteralmente imposta una nuova struttura giuridica al mondo e alla cultura e civilt c.d. occidentali. LOttocento giuridico europeo continentale, infatti, fu segnato, e come scandito, dalla promulgazione dei Codici, sia politici (quelli napoleonici) che tecnici (quelli germanici), che avevano assorbito e spesso sostituito completamente la cultura e prassi giuridiche attive da secoli in Europa. In pochi decenni il Diritto (frammentario, localistico e personale) delle Comunit intermedie e delle pi svariate articolazioni territoriali e sociali strutturatesi dal Medio Evo al Rinascimento fu sistematicamente rimpiazzato da un Diritto unico, formale e compatto: un Diritto forte, kantianamente imperativo (si affermer poi: keine Imperativ ohne Imperator), imposto dalla volont politica di una rinnovata reductio ad unitatem degli spazi operativi ed imprenditoriali generali, per tessere una nuova rete entro cui racchiudere con certezza ed efficacia aspirazioni, finalit e – pi ancora – interessi degli individui (borghesi), ormai stanchi di dover condividere con troppe comunit socio-esistenziali le risorse di cui ciascuno era o si riteneva legittimo disponente. Ne era nato un Diritto, posto dallo Stato (= Diritto di Stato) e da esso ultimamente garantito, uguale per tutti, che liberava ciascun individuo, mettendolo nella condizione dintraprendere da s e per s soltanto, non solo massimizzando il proprio utile/interesse ma – molto di pi – svincolandolo legittimamente, secondo la nuova Etica della legalit, da ogni limitazione individualisticamente ingiustificata. Lattenzione ossessiva posta alla propriet privata e lassunzione del Matrimonio come mero contratto civilistico di Diritto privato espresse dal Code civil napoleonico sono la rappresentazione pi emblematica del nuovo corso cos intrapreso.

Positivismo, normativismo, legalismo, divennero ben presto gli strumenti (inadatti) di quel modello di giuridicit, tanto pura quanto irrealistica, ma soprattutto ormai insopportabile per le masse di non possidenti (divenuti nel frattempo, tutti, elettori ed elettrici), sempre pi vessate dal pubblico, nonostante le amplissime garanzie – teoricamente – concesse al privato.

Lungo il XX sec., la concreta impossibilit di eliminare, ormai, lo Stato con la sua pervasivit nella vita concreta dei cittadini (divenuta sempre pi pubblica) sollecit una differente significazione della giuridicit, trasformando progressivamente lo Stato di Diritto in Stato dei diritti facendo dello Stato stesso non pi la (hegeliana) sorgente dellunico Diritto (come sistema/sintassi), ma il garante dei molti diritti individuali, tanto pi a rischio quanto pi reciprocamente contraddittori ed insindacabili. Motore del nuovo corso – giunto a regime nelle ultime decadi del secolo passato – stata, senza ragionevoli dubbi, la profonda sfiducia ed avversione via via maturata nelle popolazioni (= le persone), soprattutto occidentali, verso le concentrazioni dautorit (politica) che avevano permesso al soggetto Stato come tale di avere proprie ragioni ed interessi tali da giustificare linnesco di guerre di amplissima portata, totalmente estranee alla volont dei cittadini (ancora: le persone) ma da essi pagate a caro prezzo soprattutto in termini di violenza subita e negazione di dignit.

Lepoca delle Dichiarazioni universali dei diritti ha costituito una indubitabile soglia di questa nuova percezione e concezione del Diritto, giungendo ad imporre allo Stato (ancora teoricamente superiorem non recognoscens) veri e propri Giudici che – a latere(!) – ne controllano il concreto esercizio del potere, costringendolo a modellarsi secondo le progressive ed incrementali richieste dei cittadini. Lattivit della Corte europea per i diritti delluomo di tutta evidenza da questo punto di vista. Questo, per, ha radicalmente mutato gli schemi della dinamica Stato-cittadini, attivando atteggiamenti sempre meno imperativi, passando progressivamente dallautorit allautorevolezza, dallimposizione alla proposta, preferendo orientare che non costringere, indirizzare piuttosto che reprimere. In questo contesto lavventura comunitaria europea (coinvolgendo pur a diverso titolo 27 Paesi) costituisce ad oggi uno degli orizzonti pi tipici di significazione del Diritto, indirizzandone anche la comprensione e lesperienza. Di peculiare importanza a questo proposito risulta la constatazione che la strutturante – ottocentesca – hard Law intra-statuale (in primis: Costituzioni e  codificazioni) in realt obbedisce ormai completamente alla soft Law di Trattati e Convenzioni supra-statuali oltre ad essere concretamente giudicata in base a tali Disposizioni, fino a dover rendere conto di s innanzi alle Istanze dei cittadini (e non), spesso maggiormente incidenti sulle Legislazioni nazionali che non gli stessi Parlamenti.

Tra le conseguenze di maggior rilievo per la tematica persone, accoglienza e Diritto non si pu ignorare, a questo punto dellevoluzione giuridica occidentale, la quasi completa irrilevanza ormai assunta dal concetto di cittadinanza e dai diritti ad essa connessi (rimasti quasi soltanto – e spesso parzialmente – quelli c.d. politici) mentre tutto ci che riguarda il soggetto (individuo o persona o essere umano, che sia) gli viene riconosciuto in modo ormai trascendentale: a priori, comunque; come ben rilevabile (al di l di qualunque valutazione politica) dalle vicende di questi anni riguardanti i c.d. migranti che raggiungono lEuropa attraverso il Mar Mediterraneo.

3. Persone, accoglienza e riforme giuridiche nella Chiesa

Le presenti considerazioni non possono chiudersi, per il canonista, senza dedicare qualche riflessione al tema delle riforme (giuridiche), comunque gi in corso nella vita ecclesiale, al di l del loro impatto formale dal punto di vista delle Istituzioni come tali. Anche questo, daltra parte, evidenzia e concretizza quel divenire del Diritto su cui si ripetutamente posto laccento proprio a partire dalle persone e dalla loro accoglienza. Basta un colpo docchio, anche furtivo, per rendersene conto: dal punto di vista formale i due m.p. di ridefinizione del Processo di nullit matrimoniale hanno cambiato soltanto la Procedura giudiziale. Non si pu tuttavia ignorare che con la caduta della doppia Sentenza conforme (cfr. Can. 1682 1 CIC-2015 vs. Can: 1684 1 CIC-1983) venga di fatto condizionata in modo sensibile non solo la Procedura giudiziale ma anche la stessa struttura materiale dei Tribunali canonici, rimanendo fortemente ridimensionata lattivit della maggior parte dei Tribunali di Appello e, in buona parte dei casi, la stessa necessit di rivolgersi alla Rota Romana per leventuale terza Istanza, visto che non si deve pi procedere dUfficio ad una seconda valutazione della Causa di nullit (cfr. Can. 1682 1 CIC-1983) ma soltanto alleventuale Appello volontario della parte che si sentisse gravata dallesito della Sentenza di prima Istanza.

Non di meno (dal punto di vista dei significati): questo forte ridimensionamento dei livelli superiori della giudizialit ecclesiale sollecita la creazione e funzionalit di nuovi livelli inferiori destinati proprio ed espressamente allaccoglienza di quelle che da tempo non sono pi situazioni eccezionali ma necessit diffuse, delle quali il m.p. Mitis Iudex ha inteso farsi carico attraverso i princpi di celerit e prossimit che ne costituiscono la ratio sostanziale. Nella medesima ottica si pone lespressa attenzione che il nuovo Diritto processuale matrimoniale dedica alla fase che precede lintroduzione della Causa, collocandola espressamente nellambito di quella che deve ormai essere concepita – e realizzata – come una vera Pastorale giudiziale integrata.

Nulla da eccepire dal punto di vista espressamente giuridico, poich tale nuovo corso conduce fuori dallindividualismo privatistico – escludente – ed offre (e chiede) di porsi allinterno di uno spazio pubblico e di relazioni pubbliche che accompagnino la ricostruzione – (se/quando/quanto) possibile – del tessuto comunitario ecclesiale. Una ricostruzione sempre possibile in linea di principio: questo , infatti, il Diritto.

In tal modo la riflessione sindirizza verso la chiusura del cerchio a riguardo della questione posta in limine a queste note. Quando, infatti, allattivit giuridica (ben pi ampia del solo Diritto) non venga richiesta principalmente la gestione dei conflitti di attribuzione di cose o condotte ma della loro significazione sociale condivisa, si creano le basi di nuove relazioni e nuove aggregazioni, non pi appesantite o intralciate da ostacoli spesso meramente fattuali (si ricordi lo scisma donatista, gi richiamato), ma orientate ad una maggiore autenticit in cui diventa decisivo il significato condiviso, ben prima delle mere condotte. Si leggano in questottica molti comportamenti di Papa Francesco nelle c.d. periferie ecclesiali: ecumenismo, prima di tutto.

Si riapre cos, anche canonicamente, quellampio spazio pienamente giuridico che la Chiesa cattolica aveva tutelato e presidiato per secoli proprio in base ai significati anzich alle Norme (generali e generiche) – spesso assenti –, prima che la reductio ad unitatem della codificazione canonica ottocentesca costringesse lintera vita ecclesiale ad una (illusoria) navigazione a quota periscopica.




in: APOLLINARIS, LXXX (2017), 173-188.