La riflessione canonistica sviluppata negli ultimi anni dallInstitutum Utriusque Iuris ha ripetutamente indirizzato lattenzione verso lorientamento personalistico che, partendo dal Concilio Vaticano II, ha influenzato in modo significativo i Codici canonici vigenti. Nonostante in pi occasioni tale prospettiva abbia potuto apparire come una sollecitazione indeterminata ed ancora generica, in realt un approccio non strettamente esegetico ai Codici – insieme a molti elementi dottrinali emersi in fase di loro redazione – permette di dare veri fondamenti e consistenza a tale lettura, potendola forse cogliere come una delle trame maggiormente accreditabili che attraversano e sostengono i Codici vigenti e lOrdinamento canonico da essi modellato.
I due Sinodi dei Vescovi del 2014 e 2015 sulla famiglia, lEsortazione apostolica Amoris Ltitia, la riforma del Processo matrimoniale canonico attuata da Papa Francesco, non di meno, fungono oggi da autorevole accreditamento e stimolo di tale chiave di lettura, seppure in una prospettiva pi pratica (= pastorale) che espressamente teoretica, come forse il canonista desidererebbe. La Dodicesima Giornata canonistica interdisciplinare, in particolare continuit con la Nona e lUndicesima, sinserisce in questo contesto per dare nuovo e peculiare impulso a tale prospettiva, giovandosi soprattutto di un incontro maggiormente consapevole coi fattori pi intimi che riguardano lesistenza di ogni persona nel proprio modo di accostarsi alla vita cristiana (diretta o indiretta).
1. Un nuovo oggetto per il Diritto canonico
1.1 Dal sacro nel mondo alla vita dei fedeli
A chi guardi lattuale Diritto canonico partendo da una seppur minimale consapevolezza storica non pu sfuggire la sensazione che esso abbia subto, seppure in modo generalmente inconsapevole ed indiretto, un grande cambiamento a seguito del Concilio Vaticano II. Un cambiamento di portata strutturale poich riguarda il suo oggetto principale di regolamentazione, non pi individuato nelle cose sacre nel mondo ma nella vita dei discepoli di Cristo allinterno della Chiesa: non pi uno Ius de (rebus) divinis in mundo ma uno Ius de Christifidelibus in Ecclesia.
Il cambio di prospettiva appare evidente gi a livello terminologico; mentre infatti il Libro III del CIC del 1917 iniziava col De Cultu divino, il Libro IV del CIC del 1983 titolato De Ecclesi munere sanctificandi, mostrando un radicale cambio di soggetti ed oggetti nellinquadramento (e concezione) delle Norme che, pure, continuano a riguardare le stesse realt: Sacramenti e Sacramentali prima di tutto. I titoli sono chiari nellindicare loggetto regolamentato: non si tratta pi del Culto da rendere a Dio attraverso i Sacramenti e Sacramentali, ma della santificazione degli uomini attraverso di essi. I Sacramenti non appaiono pi (in prima istanza) atti di Culto rivolti (o destinati) alla divinit ma azioni di santificazione rivolte (o destinate) alle persone che, attraverso di esse, santificano sempre pi la loro vita rendendo in tal modo un Culto autentico a Dio: il Culto spirituale di Rm 12,1, sul modello di Cristo stesso.
Una vera rivoluzione copernicana che spinge a guardare la realt giuridica ecclesiale da un punto di vista assolutamente nuovo rispetto allultimo millennio, mentre lo stesso non pu dirsi rispetto ai primissimi secoli cristiani coi quali il Vaticano II ha ormai riannodato i fili interrotti a causa dellaffermarsi del pensiero germanico, sia teoretico (sic) che giuridico a partire dallAlto Medio Evo.
Il cambio ordinamentale chiaro, soprattutto in riferimento ai Concili di Trento e Vaticano I: Concili difensivi e di arroccamento rivolti in gran parte contro non solo le devianze dogmatiche (legittimo!) ma soprattutto contro il tentativo sempre pi marcato da parte della societ civile secolarizzata di sottrarsi allimperium ecclesiastico (cattolico e romano) che gi lUnam Sanctam, in verit, vedeva inesorabilmente dissolversi al termine, ormai, del Medio Evo.
Dalle res alle person dunque; cosicch, sebbene non esista formalmente pi nel CIC attuale un Liber de personis (che comunque non riguardava in nulla i fedeli come tali, ma quasi esclusivamente i membri della sacra Gerarchia!), oggi sono davvero le persone che vengono poste al centro dellattenzione ed impegno giuridico ecclesiale: le persone dei fedeli (e non solo) alle quali tutto finalizzato nella vita ed attivit della Comunit cristiana; a maggior ragione se in situazioni di difficolt personale dal punto di vista spirituale o morale, secondo la preoccupazione costante di Papa Francesco ed il suo personalissimo approccio allazione pastorale. Alle persone, daltra parte, rivolto lannuncio del Vangelo e lintera missione ecclesiale.
Di fatto, e di conseguenza, la Chiesa del Vaticano II non coglie pi se stessa come la medievale giunzione della terra al cielo (una sorta di scala di Giacobbe – cfr. Gn 28,12), cos da risultare la custode – unica – di tutto quanto esiste di autenticamente divino (= le res sacr) non solo nella storia ma anche in s e per s (= ontologicamente), come ben dimostravano le linee interpretative culminate nel Syllabo, nella terni Patris e nel c.d. antimodernismo promosso da Pio X, allinterno di una percezione e concezione ecclesiale prettamente metafisica anzich teologica, dottrinale anzich morale, giuridica anzich pastorale. Le questioni sul rapporto tra verit (in senso forte) e Chiesa espresse in quel contesto cinquantennale sono eloquenti in merito. Lo stesso CIC pio-benedettino lo evidenziava con chiarezza nella sua pretesa di riguardare di principio tutti i battezzati (cfr. Cann. 1 e 12, nel congiunto disposto) e di non ammettere altra lettura della realt (e non della Politica soltanto) che quella chiamata intransigente ai tempi del Vaticano I, la quale non riconosceva altro soggetto al di fuori della Chiesa cattolica romana come legittimamente ed originariamente attivo nella realt creata.
La Chiesa del Vaticano II si concepita invece come popolo redento che dalla terra incamminato verso il cielo (= la patria eterna), allinterno di una prospettiva missionaria ed inclusiva anzich contrappositoria ed escludente, comerano state quella della Controriforma e dellantimodernismo in cui proprio il Diritto canonico (papale e curiale) aveva svolto funzioni prevalenti di soglia e repressione.
La ricaduta di tale maggior consapevolezza, che – finalmente – sa distinguere tra Teologia e Metafisica (ma pi radicalmente tra Rivelazione ed Ontologia), va ben oltre il superamento della societas (necessaria) iuridice perfecta a favore del Popolo di Dio. Essa infatti coinvolge direttamente, ed in modo per alcuni versi inaudito, lutilizzo e la sottostante concezione degli stessi beni affidati da Cristo alla sua Chiesa: Parola di Dio e Sacramenti, che costituiscono le vere res nativamente – ed esclusivamente – ecclesiali (cfr. Can. 213). Da questo punto di vista si pu affermare che col Vaticano II la funzione della Chiesa allinterno dello spazio e della storia mutata radicalmente, spostandosi da garante unica della realt come tale (specialmente nelle sue componenti divine/ontologiche), in una prospettiva onto-metafisica oggettivistica, ad annunciatrice del Vangelo di salvezza per ogni uomo, popolo e nazione secondo il suo mandato costitutivo da parte di Cristo stesso (cfr. Mt 28,19). Essa, infatti esiste dalla missione e per la missione:
la Chiesa non esiste per se stessa, ma dovrebbe essere lo strumento di Dio, per radunare gli uomini intorno a lui, per preparare il momento in cui Dio sar tutto in tutti (1 Cor 15,28);
lo Spirito infatti donato dal Risorto per la testimonianza e lannuncio della fede in lui (At 1, 8).
La Chiesa, in quanto popolo della nuova Alleanza conclusa in Cristo, ha per scopo e compito originali, quasi come propria ragione dessere, il proseguimento della missione di Cristo. Questo mandato, in base ai testi della Scrittura, viene riconosciuto dalla Chiesa come tradizionalmente triplice: magisteriale, sacerdotale e pastorale. La Chiesa deve essere la colonna e la sede della verit (1Tm 3,15).
1.2 Un cambio radicale di (sola) prospettiva
La conseguenza pi immediata, seppure non percettibile a tutti allo stesso modo, di questo profondissimo cambio di prospettiva riguarda soprattutto i Sacramenti, non pi compresi e gestiti in s e per s come lapice del sacro nel mondo, ma come veri strumenti di comunicazione e trasmissione della Grazia salvifica ai fedeli che li celebrano (non pi: ricevono soltanto) per la propria salvezza e santificazione. Non pi, quindi, la gestione delle soglie di accesso al sacro da parte degli uomini, ma lutilizzo efficace dei Sacramenti da parte di coloro alla cui santificazione tali Sacramenti sono intrinsecamente finalizzati. La Chiesa daltra parte, come sottolinea con forza Papa Francesco, non una dogana, la casa paterna dove cՏ posto per ciascuno con la sua vita faticosa, in una prospettiva tesa ad incontrare ed accogliere ciascuno nella propria singolarit.
Il cambio radicale, riguarda soprattutto il punto di vista operativo: quello di cui si occupa espressamente il Diritto; un cambio, per, soltanto di punto di vista! Detto metaforicamente: si pensi alla differenza tra una farmacia e un ospedale, tra una biblioteca ed una scuola tra unorchestra ed un concerto; le cose, in fondo, sono le stesse, cambia per lapproccio. Un ospedale senza medicine, una scuola senza libri, un concerto senza strumenti, non sono possibili o, comunque, non hanno il proprio senso; allo stesso modo che medicine, libri e strumenti musicali, chiusi sotto chiave in un bunker irraggiungibile a chiunque. Senza dinamica vitale, qualunque realt creata perde la propria stessa ragion dessere: i Sacramenti in quanto veicoli della Grazia santificante non fanno eccezione.
Ci che cambia, dunque, non sono le cose in s e per s (= laspetto oggettivo: lobiectum formale quod) ma il punto di vista da cui le si considera (= laspetto funzionale: lobiectum formale quo). Per rimanere in campo medico: il chimico vede il farmaco come una molecola di cui possibile conoscere gli effetti applicativi e di cui necessario predisporre la produzione su scala industriale, ragionando in termini di tonnellate; il farmacologo si pone – invece – le questioni della sua somministrazione e del suo dosaggio in base ai malati che lo dovranno assumere (bimbi, adulti, anziani) e/o in base al supporto per la sua assunzione (via orale, via ematica, via epidermica), ragionando in termini di milligrammi! Lelemento di cui si tratta (= il farmaco) non cambia; cambiano invece in modo radicale gli approcci (anche scientifici) di chi lo accosta trovandosi in mano la stessa scatola con lo stesso nome.
Fuor di metafora, occorre riconoscere che per il Diritto canonico si trattato (e continua a trattarsi) della stessa dinamica e funzionalit: finch i Sacramenti sono (stati) approcciati ontologicamente, come res divin che esistono ex opere operato per il mero concorso di materia, forma e ministro, che hanno (una qualche) efficacia propria, salvo lintervento intenzionale di un ostacolo contrario (= lobex), ci che ne risulta ed stato insegnato lungo i secoli – e rimane – tutto corretto e vero (dal punto di vista ontologico-dogmatico). Non di meno: quando gli stessi Sacramenti vengono approcciati pastoralmente, come strumenti – cio – attraverso cui la Grazia divina raggiunge la vita dei discepoli di Cristo per dare sostegno al percorso di adeguamento esistenziale al divin Maestro (= la santificazione, o la tanto invocata salus animarum), ci che ne risulta e viene insegnato e realizzato non meno corretto e vero (dal punto di vista esistenziale-pastorale).
1.3 Conseguenze canoniche pratiche
Considerando pi espressamente lambito giuridico-ecclesiale, risulta del tutto palese che un Codice di Diritto canonico che gestisca [a] – a mo di Codice doganale (per dirla con Papa Francesco – v. supra) – gli strumenti per la salvezza (eterna) delle anime, oppure [b] quelli per la cura pastorale dei Christifideles, tratta senza dubbio delle stesse res: Parola e Sacramenti – come li indica complessivamente il Can. 213 – ma in prospettive assolutamente diverse. Che, infatti, la meta, lobiettivo (il target, si dice oggi) ecclesiale, sia evitare linferno alle anime, o guidare le persone alla loro meta eterna, pur utilizzando gli stessi strumenti, cambia radicalmente le attivit da porre in essere e le loro modalit di esecuzione, quindi: lo stesso Diritto canonico nella sua irriducibile funzione di grammatica della vita cristiana. Non di meno: varrebbe la pena chiedersi anche se evitare linferno e santificare la propria esistenza siano realt effettivamente paragonabili ed equivalenti non solo per lesistenza personale questa, per, non materia espressamente canonistica!
Chiave di volta della nuova situazione canonica rimane la c.d. pastoralit del Concilio Vaticano II: il fatto cio che tale punto fermo della vita ecclesiale non si sia indirizzato principalmente verso la stabilit del dogma (comunque riespresso in modo significativo attraverso luso di categorie e concetti non scolastici), ma verso una maggiore effettivit e verit della vita e pratica cristiana soprattutto in chiave missionaria ed apostolica. questo un elemento che non pu essere ignorato, n troppo facilmente ridimensionato: il Vaticano II, a differenza dellincompiuto Vaticano I e del precedente Concilio di Trento, non aveva lintento di fissare – polemicamente ed apologeticamente – elementi dottrinali di carattere dogmatico (= primato petrino, settenario sacramentale, canone biblico, ecc.) quanto, invece, di dire in modo nuovo – e finalmente comprensibile sia alla maggioranza dei fedeli che ad ogni uomo di buona volont – la fede cristiana di sempre, affinch la sua condivisione possa davvero realizzare la salvezza che essa promette. Lo affermava chiaramente Giovanni XXIII nel discorso inaugurale del Concilio: una cosa la sostanza [] e unaltra la maniera di formulare la sua espressione. E cos lo ha riproposto Francesco, affermando inoltre che
la Chiesa pu anche giungere a riconoscere Consuetudini proprie non direttamente legate al nucleo del Vangelo, alcune molto radicate nel corso della storia []. Possono essere belle, per ora non rendono lo stesso servizio in ordine alla trasmissione del Vangelo. Non abbiamo paura di rivederle.
Dal canto proprio, lintenzionale ed esplicita attenzione conciliare non al solo dogma immutabile ed ai contenuti della dottrina cattolica nella propria oggettivit (= quod ubique, quod semper, quod ab omnibus creditum est), ma anche alla complessit della vita da discepoli di Cristo e del suo Vangelo in un mondo cos diverso da quello pre-moderno, ha permesso di porre in risalto due elementi quasi mai emersi lungo i secoli precedenti: la coscienza (personale) e la storicit (umana). In tale contesto Dignitatis Human e Gaudium et Spes sono allo stesso tempo il punto darrivo di consapevolezze gradualmente maturate (ben oltre la crisi modernista e le sue smodate reazioni) e il nuovo punto di partenza per le inevitabili ricadute dellentrata nel tempo della vita da cristiani. Un vero cambio di paradigma che sostituisce il precedente assorbimento della vita umana nelleternit (= lo Ius de [rebus] divinis in mundo) con la entrata delleternit nella vita dei cristiani (= lo Ius de Christifidelibus in Ecclesia)! In tal modo: luomo non pi un ente da ricondurre – nella propria sostanza (= lanima) – alleternit dellessere (fatto coincidere con Dio), ma il destinatario eletto ed amato dellintervento salvifico di Dio nella storia (= Incarnazione) ed attraverso di essa.
In modo particolare e specifico: col Vaticano II persona e storia riacquistano loriginariet gi posseduta nellorizzonte biblico e patristico, superando – seppure non chiudendo(!) – linterminabile parentesi scolastica che quasi soltanto allessere (impersonale ed astorico) aveva dedicato la propria attenzione anche dal punto di vista teologico. Non di meno, persona e storia sono concetti/categorie espressamente biblici e cristiani: quelli, tra laltro, meno compatibili con qualunque forma di idealismo (classico e moderno), non meno che di essenzialismo (antico e scolastico).
La ricaduta di tale cambio prospettico sul Diritto canonico amplissima e radicale poich costringe a spostare il punto di vista (= obiectum formale quo) dalle res divin a quelle human, dalle clesti alle terren senza che, per altro, nulla cambi nella realt concreta del Diritto canonico stesso: il suo obiectum formale quod. Come se, stando sul balcone di casa, anzich appoggiarsi coi gomiti al parapetto per guardare il mondo circostante, ci si appoggiasse ad esso di schiena per guardare in casa dallesterno: una semplice rotazione che pone per innanzi a s una differente realt. Nessuna novit e nessuna rottura: semplicemente un altro punto di vista! Non meno reale per il solo fatto di essere pi prossimo. Guardare, per, il mondo come tale nella sua assoluta ed imperturbabile terziet oppure casa propria nella sua condizionatissima e mutevole soggettivit (cio in prima persona) porta con s differenze di cui non si pu rimanere n inconsapevoli n incuranti. Se, infatti, stando sullo stesso balcone, lo stadio di calcio allorizzonte non pu essere spostato per veder meglio la collina retrostante il portaombrelli nellangolo del salotto potrebbe invece essere spostato nel corridoio, pi vicino alla porta dingresso e, pertanto, in posizione pi utile (poich corrispondente alla sua natura/funzione).
2. Persone e Diritto canonico
2.1 La nuova consapevolezza canonica
La centralit delle persone allinterno del nuovo corso ecclesiale interpella propriamente i canonisti intorno al profondo cambio di prospettiva richiesto dal Concilio, formalizzato dal Legislatore codiciale del 1983 ed ora sollecitato con forza anche dallattivit pontificia pressoch quotidiana di Papa Francesco. Si tratta per i giuristi ecclesiali di guardare al futuro sondando possibili vie di ri-comprensione della strumentalit esistenziale del Diritto canonico partendo, prima di tutto, dalla profondit della svolta conciliare avvenuta nella combinazione del principio (poich permanente) coscienza di Dignitatis Human col fattore (poich transeunte) storicit di Gaudium et Spes, che riconosce questo mondo, oggi come la sede naturale – seppure non definitiva – della Chiesa e della sua attivit di salvezza. Questo mondo, oggi, tuttavia, significa anche queste concrete persone: specifiche, puntuali, attuali, che non sono n particolarizzazioni storiche della natura umana , n enti uomo, fuori dallo spazio-tempo. Una tale svolta, per, – come gi ampiamente illustrato in altra sede – non pu limitarsi a rimanere vagamente antropologica (neppure riferendosi ad un presunto livello metafisico o teologico) ma deve diventare espressamente personalistica, cio: individuale ed intrastorica.
Solo, infatti, se ciascuno ҏ persona-soggetto in quanto io irriducibile ed originario e non espressione o funzione di qualche altra realt (essere filosofico compreso!) ci si muove nella corretta linea dogmatica cattolica espressamente riconfermata e riproposta dal Vaticano II. Questo – e solo questo! –, daltra parte, quanto deriva direttamente ed originariamente dalla Rivelazione biblica (tanto vetero che neo testamentaria) a questo proposito: persona, imago Dei, senza che lattenzione al singulare (in quanto non-universale) comporti necessariamente derive immanentistiche o soggettivistiche. Alle persone, infatti, non si applica lassioma scolastico de singulis non est scientia poich sia la salvezza che la santificazione, non meno che la fede – seppure condivise – non raggiungono mai il proprio esito se non in ciascuna persona e nella sua singolare relazione col Signore Ges, soprattutto a livello sacramentale (= Matrimonio ed Ordine in primis, senza escludere la consacrazione religiosa). Chiara in merito laffermazione che non esiste altra Metafisica che il Personalismo.
Quando tuttavia il discorso si sposta verso lambito pi pratico – qual il Diritto canonico – il linguaggio personalistico – pi appropriato per lapproccio concettuale (e filosofico) – tende a scivolare in quello meno preciso e pi ampio dellAntropologia (= visione complessiva di uomo) in tutte le sue pluriformi componenti e sfaccettature, da condividersi anche con altri approcci quali sono il medico, lo psichiatrico, il sociologico, il culturale, ecc. che lesperienza ha dimostrato concorrere reciprocamente. A tal riguardo, soprattutto in relazione allo stato di vita dei fedeli in quanto discepoli di Cristo, paiono rilevare innanzitutto due consapevolezze.
a) La prima – e probabilmente pi importante – quella che riguarda non tanto il ruolo ma la qualit dellAntropologia nel Diritto canonico contemporaneo.
Non basta, infatti, affermare che oggi il Diritto canonico deve riferirsi in modo pi marcato e coerente alla persona, per rispondere alla sua nuova configurazione ed identit. Dire persona nella Chiesa – e nel Diritto della Chiesa – significa e comporta infatti esplicitare e considerare precisi elementi e fattori che descrivono ciascuno in modo individuale e singolare, poich proprio di essi il Diritto dovr occuparsi, seppure indirettamente: questo attore, questo convenuto.
Non basta, pertanto, evocare Antropologie di qualunque tipo: sar invece necessario delineare quali caratteristiche della persona (anche individuali) vadano prese in esame e in considerazione affinch ciascuno sia riconosciuto come peculiare soggetto giuridico. Si pensi in merito allet e alluso di ragione quali fattori dimportanza irrinunciabile per il Diritto: eppure essi non rilevano affatto a livello filosofico (n classico n contemporaneo) poich le attribuzioni di natura filosofica, essendo ontologiche, sono permanenti e – a modo loro – definitive, al contrario dellagire umano.
Ci a cui il Diritto canonico deve far riferimento in relazione alla persona riguarda invece la possibilit di individualizzare la referenza di ciascuno cosicch non si tratti delluomo o del fedele in quanto tale – in s e per s – e neppure di un uomo o una donna con determinate caratteristiche, ma di Giovanni, Martina, Guglielmo, Susanna, ecc. bimbo, giovane, vecchio, sano, malato, depresso, immaturo a seconda dei casi.
b) Di conseguenza occorre esplicitare pure come ci che canonisticamente – ed in modo generico – si tende a scrivere Antropologia, in realt vada compreso e concepito in termini di funzionalit individuale o dinamismo personale, con attenzione – cio – a quanto attiene alle sensibilit e/o preferenze individuali, secondo la prospettiva del c.d. approccio idiosincratico verso cui ampi settori della Psicologia si stanno orientando da tempo. Sono questi dinamismi e funzionalit, infatti, che giocano il massimo rilievo soprattutto a livello vocazionale, sia che si tratti di Matrimonio che di Ordinazione che di Professione religiosa perch di questo che, alla fine, si occupa la maggior parte del Diritto canonico quando si prende cura dello status canonico delle persone, solitamente in vista di Sacramenti (= Impedimento di vincolo).
palese, non di meno, che in Tribunale giungeranno le situazioni di vita non di individue sostanze o di enti uomo n di generici creati e/o redenti in Cristo, ma di concretissimi uomini e donne il cui singolo sviluppo e dinamismo della personalit (ma anche moralit o spiritualit) pone, o ha posto, problemi tali da non poter offrire il fondamento antropologico (= umano) sufficiente ad unazione sacra che coinvolga lintera vita della persona stessa insieme alla pi ampia vita ecclesiale. Le questioni connesse con le previsioni del Can. 1095 (la c.d. incapacit) sono del tutto emblematiche in merito, seppur non le uniche, poich anche turbamenti psicologici o impotenze relative (cfr. Can. 1084) possono avere il proprio fondamento a livello di dinamica psicologica (morale o spirituale) individuale, con esiti del tutto equivalenti.
Si tratta, pertanto, pi che di una vera e propria Antropologia teoreticamente configurata e definita, di un pi ampio approccio antropologico che guardi alla biografia dei singoli (anzich alla loro essenza/natura), non tanto per in termini di mera cronistoria (= successione temporale di fatti) ma di vicenda personale: quella vicenda personale che fa di ciascuno una realt assolutamente unica ed irriducibile, alla quale non si pu che dare sincero ascolto per coglierne la verit pi autentica.
In questo modo quella antropologica deve diventare per il canonista una sensibilit ed attitudine espressamente metodologica e non un mero presupposto teoretico o una specifica competenza tecnica: un modo per leggere le vicende personali primancora che per valutarle. La competenza antropologica del canonista (Giudice o Patrono o anche Operatore pastorale), infatti, non si sostituisce a quella psicologica dei Periti, ma lo aiuta – finalmente – a porre loro delle domande che abbiano una reale significativit per la conoscenza delle persone coinvolte nelle pi diverse vicende vocazionali, spesso problematiche. Questapproccio, se da un lato esige precisi riferimenti ad elementi e fattori oggettivi e soggettivi propri dellAntropologia teologica cattolica (primo tra tutti: lanti-determinismo), dallaltro sa di dover evitare ogni inquadramento sistematico che faccia delluomo una mera espressione o funzione di qualunque altra realt, pure metafisica, sempre espressione di presupposti intra-storici e spesso anti-trascendenti.
2.2 Il primato della persona
In diretta conseguenza di quanto cos illustrato, devessere ormai chiaro che canonicamente, oltre che sacramentalmente – dopo il Concilio Vaticano II – non sinterviene pi, in modo ontologico/metafisico, sulla sola anima: tutte, qualunque, comunque ma ci si deve rapportare con le persone: ogni, ciascuna, comunque
Questo, per, comporta la presa in seria considerazione di tutte le variabili (puramente accidentali dal punto di vista ontologico/metafisico) del vivere personale. Lanima infatti non pi percepibile (n riducibile) come mera forma del corpo (ridotto a pura materia) nella costituzione ontologica del sinolo o ente uomo, ma costituisce la dimensione spirituale di quellunum che uomo in quanto spirito incarnato, come afferma – felicemente – Gaudium et Spes n. 14: corpore et anima unus. Non di meno: vanno escluse tutte le forme di platonismo, pi o meno esplicito e consapevole, in cui lanima sostanzialmente contrapposta al corpo, cos come gli Idealismi tardo-moderni che riconoscono al solo spirito/Geist la dignit dellumano, non meno che gli approcci neuroscientifici che si riferiscono alla sola mente.
Concretamente, rispetto al passato, occorre tener conto che:
le anime sono tutte uguali, le persone no;
le anime gradiscono o subiscono le stesse cose, le persone no;
il vulnus dellanima il peccato, quelli delle persone sono anche i semplici errori;
il peccato (dellanima) tale solo se imputabile, le stupidaggini (delle persone) sono tali in se stesse.
Le conseguenze che ne derivano a livello di Diritto canonico sono irrinunciabili poich porre al centro dellattenzione canonica la persona comporta una totale revisione dei cardini stessi dellOrdinamento giuridico ecclesiale. Ci che, infatti, va osservato – ed acquisito – il subentro della persona, unitariamente concepita e trattata, ai due poli canonici precedenti: le anim, da una parte, e le res dallaltra; res cui appartenevano anche gli stessi Sacramenti, in una concezione che da realista, soprattutto a riguardo dellEucaristia (= presenza reale), era diventata, per, sostanzialmente fisicista, con grave pregiudizio della dimensione spirituale, soprattutto individuale.
Sotto questo profilo utile osservare come il Processo di nullit matrimoniale fissato nel CIC pio-benedettino riguardasse espressamente una res, per quanto sacra: il Sacramento in s e per s; una prospettiva che molti Giudici continuano ancor oggi ad utilizzare, chiedendosi [a] se quel Sacramento sia valido e non, invece, [b] se quelle due persone si siano davvero sposate. Il Processo di nullit matrimoniale pio-benedettino, daltra parte, aveva quale scopo precipuo la verifica delleventuale compromissione del Sacramento (moralmente individuata nella linea del sacrilegio, pi o meno esplicito) e, correlativamente, la sua necessaria imputazione ad uno o ad entrambi i non-coniugi, prima di tutto in chiave morale. Oggetto sostanziale di verifica e certificazione giudiziale era, ad ogni effetto, la consistenza ontologica del Sacramento in – pretesissimo – omaggio ai Cann. 6 ed 8 del Decreto tridentino sui Sacramenti secondo i quali: il Sacramento esiste ed opera in modo autonomo (= ex opere operato) rispetto allapporto degli intervenienti (= ex opere operantis) salvo il fatto che qualcuno ne abbia ostacolato (obicem ponente) il corso naturale. Lassoluta intollerabilit per il bene pubblico di un tale comportamento (da parte di battezzati moralmente sacrileghi) aveva unespressa conseguenza giudiziale nellinabilitazione (di principio!) del coniuge colpevole ad introdurre la Causa di nullit del Matrimonio che egli stesso aveva compromesso: il Can. 1971 del CIC del 1917 era chiaro: Ǥ1. Habiles ad accusandum sunt: 1. Coniuges, in omnibus Causis separationis et nullitatis, nisi ipsi fuerint impedimenti causa. Proprio allinterno del paradigma oggettivistico di riferimento, era il Matrimonio in quanto res (pur sacra) a venire accusato di essere nullo. Sulla base dello stesso presupposto la Procedura giudiziale imponeva al Difensore del vincolo dinterporre dUfficio Appello giudiziale (cfr. Can. 1986, CIC-17) contro leventuale decisione pro vinculi nullitate, dopo aver comunque sostenuto di principio la validit del vincolo stesso in tutti i casi e a tutti i costi.
Lungo il XX secolo, a dire il vero, soprattutto nel secondo dopo-guerra, qualcosa era gi maturato in prospettiva maggiormente antropologica, al punto che nel Codice del 1983 (antecedente alla riforma del 2015), pur conservandosi in modo stretto lobbligo della doppia Sentenza conforme (cfr. Can. 1684 1 CIC-83) finalizzata ad assicurare una certezza morale inequivocabile, erano per mutati vari elementi di portata sostanziale tra cui: la possibilit per entrambi i coniugi di intraprendere la Causa (cfr. Can. 1674 CIC-83), il valore probante (seppure parziale) delle Dichiarazioni delle parti (cfr. Cann. 1536; 1679 CIC-83), il non obbligo del Difensore del vincolo di difenderlo ad ogni costo (cfr. Can. 1432), n di appellare comunque la Sentenza pro nullitate. La stessa doppia conformit aveva progressivamente ammesso equivalenze in ragione di letture complementari degli stessi fatti posti a base della Causa di nullit (Capita nullitatis diversi, basati per sugli stessi fatti/atti).
Va evidenziata, non di meno, la discrasia dellimpianto teoretico gasparriano: da una parte ci che interessava era lesistenza o meno del vincolo (funzionale alla celebrazione del vero Matrimonio), dallaltra ci che si verificava a livello processuale era lesistenza o meno del Sacramento come tale. La configurazione del CIC post-conciliare, al contrario, appare pi (auto)coerente poich interessa e si verifica lo stato delle persone. Va infatti osservato che, in applicazione e sviluppo della linea conciliare, la prassi giudiziale canonica ha continuato a spostare verso la componente pi individuale/soggettiva il maggior peso dellattivit investigativa nelle Cause che ormai lo stesso Legislatore individua formalmente e con certezza terminologica come riguardanti lo stato delle persone (cfr. CIC, Cann. 1445 1, 2; 1492 1; 1643; 1644 1; 1691; CCEO, Cann. 1150; 1177 2; 1324; 1325 1) ad indicare espressamente il cambio effettivamente intervenuto, sebbene ancora in via di recezione sostanziale in troppi ambienti.
3. Persone, Matrimonio e nuovo Processo di nullit
3.1 Nuovo Processo matrimoniale e approccio antropologico
Del tutto differente dal passato lorizzonte di collocazione e sviluppo di quanto disposto da Papa Francesco attraverso i motu proprio Mitis Iudex e Mitis et Misericors del settembre 2015, in ragione dei quali il nuovo Processo di nullit matrimoniale risulta oggi concentrarsi prevalentemente sulle persone e, pi ancora, sulla qualit del Consenso matrimoniale da esse maturato, prima ancora che espresso. Il resto finisce per diventare del tutto secondario poich, ormai, pare essere principalmente la qualit e consistenza del Consenso a rilevare processualmente ai fini del riconoscimento della nullit del Matrimonio. Ci senza escludere che anche la sua validit, e quindi il Diritto matrimoniale sostanziale, resti profondamente segnata, seppure in modo indiretto, da questo cambio di prospettiva procedurale.
Il passo compiuto dalla riforma del Diritto processuale matrimoniale del 2015 ha una portata epistemologica (ben prima che normativa) radicale: col nuovo Processo matrimoniale, infatti, non si tratta pi di sottoporre a verifica umana un evento metafisico (qual era il Sacramento scolastico, attraverso il concorso di materia, forma e ministro) ma unattivit sostanzialmente umana qual il Consenso dei nubenti. Laver eliminato la necessit della doppia Sentenza conforme per passare allesecutivit della Sentenza di nullit dopo un unico Grado di Giudizio (cfr. Can. 1679 CIC-2015) e, a maggior ragione, dopo un Processo pi breve (cfr. Cann. 1683-1687 CIC-2015) affidato ad ununica persona – sebbene Vescovo – non pu non evidenziare un sostanziale declassamento della materia del nuovo Processo che, da qustio metaphisica (= il Sacramento – res divina) diventa prevalentemente qustio anthropologica (= il Consenso – res humana). Sembra essere questo, infatti, il presupposto di maggior portata sostanziale alla base del cambio cos radicale dellimpostazione processuale: un presupposto, in realt, non pienamente innovativo, visto che questa linea di sviluppo era gi stata indicata con chiarezza da Benedetto XVI nel Discorso del 2006 alla Rota Romana, quando aveva affermato che nel Processo matrimoniale non cՏ alcun bene conteso (come invece nelle Cause civili) ma la necessit di provare, contro la presunzione della Legge, che latto (matrimoniale) posto nel debito modo riguardo ai suoi elementi esterni (cfr. Can. 124 2) non corrispondeva, in realt, alla sua verit intrinseca, dipendente delle disposizioni (oggettive e soggettive) dei nubenti. Non di meno: che il Processo di nullit matrimoniale del CIC del 1983 sia soltanto un Processo di cognizione non dubitato n dubitabile, nonostante permanga la necessit di purificare ulteriormente il linguaggio utilizzato dal Legislatore che parla ancor oggi di impugnazione del Matrimonio (cfr. Can. 1674 CIC-2015) mentre il CIC del 1917 parlava, addirittura, di sua accusa: un passo avanti, ma ancora molto parziale rispetto alla sua funzione di mera verifica.
Lorizzonte e il presupposto antropologici del nuovo Processo matrimoniale si ampliano maggiormente ponendo attenzione anche alle Rationes Procedendi che accompagnano, in diretta connessione con gli stessi motu proprio, la nuova formulazione dei Canoni a seguito della riforma: si tratta prevalentemente di circostanze fattuali che, seppure non costituiscano presunzioni di Diritto in senso tecnico (n vogliano diventarle), conferiscono tuttavia peculiare valore euristico (= investigativo) per le fattispecie tecnicamente dette di esclusione, da cui deriva – spesso – la c.d. simulazione del Consenso, che lo invalida. Un valore non certo secondario o meramente complementare, visto che vengono indicate non per il Processo di nullit in genere ma specificamente per quello pi breve, esperibile quando – a livello probatorio – ricorrano circostanze di fatti e di persone, sostenute da testimonianze o documenti, che non richiedano una inchiesta o una istruzione pi accurata, e rendano manifesta la nullit (Can. 1683 CIC-2015). Il quadro di riferimento della nuova considerazione del Matrimonio a cui ci si sta riferendo tipicamente processualistico poich la c.d. simulazione si prova per via indiretta cercando, e valutando poi, le c.d. causa contrahendi e causa simulandi. in questa prospettiva che diventano significativi alcuni dei fatti – espressamente esistenziali – indicati allArt. 14 1 delle Rationes annesse al Codice latino: 1) la brevit della convivenza coniugale, 2) lostinata permanenza in una relazione extraconiugale al tempo delle nozze o in un tempo immediatamente successivo, 3) loccultamento doloso della sterilit o di una grave malattia contagiosa o di figli nati da una precedente relazione o di una carcerazione, 4) la causa del Matrimonio del tutto estranea alla vita coniugale o consistente nella gravidanza imprevista della donna.
Il Legislatore pare ritenere tali fatti significativi in riferimento al Matrimonio quali manifestazioni dellindividualit di ciascuno, prima che della dinamica stessa di coppia che il Consenso dovrebbe suggellare: si tratta, in effetti, non di semplici eventi esterni, estemporanei o fortuiti, ma di condotte in grado di far emergere potenziali attitudini individuali di una certa stabilit (= dinamismi personali) oltre a convinzioni radicate circa il rapporto di coppia, la famiglia, ecc.
3.2 Sacramento del Matrimonio e persone: questioni giacenti
Le poche considerazioni espresse sul nuovo corso processuale matrimoniale risultano gi sufficienti per dover prendere atto dellormai radicale infruibilit dello schema scolastico in riferimento al Sacramento del Matrimonio: materia, forma, ministro, infatti, non sono pi in grado di delineare in modo sufficiente (e oggi plausibile) ci che ormai risulta essere (o dover essere) dal punto di vista canonico il Sacramento del Matrimonio antropologicamente connotato; tanto pi che
il passaggio da una concezione contrattualistica ad una pi personalistica del Matrimonio, e lo spostamento dattenzione sullo stato matrimoniale (il Matrimonio come Sacramento permanente) hanno messo in questione la determinazione della struttura ilemorfica e del ministro, anche perch pregiudicata dalla lunga tradizione canonistico-teologica impostata sulla centralit del Consenso-contratto.
Lefficace e documentata ricostruzione proposta quasi trentanni fa dal prof. Gerardi offre in modo puntuale il quadro della questione soprattutto in chiave critica dal punto di vista storico-teologico da cui il Diritto canonico, comunque, non pu prescindere a livello sostanziale se non vuol rimanere intrappolato in dogmi che – in realt – sono solo decisioni rispondenti a presupposti spesso soltanto circostanziali, come fu la questione matrimoniale al Concilio di Trento, che si pose in massima parte come necessit di rispondere alle affermazioni (negative!) luterane (v. infra).
Nonostante sia dottrina teologicamente certa che tutti i Sacramenti cristiani abbiano una materia e una forma, o, in altri termini, che siano costituiti da res et verba, non di meno la funzione dei due elementi res e verba, nella costituzione del segno sacramentale, è analoga soltanto, in ragione del principio – puramente semeiotico (sic) – che
il segno sacramentale non avrebbe la sua precisa significazione se fosse limitato solo alla res, o comunque al gesto. Le parole intervengono perci a determinare il gesto nel suo significato univoco e comprensibile.
Proprio per la corrispondenza meramente funzionale (il vero secundum quid di questanalogia) tra materia-forma da una parte, res-verba dallaltra, ha creato problemi sin dallinizio nellapplicazione di tali categorie a-prioristiche ai due Sacramenti immateriali (meglio sarebbe dire esistenziali) del settenario: Penitenza e Matrimonio; problemi gi evidenziati da Pietro Lombardo e san Tommaso e che hanno reso non facile inserire il Matrimonio fra i Sacramenti intesi in senso stretto. Non di meno: Il Matrimonio era considerato sacramentum prima ancora che si elaborasse definitivamente una definizione dei Sacramenti in senso stretto da parte della Scolastica in ragione della sua antichissima considerazione in termini di giuramento, come laveva inteso santAgostino riferendosi ai (suoi!) tria bona Matrimonii: limpegno sacro degli sposi che esclude il Divorzio; e ci perch il Matrimonio dei cristiani rappresenta lunione indissolubile di Cristo e della Chiesa, secondo laffermazione costitutiva di Ef 5,32, divenuta ben presto tappa irrinunciabile per la comprensione del Matrimonio tra cristiani come peculiare Sacramento.
Significativamente, seppur generalmente ignorato dai canonisti,
il Concilio di Firenze, nel Decretum pro Armenis (Bolla Exsultate Deo) adottò per la confezione e lamministrazione di cinque Sacramenti il criterio tripartito (materia, forma, ministro), e in pi specific leffetto proprio; per la Penitenza si limit a parlare di quasi-materia; per quanto riguarda il Matrimonio, afferm che la causa efficiente di esso regulariter est mutuus Consensus per verba de prsenti expressus.
Non paiono inutili due osservazioni in merito:
1) il concetto di quasi-materia utilizzato allinterno di un contesto soltanto analogico non pu pretendere alcuna reale consistenza ontologica da cui potersi dedurre alcunch;
2) per il Matrimonio si evita addirittura il concetto di materia (anche nella modalit attenuata usata per la Penitenza: quasi-materia – sic) e si scivola – anche dal punto di vista logico – verso la causa efficiente, elemento appartenente a tuttaltro contesto e strumentario concettuale (e ontologico!).
Laffermazione conciliare fiorentina diventer per una pietra miliare della dottrina matrimonialista cattolica: La causa efficiente del Matrimonio nel Consenso; posizione che si consolid in riferimento espresso al concetto di contratto (in dipendenza dal Consenso) nella sua progressiva identificazione biunivoca col Sacramento, dovuta in massima parte ad un doppio genere di questioni, non teologiche n sacramentarie: 1) quelle politiche sulla giurisdizione civile o canonica a riguardo del Matrimonio come tale, b) quelle morali, ben pi radicali, connesse alla ratio peccati vitandi a riguardo della fornicazione e delladulterio, strutturalmente dipendenti dalla validit o meno del Matrimonio.
A proposito dello scivolamento concettuale gi evidenziato non si pu inoltre trascurare che
lapplicazione della dottrina ilemorfica ai Sacramenti, che si era imposta nella prima met del secolo XIII, aveva creato subito notevoli difficolt alla dottrina del contratto-Sacramento del Matrimonio: mentre il contratto si realizza con il semplice mutuo Consenso, il Sacramento richiede invece il doppio elemento della materia e della forma.
La sistematica sacramentale scolastica, tuttavia, non poteva rinunciare al preciso incasellamento di un Sacramento cos fondamentale, anche per la vita sociale, e molti teologi simpegnarono lungo i secoli a cercare soprattutto quale fosse la materia del Matrimonio, a partire [a] dal corpo stesso dei coniugi (= lo ius in corpus), [b] alle parole pronunciate dal primo dei nubenti (Consensus facit nuptias), [c] alla coniunctio corporum (integrante la copula). La posizione pi seguita fu per quella di santAlberto Magno e san Tommaso, secondo i quali la materia va individuata nelle disposizioni e nelle azioni degli sposi. Per Tommaso, addirittura, la forma del Sacramento consiste nelle parole che esprimono il Consenso degli sposi; e il Consenso stesso tiene il posto di materia; tiene il posto (sunt loco materiali elementi), cio: non materia propriamente detta ma la sostituisce in quanto elemento sensibile, proprio come accade nella Penitenza per la confessione dei peccati.
Non di meno il Concilio Tridentino, nei Canoni De Sacramentis in genere, non accennò a materia et forma per nessuno dei Sacramenti, mentre dovette riservare alla Penitenza alcune attenzioni supplementari in ragione dellevidente non-paragonabilit – nonostante il comune elemento del peccato (mortale) – tra i Sacramenti della Penitenza e del Battesimo, proprio in riferimento alla loro materia et forma, dovendo affermare per i due Sacramenti che quod materia et forma [] longissime dissidet.
Le svariate difficolt teologiche, non meno che le cautele conciliari, non impedirono per il concreto affermarsi – anche in questambito – della posizione del Card. Bellarmino secondo cui
la materia e la forma [] sono lo stesso contratto considerato da due punti di vista diversi: è materia in quanto traditio iuris, è forma in quanto acceptatio iuris. Il diritto, dato e ricevuto, è quello nei confronti del corpo dellaltro coniuge.
La posizione divenne la pi condivisa in campo teologico e canonico e la maggior parte degli autori (a partire da Surez, Sanchez, De Lugo) insegn che
le parole pronunciate dagli sposi sono sia la materia che la forma del Sacramento, ma in modo diverso. Sono materia del Sacramento in quanto esprimono la trasmissione del potere sul corpo in ordine agli atti per s adatti alla generazione (materia imperfecta ac ulterius determinabilis); sono forma del Sacramento in quanto significano laccettazione della traditio fatta dal coniuge (forma contractum perficiens).
Conseguenza sorprendente – e non trascurabile – di questa impostazione, la deduzione – del tutto formale ed estrinseca – che ne deriva: poich entrambi i contraenti pongono sia la materia sia la forma del Sacramento sono essi a risultarne anche i ministri! Ci che manifesta ab origine la totale inconsistenza teologica della posizione latina rispetto a quella orientale che, fuor di Scolastica, non ha mai accettato tale prospettiva, n la pu ammettere quale mera (libera ed autonoma) attivit battesimale dei fedeli tanto pi che, per i Latini, non occorre neppure il Sacramento della Confermazione – e quindi la pienezza dellIniziazione cristiana – per realizzare tale atto qualificante della propria vita di fede e vocazione cristiana.
Questo, per, apre un ulteriore capitolo, oggi sempre maggiormente problematico, a riguardo, pi o meno direttamente, della fede – e della stessa volont – necessaria alla celebrazione del Sacramento come tale: questione gi posta – inutilmente – a Trento a partire dalle posizioni del Concilio di Colonia che, in uno schema teoretico evidentemente ben diverso da quello puramente razionale dei Dottori scolastici ma condiviso da un certo numero di padri conciliari, riteneva la benedizione sacerdotale indispensabile:
Lo è in quanto facente parte di tutti quei riti che manifestano la dimensione religiosa della fede necessaria alla qualit cristiana del Consenso degli sposi. Insomma, non basta il Consenso mutuo, ma è necessaria la parola di fede per fare il Sacramento. [] Va dunque considerata come essenziale la dimensione di fede, che riconosce il primato della Parola di Dio, che dà al Sacramento fermezza e stabilit. E perci essenziale il rito religioso con la benedizione.
La Chiesa cattolica, non di meno, a partire dal presupposto – puramente dottrinale, contingente e funzionale (sic) – dellidentit di contratto e Sacramento
ha sempre considerato sacramentale il Matrimonio dei battezzati cattolici, indipendentemente dal fatto che essi lo considerino o meno Sacramento in senso stretto. Evidentemente lesistenza oggettiva del Sacramento non dipende dalla fede soggettiva, né del singolo, né di una Confessione religiosa in quanto tale. E quindi, di conseguenza, per poter concedere validamente il Matrimonio ad un battezzato di per s non sono necessarie n la fede n lintenzione esplicita di ricevere un Sacramento; ma è sufficiente che voglia davvero contrarre un Matrimonio vero, unico, fedele, indissolubile, e che non escluda in modo esplicito e formale il Sacramento.
La questione non risolta a Trento si sta ripresentando oggi sotto nuove prospettive e problematiche, soprattutto in riferimento al Matrimonio dei battezzati non credenti, visto laffermarsi indubitabile nella recente attivit pontificia del riferimento ad una mancanza di fede che pu generare la simulazione del Consenso, come prevede lArt. 14 1 della Ratio Procedendi del m.p. Mitis Iudex, sulla scorta di affermazioni gi di Benedetto XVI che nellannuale Discorso alla Rota Romana del 2013 aveva affermato:
Se importante non confondere il problema dellintenzione con quello della fede personale dei contraenti, non tuttavia possibile separarli totalmente. Come faceva notare la Commissione Teologica Internazionale in un Documento del 1977, nel caso in cui non si avverta alcuna traccia della fede in quanto tale (nel senso del termine credenza, disposizione a credere), n alcun desiderio della Grazia e della salvezza, si pone il problema di sapere, in realt, se lintenzione generale e veramente sacramentale di cui abbiamo parlato, presente o no, e se il Matrimonio contratto validamente o no (La dottrina cattolica sul Sacramento del Matrimonio [1977], 2.3: Documenti 1969-2004, vol. 13, Bologna 2006, p. 145) .
Ne derivano altre questioni a riguardo della differenza tra: 1) validit del Matrimonio in s, 2) sua sacramentalit e 3) efficacia del vincolo che ne deriva; questioni del tutto attuali sia nei Matrimoni misti che in quelli con Dispensa super rato o altre forme concessive connesse al c.d. Privilegium petrinum. Questioni nelle quali, caduta ormai in buona parte la componente giurisdizionale tipica dei regimi statali confessionali (a causa della secolarizzazione e laicit dello Stato) gravemente influente sulla precedente irrinunciabilit dellidentificazione contratto-Sacramento, rimane pienamente attiva la – sola – componente espressamente morale connessa allammissione/esclusione sacramentale (rispetto a: Matrimonio, Penitenza, Comunione) in base allo status coniugale di riferimento.
La tradizione ortodossa, per parte propria, – storicamente estranea sia alla necessit dellidentificazione contratto-Sacramento che alla concezione scolastica dei Sacramenti – ritiene legittimi e validi, seppure non sacramentali, i Matrimoni civili dei battezzati, conferendo cos copertura morale (circa sextum) ad una grande quantit di Matrimoni di battezzati i quali, oltre a non incorrere nella fornicazione, possono tranquillamente confessarsi e comunicarsi. Il Sacramento del Matrimonio cristiano, celebrato come tale coram Ecclesiam mediante lintervento del ministro sacro, costituisce poi un ulteriore passo avanti nella via della santificazione personale e famigliare. Una rilettura contestuale e circostanziata del Decreto tridentino sul Matrimonio, conscia della natura polemica delle affermazioni in esso contenute potrebbe ormai offrire nuovi spazi di lucidit circa lassolutezza della posizione tridentina, universalizzata – per di pi (sic!) – solo nel 1907 col Decreto Ne temere che imponeva losservanza del Tametsi anche nei vasti territori europei che, a causa del governo protestante non videro mai lapplicazione dei Decreti tridentini di riforma.
3.3 Sacramento del Matrimonio e persone: questioni attuali
Lo spostamento della qustio nullitatis dallambito sacramentale-ontologico del Codex pio-benedettino a quello sacramentale-antropologico del m.p. Mitis Iudex contribuisce anche – seppure non a prima vista – a ricollocare la questione stessa in un differente ambito di considerazione ecclesiale, ampliandone la portata. Porre, infatti, loggetto del Processo di nullit matrimoniale allinterno dellambito vocazionale – poich lo stato delle persone riguarda in primis la vocazione e non i Sacramenti che, di fatto, la sanciscono (soltanto) dal punto di vista spirituale e giuridico! – apre lorizzonte agli apporti delle Discipline pi espressamente antropologiche nella loro complessit, come anche la Giurisprudenza pi avvertita ha iniziato a fare gi da qualche decennio, nella consapevolezza che ormai necessario prima di tutto accostare le persone come tali e non soltanto alcuni dei loro atti, in particolare quelli giuridico-sacramentali, o equifunzionali.
In tale prospettiva non pu neppure essere ignorato il crescente ricorso giudiziale a varie tipologie di Perizie quale modalit istruttoria ordinaria anche per i Capi di nullit in cui esse non siano richieste dal Diritto o non siano possibili in modo diretto sulla parte in questione: le Perizie, infatti, ponendo al centro le persone come tali (soprattutto le loro strutture e funzionalit interiori), prima che qualche loro specifico atto puntuale (comՏ il Consenso), offrono elementi di valutazione e giudizio sempre pi rilevanti per la decisione del singolo caso di specie.
Chiaramente questo genere di ricorsi alla professionalit di tecnici della psiche, non ha nulla a che fare con gli ambiti espressamente patologici della comportamentalit umana quanto, molto pi diffusamente, con quelli della c.d. normalit che vede tuttavia migliaia di persone sane rimanere vittime di particolari funzionalit o di espresse dis-funzionalit della propria personalit, biografia e convinzioni interiori, che caratterizzano e contraddistinguono ciascuno individualmente, muovendolo o inibendolo a determinati comportamenti e stili di vita che non riguardano soltanto le dimensioni cognitiva e relazionale ma anche quella emotiva, morale e spirituale. Le consapevolezze che si stanno progressivamente consolidando a livello socio-sanitario nei campi connessi al supporto psicologico di coloro che hanno subto traumi o shock da abuso, maltrattamento o violenza (non meno che incidenti, catastrofi, calamit, ecc.) ampliano ed approfondiscono lo scenario di cui tener conto su base espressamente biografica.
Sul tema, non di meno, si gi prodotta non solo autorevole dottrina canonistica ma, ben pi radicalmente, uno specifico Magistero ed indirizzo pontificio in campo giudiziale. Sono celebri, infatti, gli interventi di Giovanni Paolo II del 1987 e 1988 in occasione dellannuale Allocuzione alla Rota Romana; interventi echeggiati ancora da Benedetto XVI nellanno 2009.
Come gi detto: in questo campo ci che normalmente si scrive Antropologia deve per essere letto come dinamismo personale. Ci per non basta ancora, poich larticolato e disperso ambito delle Discipline psicologiche (non ancora giunte ad una concorde identit e stabilit epistemologica tale da farne vere Scienze) evidenzia al proprio interno un amplissimo spettro di – anche contrapposti – modelli filosofico-antropologici di riferimento e fondazione. Ed proprio a questo livello che il canonista deve porre particolare attenzione per non cadere vittima di letture o concezioni della persona e delle sue dinamiche interne – soprattutto vocazionali – che risultino riduzionistiche rispetto alla visione antropologica specificamente cattolica.
Questo, tuttavia, apre in modo esplicito lambito dei c.d. paradigmi interpretativi soprattutto in relazione – quando non in vera dipendenza – dal modello antropologico inevitabilmente sotteso. Un approccio meramente fisiologico, infatti, oppure statistico, oppure psicodinamico, o tridimensionale, pre-suppongono una peculiare lettura e concezione non solo del comportarsi umano come tale ma, ben pi radicalmente, dello stesso essere personale non potendo sfuggire alle problematiche socio-culturali di ciascun luogo e tempo, come gi posto in evidenza, p.es., dal prof. Manenti nella VI Giornata canonistica interdisciplinare a riguardo dellautenticit e durata delle decisioni.
4. Considerazioni finali
Il quadro sin qui delineato, pi per spunti di evidenza critica che non in modo organico, mostra come le dimensioni antropologica o personalistica (concettualmente intercambiabili nella presente prospettiva) costituiscano ormai un orizzonte irrinunciabile per la Canonistica, nonostante la loro penetrazione in vari ambiti dellOrdinamento canonico e, pi ancora, della loro percezione e concezione, sia ancora estremamente lenta e faticosa.
Sebbene tali lentezza e fatica possano non rallegrare soprattutto le maggiori sensibilit pastorali, non di meno – utilizzando unimmagine evocativa – la marcita (o la concia) nella quale il Diritto canonico attuale si trova sempre pi immerso offre ragionevoli speranze che il nuovo approccio possa comunque radicarsi in modo profondo e stabile: un po come accadde per il contesto etico e morale su cui si rivers la prima codificazione canonica latina immergendolo per anni in un bagno codiciale che ne condizion radicalmente la stessa identit. Sfugge a pochi come qualcosa di simile stia lentamente delineandosi oggi per il Diritto canonico, sempre pi sommerso dalle numerosissime consapevolezze personalistiche ed antropologiche che il Vaticano II ha pienamente riattivato nella vita ecclesiale facendone il liquido da cui ricevere protezione e fertilit.
Il percorso, daltra parte, ha gi conosciuto autorevoli esploratori e pionieri che di volta in volta hanno saputo mettere in luce punti di vista innovativi, costringendo i canonisti ad alzare progressivamente lo sguardo dai Canoni dei Codici ai volti delle persone, dalle fattispecie alle biografie, dalle teorie ai drammi.
Tra essi, seppure con formazioni, referenze e prospettive radicalmente diverse, due figure paiono delinearsi allinterno della Canonistica degli ultimi decenni: Jos Maria Serrano Ruiz (gi Giudice e Decano della Rota Romana) e Giuseppe Versaldi (professore, poi Vescovo, ed ora Cardinale Prefetto della Congregazione per lEducazione cattolica). Precursori, chi in Giurisprudenza, chi in dottrina, di un approccio sinceramente antropologico che, con discontinuit ma anche tenacia ha offerto significative suggestioni anche ad un certo numero di insegnamenti pontifici proprio in tema di nullit di Matrimonio, soprattutto nelle annuali Allocuzioni agli Operatori del Tribunale della Rota Romana.
Di natura pi filosofica lapproccio del Giudice spagnolo, sollecitato da molte ricchezze della cultura e sensibilit esistenzialista attraverso la quale poeti e filosofi del Novecento hanno saputo mettere in luce la profondit e reale entit di ci che gli uomini e le donne del nostro tempo vivono di se stessi e in se stessi; di carattere pi scientifico lapproccio del Cardinale italiano, cresciuto alla scuola dei Gesuiti Luigi Maria Rulla e Franco Imoda nellIstituto di Psicologia della Pontificia Universit Gregoriana; entrambi hanno offerto alla recente Canonistica sollecitazioni ormai irrinunciabili nellapprocciare il Matrimonio non tanto come res (divina: Sacramentum) ma principalmente come relatio (humana: fdus). Ai due canonisti va associato un approccio di fatto complementare, almeno per il suo aver interessato per alcuni decenni la formazione di molti operatori dei Consultori matrimoniali cattolici italiani: la proposta teoretica dellIstituto Superiore per Formatori connesso al gi citato Istituto di Psicologia, operante in campo specificamente vocazionale sotto liniziale guida del prof. Alessandro Manenti.
Non pare superfluo evidenziare come una radice comune associ, sebbene indirettamente, gli autori menzionati nel loro irrinunciabile guardare alle persone ed alla loro considerazione dinamica: lapproccio fenomenologico di Bernard Lonergan (docente di Serrano Ruiz ed autore di referenza primaria per gli studi psicologici dellUniversit Gregoriana) con la sua attenzione ai dinamismi interni della persona, al suo crescere nella consapevolezza di s, al differenziarsi della sua coscienza
Chiudendo queste annotazioni introduttorie, sia permesso evidenziare come quanto sin qui proposto sia gi stato in qualche modo anticipato nel Bilancio canonistico della IX Giornata canonistica interdisciplinare dellaprile 2014:
Almeno di fatto, non esiste alternativa al considerare identit (personale) e biografia (individuale) come saldamente correlate e non adeguatamente disgiungibili: una connessione che, per quanto non meccanica, risulta comunque insuperabile poich il vissuto che struttura lo strato non meramente biologico della persona e rende ciascuno unico e irripetibile questo, per, ci che costituisce lidentit personale in senso proprio.
Nella stessa linea si mossa anche la consapevolezza clinico-scientifica dellultimo cinquantennio nel suo progressivo allontanarsi dagli approcci tipologici, maggiormente interessati ad eventuali anomalie o disturbi (inizialmente solo organici), verso approcci idiosincratici, interessati al funzionamento di ciascuna persona e, pertanto, alla sua identit. Lo dimostra la stessa evoluzione del DSM che ha legittimato nella sua quinta edizione anche il nuovo paradigma orientato alla delineazione della personalit individuale: ci che conferma, ulteriormente, lirrinunciabilit degli approcci psicodinamici, dal PDM, al modello di Rulla-Imoda nella prospettiva delle tre dimensioni che riconoscono valore ed interazioni efficaci anche alla dimensione (ed esperienza) spirituale di ciascuno. Non un caso che sempre pi lattivit peritale faccia riferimento alla biografia, insieme ad eventuali test, per delineare e gestire i tratti di personalit, pi che eventuali patologie.