Episkop e vigilanza amministrativa nellOrdinamento canonico
1. Premessa
Per partecipare in modo proficuo ad
un confronto interdisciplinare sul tema delle visite/ispezioni di carattere
amministrativo in ambito canonico pare utile limitarsi ad un livello
metodologico, espressamente indirizzato a fornire chiavi di lettura ed
eventuale inquadramento di quanto i diversi ricercatori possono incontrare
nelle loro indagini: alcuni elementi
ermeneutici
ed
euristici per orientare
comprensione e ricerca di quanto risulta pi specificamente canonico,
rispetto a quanto pi proprio dellambito civile, tutelando altres la
differenza che passa tra i diversi approcci: storico-archivistico da una parte,
tecnico-giuridico dallaltra.
Un tale approccio previo si rende
necessario poich lanalisi e lo studio di questambito del Diritto della
Chiesa deve tener conto che un certo numero di elementi dellOrdinamento
canonico – pure se strutturali – non sono per stati autonomamente
e puntualmente istituzionalizzati e regolamentati a livello normativo esplicito
nel c.d. Diritto canonico classico (= pre-codiciale), per quanto la loro
presenza ed operativit nella vita della Chiesa, seppure a diversi titoli e
sotto differenti configurazioni e competenze, non sia minimamente dubitabile,
derivando in massima parte dal Diritto consuetudinario. Ci motiva, non di
meno, anche limpossibilit di trattare attualmente la materia riferendosi
primariamente (ed esclusivamente) al Codice di Diritto Canonico, che la
conosce in modo estremamente riduttivo nella sola forma pastorale (cfr.
Cann. 396; 397; 398; 555; 683) ma non declina affatto la generalit
dellistituto, rimandando – anche in questambito – alle
diverse prassi plurisecolari consolidatesi in materia, soprattutto a livello
pontificio.
2. O
RIGINARIET DELLA EPISKOP NELLA CHIESA
In primo luogo occorre considerare
come fin dallinizio nella Comunit cristiana si sia fatta strada ed affermata
una specifica funzione (mutuata dalla struttura operativa delle Sinagoghe della
Diaspora giudaica) chiamata
episkop
(da cui
Episcopus e poi,
cristianamente, Vescovo): visita, vigilanza, soprintendenza, valutazione,
giudizio, sia con accezione negativa (= condanna) che positiva
(= cura, accompagnamento)
. Il termine operativo affiancato
dal sostantivo personale
episkopos
le cui ricorrenze neotestamentarie sono numericamente significative
(= oltre la decina), pur se non paragonabili allaltra radice
istituzionalmente rilevante:
presbyter
(da cui Presbitero) che ricorre circa settanta volte, per quanto spesso in modo
del tutto generico (nel senso comune di anziano). Proprio tale sbilanciamento
semantico permette di cogliere un differente ruolo/funzione tra i due
proto-ministeri ecclesiastici (che diventeranno in seguito gradi del
Sacramento dellOrdine), soprattutto considerando che il primo indica
espressamente un
attivit
(= lazione di vigilare/visitare/verificare/custodire/curare) e finanche
un vero
ufficio, mentre il secondo principalmente
una
condizione effettiva o funzionale
(= lessere anziano), sebbene a tale condizione corrisponda poi, in
seconda battuta, un certo numero di attribuzioni anche operative e funzionali.
In questottica non inutile evidenziare come i due termini siano utilizzati
nel Nuovo Testamento per indicare persone e loro funzioni divenute diverse nel
tempo, soprattutto nelle c.d. Lettere pastorali (deutero-paoline): l
Episkopos il successore
dellApostolo (cos Tito e Timoteo), mentre i
Presbyteroi sono coloro che hanno compiti di responsabilit e guida
allinterno delle Comunit (coloro che lo stesso Apostolo stabil nelle
diverse Comunit dellAsia minore rientrando dal primo viaggio missionario
– cfr.
At 14,23). inoltre
interessante lutilizzo di
episkop
fatto in
Lc 19,44 e
1Pt 2,12 espressamente come visita in
senso
valutativo giudiziale (o
giudiziario, in termini civilistici): la visita/venuta escatologica del
Messia, coincidente, di fatto, col giudizio stesso di Dio.
Il dato ecclesiale originario mostra
dunque come, al di l dei rivestimenti e delle stratificazioni pastorali,
sacrali, spirituali e teologiche dei secoli a venire, l
Episcopus – prima di diventare
pastor,
sacerdos e
pontifex – era colui che
visitava/vigilava nei confronti della vita delle Comunit cristiane. Un ruolo
che, almeno inizialmente, non coincideva
in
toto con quello di guida e referente ultimo della Comunit (= il
Pastore). Le Lettere di santIgnazio dAntiochia alla met del II secolo, in
realt, danno gi prova dellavvenuta identificazione delle diverse funzioni
nellunica persona/ministero del Vescovo c.d. monarchico. In questo modo la
precocissima sovrapposizione ed identificazione delle due originarie funzioni,
al di l del nome, lasci ben poco delloriginaria funzione quando, con
laffermarsi dellepiscopato monarchico, il Vescovo divenne prima di tutto il
successore degli Apostoli, Capo della Comunit cristiana, referente primo ed
ultimo di quanto avveniva in ciascuna Chiesa particolare. Quando poi, dal IV
sec., progressivamente la sua figura e le sue referenze e funzioni assunsero
portata giuridica sempre pi generale anche in ambito civile (per concessione
in Oriente, per necessit in Occidente) la sua divenne sempre pi
auctoritas e
potestas, facendone lAutorit apicale ed il Giudice allinterno
della propria Chiesa, inglobando di fatto loriginaria funzione ispettiva entro
quelle pi genericamente di governo.
3. O
GGETTO DELLA EPISKOP ECCLESIALE
Passando dalla
funzione in s, nella sua forma originaria, al suo specifico
oggetto maturato progressivamente nella prassi lungo i tempi, va considerato
come nei primi secoli cristiani il Vescovo non fosse, prima di tutto, il
censor dei costumi o delle attivit
individuali o di quelle che non erano ancora vere Istituzioni ecclesiali; la
sua presenza era fondamentale, invece, quale garanzia della
qualit teologica delle attivit
ecclesiali: a questo, infatti, sindirizzavano le sue principali
preoccupazioni.
Prima, infatti, di assumere
– in epoca alto-medievale – le caratteristiche pi
proprie dell
Abbas, vero responsabile
anche in coscienza della santificazione dei suoi monaci, il Vescovo era colui
che doveva garantire e difendere lintegrit della fede comunitaria e la
comunione ecclesiale, come ben visibile nella Chiesa antica. Questa fu infatti
la sua funzione pi evidente fino almeno al VII secolo, sia nelle questioni
dogmatiche che impegnarono Sinodi e Concili, sia nel consolidamento della
struttura istituzionale ecclesiastica e del suo ordinato funzionamento,
soprattutto con laumentare del numero di chierici ed il loro trasferirsi dalle
citt verso le campagne, a distanze sempre maggiori dal Vescovo.
Il Concilio locale di Tarragona
(anno 516) fiss formalmente la ricorrenza annuale della gi tradizionale
visita episcopale, ribadita poi da vari Concili ispanici fino al sec. VII, per
quanto solo alle chiese (cfr. Can. 8), consolidando una prassi che venne
generalizzata un po dovunque, specialmente in Italia e in Francia sotto il
pontificato di san Gregorio magno, divenendo in seguito oggetto anche di varie
Decretali pontificie. Nel
Decretum
Gratiani la visita canonica presente soprattutto in considerazione delle
eccessive esazioni che i Vescovi pretendevano riscuotere in tali circostanze:
fattore che prova la solidit ed ampiezza della prassi, per quanto nullaltro
sembri specificato a suo riguardo.
Dopo un ristagno nei secc. XIII-XV,
la visita canonica fu definitivamente imposta e
– finalmente – regolamentata giuridicamente dal Concilio
di Trento, pi come
onere che come
diritto dei Vescovi diocesani, divenendo espressione classica della riforma
cattolica fino alla codificazione del 1917 che la recep (nella sola modalit
episcopale-diocesana) nei
Cann. 343-345; prospettiva confermata
– e semplificata – nellattuale Codice canonico (cfr.
Cann. 396-397).
Dal punto di vista dellevoluzione
dellistituto giuridico, la corretta comprensione della visita canonica non pu
prescindere dal progressivo affermarsi del sistema beneficiale (di origine
germanica) quale modalit ordinaria di sostentamento del clero che introdusse,
in Occidente, un elemento nuovo e, pi ancora, nuove dinamiche relazionali tra
Vescovi e chierici, non solo marcando in modo sempre pi netto la reciproca
separazione e distanza, ma pure assorbendo sia la struttura che le funzioni
ecclesiali di governo allinterno di quelle feudali, trasformando radicalmente
sia la figura del Vescovo che la sua funzione di vigilanza, come mostra anche
laffermarsi di una delle maggiori espressioni della concezione feudale del
governo: l
esenzione, attraverso cui
i Papi sottrassero al controllo episcopale (che si esprimeva principalmente
nella visita canonica) la maggior parte degli Istituti religiosi che nascevano
dal XII sec. segnando cos il passaggio dalla condizione
sui Iuris tipica dei Monasteri a quella
pontificii Iuris dei maggiori Istituti religiosi.
Fu principalmente nei periodi di
riforma della Chiesa, soprattutto a partire da quella gregoriana dellXI sec.,
che il Vescovo assunse una specifica funzione di controllo della vita del clero
(simonia degli Uffici ecclesiastici e concubinato, prima di tutto) indirizzando
la propria attenzione in modo specifico alle persone dei chierici, anche perch
molti dei Benefici annessi ad Uffici ecclesiastici e molti Uffici ecclesiastici
stessi non dipendevano affatto dal Vescovo: il fenomeno diffusissimo delle c.d.
chiese proprie e le varie Cappellanie laicali, oltre ai numerosissimi
Monasteri, costituivano infatti veri ambienti stagni dal punto di vista
istituzionale, nei quali i Vescovi non potevano ingerirsi praticamente il alcun
modo.
Diversa era la vigilanza sulla
vita del clero il quale, pur fuori dal
legame giuridico dellIncardinazione – sostituita allora dal
Titulus Ordinationis – non
poteva prescindere da rapporti di fatto costitutivi col Vescovo, il quale
poteva sempre ricorrere all
extrema ratio
della Sospensione o anche solo dellInterdetto, che avrebbero impedito ai loro
destinatari di poter svolgere lUfficio sacro o, almeno, una sua parte e, in
tal modo, di goderne pure i frutti (beneficiali), rischiando cos (almeno di
fatto) anche la perdita dello stesso Ufficio in ragione della intervenuta
impossibilit di adempierlo a favore dei suoi finanziatori.
Anche dal punto di vista economico
la reale possibilit di vigilanza episcopale era piuttosto esigua, riducendosi
quasi esclusivamente ai patrimoni beneficiali di diretta propriet
ecclesiastica (situazione piuttosto diffusa in Italia ma del tutto marginale
nel resto dEuropa): gli unici sui quali i Vescovi potessero esercitare diritti
e facolt, anche se
ratione dominii e
non
ratione Officii.
Fu, probabilmente, solo a partire
dai Concili lateranensi del XIII sec. che la presa ormai totale del potere
ecclesiastico sulla
christianitas
permise di esercitare pi concretamente l
episkop
verso una triplice tipologia di attivit: 1) quella pastorale (in
relazione ai doveri derivanti dallUfficio ecclesiastico ricoperto, soprattutto
per quanto riguarda i Sacramenti e la predicazione connessi alla c.d. cura
danime); 2) quella individuale (in relazione allo
status personale, dei chierici soprattutto); 3) quella
economica (in relazione ai beni espressione di pia volont).
4. N
ATURA INQUISITORIA DEL DIRITTO CANONICO E VIGILANZA CANONICA
Tra gli elementi e fattori da non
ignorare in materia di visite canoniche, merita una specifica attenzione il
fatto che il sistema canonico si sia formato in larga parte su base
pubblicistica (= inquisitoria) anzich privatistica
(= rivendicatoria), come daltra parte ben corrisponde alla sua natura pi
profonda. In questa prospettiva occorre osservare che, mentre in ambito
statuale la maggior parte delle Norme amministrativistiche sono derivate (per
nomogenesi ordinaria) dal contenzioso tra cittadini e P.A., in ambito canonico
invece la maggior parte delle Norme utilizzate poi in sede di visita sono
sorte per espressa
volont politica,
normalmente in sede conciliare: cos stato di fatto per la maggior parte
delle Norme c.d. disciplinari emanate dai Concili fin dallAntichit; si pensi
a quelle sulle Ordinazioni presbiterali ed episcopali gi del Concilio di
Calcedonia (anno 451), si passi ai Concili lateranensi e si termini con Trento.
La Norma canonica pre-codiciale – quindi: il Diritto canonico in s –,
daltra parte, non sostanzialmente costruttiva (= strutturante)
dellOrdinamento giuridico ma tutoria (= funzionale): si aggiunge cio
alla vita ecclesiale per dare forma e misura a quanto gi viene realizzato
allinterno della Comunit cristiana. La Norma canonica infatti non crea la
Comunit ecclesiale, come accade invece per le Costituzioni contemporanee di
cui le Leggi sono formali esplicitazioni, ma le indica i criteri per la sua
(auto-)legittimazione, data la volontariet del permanere al suo interno.
In questa prospettiva, sebbene siano
state soprattutto le eresie a polarizzare la maggior parte dellattivit
inquisitoriale (facendone addirittura unIstituzione autonoma), gi i Vescovi
che accompagnavano i
Missi dominici
dallEt carolingia sottoponevano ad esame, luogo per luogo, quasi ogni aspetto
della vita individuale sia dei fedeli che, pi ancora, dei chierici. Si
collocano in questa prospettiva i due Libri delle Inquisizioni sinodali redatti
da Reginone di Prums alla met dellXI secolo.
Proprio in derivazione dalla natura
inquisitoria dellOrdinamento canonico, occorre considerare come una parte
significativa di Norme canoniche sia nata con unesplicita funzione e
configurazione
ad vigilandum
(configurazione che continua a mantenersi): si tratta cio di Norme che non
hanno alcuna reale utilit a livello di strutturazione dellOrdinamento come
tale, n giovano concretamente allattivit ordinaria della Chiesa, ma
costituiscono veri e propri cateteri o
back-door
che permettono allAutorit di introdursi a suo piacimento e discrezione in
particolari situazioni
operative
(come lamministrazione dei Sacramenti o dei beni ecclesiastici) oppure
esistenziali (come lo
status delle persone appartenenti ad
Ordines) con esplicite finalit
disciplinari e sanzionatorie. Gli esempi pi palesi riguardano le Norme sui
c.d. doveri e diritti dei chierici (Cann. 273-289) e dei Parroci (Cann.
528-530): siano esse positive (cio: impongano) o negative (cio: vietino) di
tutta evidenza la loro espressa finalizzazione ispettiva con finalit
disciplinare. Ci sono cose che i
chierici in genere ed i Parroci in specie
devono
fare o
non possono fare: la cosa
tanto pi evidente se si considerano e paragonano, da una parte, la
puntigliosit di alcune prescrizioni di questo tipo e, dallaltra, la
genericit pressoch totale di molte altre di natura, di per s, programmatica
o strutturale.
Canonicamente, poi, merita
attenzione il fatto che lattivit di visita abbia pi le caratteristiche di
una posizione di principio che di un vero istituto tecnico-giuridico, come ben
mostra il Can. 199, 7 del Codice latino vigente, secondo cui nessuno mai pu
– n potr – sottrarsi ad essa, n si d prescrizione a
suo riguardo quasi che i fedeli non possono essere visitati da nessuna
Autorit ecclesiastica e non siano pi soggetti ad alcuna Autorit, dovendosi
ritenere la visita come espressione peculiare e concretizzazione tipica del
governo, da una parte, e dellobbedienza, dallaltra, menzionata nello stesso
Canone come secondo polo (pensando ad una batteria elettrica) o fuoco
(pensando ad una ellisse) della stessa dinamica.
5. N
ON GERARCHICIT DELLA EPISKOP ECCLESIALE
Soprattutto nel paragone diretto tra
ispezioni civilistiche e visite canoniche ai nostri giorni occorre considerare
un elemento caratteristico – e forse esclusivo –
dellOrdinamento canonico, collocato a livello di struttura stessa della
Chiesa: se si eccettuano infatti gli Istituti religiosi (che hanno spesso una
rigida struttura gerarchica interna), nella Chiesa non esiste
subordinazione gerarchica tra Enti,
neppure pubblici. La struttura gerarchica della Chiesa, infatti, riguarda le
sole persone fisiche (dei chierici) e si articola per Uffici ecclesiastici
affidati in modo personale/fiduciario e non comporta, almeno storicamente,
rendicontazioni centralizzate ed organiche, come sarebbe per Amministratori
periferici e parziali di un patrimonio unitario, comՏ quello dello Stato
moderno. Daltra parte il sistema beneficiale funzionava su base pressoch enfiteutica
cosicch una volta valido il Titolo di possesso del Beneficio (=
Titulus Ordinationis, per i chierici),
su cui spesso neppure il Vescovo aveva diritti, tutto il resto
– eccettuata lalienazione e la distruzione del bene –
ricadeva nella piena ed esclusiva competenza del beneficiario che si comportava
da vero usufruttuario, senza che alcuno potesse intervenire se non per via
espressamente penale (e quindi: civilistica).
La questione risalta tanto
maggiormente per il fatto che nella Chiesa cattolica gli Enti, come oggi
comunemente intesi, non esistevano fino al
CIC
del 1983. Le
universitates personarum et
bonorum avevano infatti la qualifica di persone morali, capaci, cio, di
operare in modo paragonabile alle persone fisiche – esprimendo
soprattutto volont contrattuale – ma erano prive di una propria
concreta identit e responsabilit, tanto da non poter neppure delinquere
(secondo il principio romanistico:
societas
delinquere non potest). Soprattutto non esisteva rapporto alcuno con la
spazialit territoriale in senso socio-politico: gli stessi concetti di
Parrocchia e di Diocesi, infatti, non erano (e non sono) territoriali ma
semplicemente perimetrali, designando soltanto i
fines entro i quali si esercita la
Iurisdictio di Parroci e Vescovi:
Iurisdictio che (stata) sempre e solo sulle persone fisiche. La
cosa si chiarisce ulteriormente se si considera che la parte immobiliare del
Beneficium annesso ai singoli
Officia, quale fonte di sostentamento
dei loro titolari, poteva tranquillamente trovarsi fuori dei confini della
Parrocchia o della Diocesi di riferimento, come accadde spesso dal Tardo
Medioevo con le c.d. Commende assegnate ad ecclesiastici (o neppure tali)
tuttaltro che residenti e, spesso, neppure esercitanti lUfficio ecclesiastico
ad esse connesso (affidato di solito a chierici stipendiati
ad hoc).
Il sistema beneficiale, inoltre,
funzionava in modo del tutto autonomo rispetto alle Autorit ecclesiastiche
locali le quali, nella maggior parte dei casi, potevano soltanto verificare
la validit e legittimit dellacquisizione di un determinato
Titulus/Officium, o porre condizioni per
conseguirlo, senza per poter interferire molto oltre. Erano, infatti, i
singoli chierici che decidevano in modo autonomo di (provare ad) accedere a
Tituli diversi da quello originariamente
posseduto, come accadeva quando qualche Ufficio ecclesiastico (adeguatamente
beneficiato –
sic!) diventava
vacante, per morte o per rinuncia del titolare. Soppresso il sistema
beneficiale, la mobilit del clero non pi spontanea ed autonoma ma oggi
viene gestita in massima parte dallAutorit ecclesiastica locale (= i
Vescovi), senza che tuttavia sia cambiato praticamente nulla per quanto
riguarda gli Enti canonici, i quali permangono connessi per Legge quanto ad
amministrazione e rappresentanza ad alcuni Uffici ecclesiastici (Parroci e
Vescovi diocesani,
in primis) ma non
organizzati tra loro, tanto meno in modo gerarchico.
La differenza con lo Stato moderno
totale poich tale Stato prima di tutto un soggetto unitario dotato di
supremazia il quale possiede e gestisce, ben prima dei singoli proprietari,
lintero territorio di sua pertinenza, anche se ci viene messo in opera
attraverso Enti territoriali parziali e gerarchicamente suddivisi ed articolati:
Regioni, Province, Comuni, Municipalit, ecc. cui si aggiungono altri Enti
funzionali esercitanti specifiche competenze, come quelle sanitarie o
energetiche.
6.
EPISKOP E RENDICONTAZIONE
Conseguenza diretta della non
gerarchicit degli Enti canonici anche, come gi anticipato, lassenza di una
rendicontazione centralizzata ed organica: una
episkop strutturale, come accade invece per le Amministrazioni
periferiche e parziali di un patrimonio unitario qual quello dello Stato
rispetto alle Pubbliche Amministrazioni.
In questo contesto la visita si
configura (e cos stato anche storicamente) come lunica possibilit di
esercitare l
episkop allinterno di
unorganizzazione eminentemente personale che non implica alcuna
rendicontazione, data lindipendenza soprattutto economica tra Enti.
In questa prospettiva non si pu
trascurare un altro fattore: il sistema canonico non cresciuto n si
articolato per suddivisione gerarchica di ununica realt complessiva
(= la Chiesa universale); non si trattato, cio, di progressivo
partizionamento e correlativa
decentralizzazione,
come lImpero Romano che fu diviso ora in Province, ora in Diocesi affidate a
Prefetti, Governatori, ecc. Il sistema canonico, invece, cresciuto in modo
collaterale ampliando progressivamente
le aree di attivit e creando in esse nuovi centri gestionali della vita
ecclesiale in un sostanziale parallelismo perimetrale tra le diverse entit
istituzionali che ha
moltiplicato le
realt (anche scorporandole e riducendone le dimensioni) ma non le ha
suddivise al loro interno gerarchizzandole. significativa in proposito
lattivit di santAgostino che divise la Diocesi, scorporandone una parte,
affinch il nuovo Vescovo potesse meglio provvedere alle problematiche dello
scisma donatista maggiormente presente in quella parte di territorio. Il
meccanismo tuttora funzionante attraverso le Cappellanie, le
quasi-Parrocchie, le Amministrazioni ed i Vicariati apostolici: tutti
dispositivi istituzionali che – generalmente – accompagnano
linstaurarsi di nuove realt ecclesiali che progressivamente diventeranno
autonome ed indipendenti una volta raggiunta unadeguata consistenza e solidit
sia di persone che di funzioni che di risorse economiche. A quel punto, per,
saranno pienamente autonome: parallele ed equivalenti alle altre gi esistenti,
mentre non saranno autonomi i titolari degli Uffici ecclesiastici apicali loro
preposti. Ci a maggior ragione per le moltissime realt ecclesiali
(originariamente: chiese proprie, Cappellanie laicali, Collegiate, Monasteri,
ecc.) che non abbiano ricevuto i propri beni per via gerarchica ma per
apporti extra-ecclesiastici (come fondazioni, eredit, donazioni), profilando
circostanze strutturali in cui non riscontrabile alcuna
ratio per la quale un
non
dominus, comera il Vescovo rispetto ai Benefici, potesse ingerirsi nella
loro gestione anche solo esigendo formali rendiconti. A maggior ragione per il
fatto che tutto il frutto beneficiale rivestiva le caratteristiche del bene
privato, inaccessibile per qualunque Autorit esterna.
Ulteriori due elementi differenziano
in modo strutturale i presupposti della (non)rendicontazione canonica rispetto
a quella civilistica: laspetto tributario ed i servizi pubblici.
- Dal punto di vista tributario la struttura ecclesiale funziona
in modo inverso a quella statuale:
nello Stato, infatti, sono i cittadini che – in modo
coattivo – versano allo Stato i Tributi e le Imposte, allinterno di
un sistema di sostanziale centralizzazione della raccolta tributaria cui
dovrebbe far seguito un ri-trasferimento di tali risorse verso i contribuenti
stessi tramite i vari Enti pubblici, a partire da quelli c.d. locali (Comuni, in primis). Nella Chiesa, al contrario,
non esiste alcun sistema tributario centrale capace di incidere immediatamente
e coattivamente sulle persone dei singoli fedeli: sono invece le persone
giuridiche pubbliche che hanno rapporti immediati coi fedeli (in particolare le
Parrocchie) a versare Imposte e Tributi alle persone giuridiche pure pubbliche prive
per di rapporti immediati coi fedeli, quali sono le Diocesi, per quanto il
Codice regolamenti questambito sempre in funzione del Vescovo diocesano e non
dellEnte Diocesi.
In
tal modo nello Stato si assiste ad un costante trasferimento di denaro dal
vertice (che lo ha raccolto autonomamente) alla base del sistema, entro le
dinamiche di un rigido controllo di assegnazioni ed erogazioni delle somme in
questione; dinamiche che impongono lesigenza strutturale della rendicontazione gerarchica e che in essa
trovano uno dei loro maggiori strumenti operativi, come accade con
lapprovazione dei Bilanci degli Enti pubblici ed il loro sindacato giudiziario
da parte della Corte dei Conti (in Italia). Canonicamente, al contrario, i
contributi dei fedeli alla Chiesa sono di origine volontaria ed attribuzione
immediata, mentre il sistema tributario canonico non fa altro che imporre agli
Enti soggetti a vigilanza economica (come sono le Parrocchie e altre persone
giuridiche pubbliche – cfr. Can. 1263) il trasferimento di una modesta
percentuale (max 5%) allEnte presieduto da chi esercita tale vigilanza
(= la Diocesi, presieduta dal Vescovo diocesano). Nessuna norma
tributaria, poi, impone alcunch alle Diocesi nei confronti della Santa Sede
alla quale, semplicemente, i Vescovi (non le Diocesi – sic) inviano contributi volontari in
base alle disponibilit di ciascuna Diocesi (cfr. Can. 1271).
- Strettamente connesso allaspetto tributario risulta, almeno
negli Stati c.d. sociali o del benessere (welfare),
laspetto dei c.d. servizi pubblici che lo Stato eroga ai cittadini (e anche
non tali) soprattutto in ragione della raccolta tributaria gi effettuata
presso larga parte degli stessi. In tale contesto buona parte delle somme che
lo Stato trasferisce agli Enti pubblici (Enti locali o Aziende pubbliche) non
destinata soltanto alla loro esistenza e funzionalit di base (a presidio del
territorio o di specifiche funzioni statali) ma, piuttosto, allerogazione da
parte loro di veri e propri servizi pubblici, spesso al pari di quelli che
anche lattivit dimpresa pu erogare come prestazione contrattuale (privata):
comՏ per la sanit, la scuola, la previdenza, i trasporti, ecc. Anche in
questambito la rendicontazione degli Enti pubblici civili ed il suo controllo
risultano strutturali.
La
dinamica completamente diversa a livello ecclesiale poich nella Comunit
cristiana non esistono servizi pubblici ma semplici referenti istituzionali di specifiche attivit che, di per s, sono
proprie dei fedeli come tali. Lesempio maggiormente significativo quello dei
Sacramenti: sono i fedeli come tali, infatti, i principali attori della
dinamica ed attivit sacramentale; la cosa palese se si eccettua la santa
Messa che, per motivi funzionali viene celebrata in modo programmato: tutti
gli altri Sacramenti dipendono invece dalla richiesta dei fedeli al ministro
che ne abbia la referenza territoriale (in base al domicilio parrocchiale o
diocesano – cfr. Can. 102), a partire dal Parroco. Che non si tratti di
servizi offerti ai fedeli ma di richiesta da parte loro palese, soprattutto
in ragione della corrispondenza pressoch immediata tra frequentazione/richiesta e celebrazione. In questo contesto,
eventuali Relazioni sullattivit pastorale ed altri strumenti di valutazione
operativa non hanno le caratteristiche tecniche della rendicontazione
propriamente detta.
La questione risulta oggi del tutto
aperta in ambito canonico poich, se pur vero che il Can. 1287 stabilisce per
gli Amministratori di beni ecclesiastici il dovere di presentare ogni anno il
rendiconto allOrdinario del luogo, tale obbligo, tuttavia, riguarda soltanto
le persone fisiche degli Amministratori e non le persone giuridiche come tali,
mantenendo nella pi assoluta aleatoriet lintera materia suscettibile
– al massimo – di improbabili interventi disciplinari
ad personam (sugli Amministratori, non
sugli Enti). Nulla esiste poi, a livello codiciale, a riguardo delle funzioni
di amministratore proprie dei Vescovi diocesani i quali, come ben evidenziano
alcuni fatti di cronaca, sfuggono ad ogni tipologia di rendicontazione e di
controllo ordinario in campo economico non avendo essi alcun Superiore
propriamente detto al di fuori del romano Pontefice e del Concilio ecumenico.
7. T
IPOLOGIE DI VISITE CANONICHE
Quanto sin qui illustrato, evidenzia
come in ambito canonico non risulti appropriato parlare di visite
tout-court, come se si trattasse di
realt omogenee ed unitarie, poich occorre distinguere tra le visite canoniche
propriamente dette – che il Codice di Diritto canonico non
regolamenta affatto – e la visita c.d. pastorale che, invece, lo
stesso Codice impone al Vescovo diocesano annualmente (o almeno ogni
quinquennio – cfr. Can. 396).
7.1 visita pastorale episcopale
La
visita pastorale unattivit
ordinaria
e
ripetitiva
– ciclica – indirizzata soprattutto alle Comunit
cristiane come tali (= le persone fisiche), Parrocchie prima di tutto, al
fine di manifestare e rinsaldare i legami di conoscenza e fiducia tra il
Vescovo, in quanto Pastore, ed il popolo cristiano affidato, seppure
indirettamente, alle sue cure. In una certa continuit intenzionale coi
prodromi antiereticali del Tardo Medioevo e post-tridentini, indirizzati
essenzialmente al controllo (sia individuale che sociale) della concreta vita
dei battezzati, si tratta di una visita ad ampio spettro, costellata di
celebrazioni ed incontri, soprattutto conoscitivi, finalizzata prima di tutto
alla conoscenza di luoghi e persone, oltre che delle loro specifiche attivit
cultuali, formative, assistenziali: da qui la sua qualificazione come
pastorale, insieme alla sua diretta competenza episcopale. Pur potendo
contenere – e contenendo di fatto – un certo numero anche
di controlli spesso solo formali, soprattutto dei c.d. Registri parrocchiali
(Battesimi e Matrimoni, prima di tutto) e dellamministrazione economica
parrocchiale, la sua informalit per un verso e pubblicit per laltro ne fanno
prima di tutto un
evento relazionale
indirizzato alla
costruzione e
consolidamento delle dinamiche ecclesiali,
con una prevalente propensione
politica
e
strategica in vista del futuro,
piuttosto che in chiave propriamente ispettiva e disciplinare.
In alcune Diocesi italiane,
soprattutto laddove sia stato costituito un apposito Ufficio amministrativo (struttura
extra-codiciale) a servizio delle Parrocchie ed Enti ecclesiastici cattolici,
il suo Responsabile – insieme a personale tecnico – viene
facilmente nominato co-Visitatore del Vescovo con mandato/delega per vere
ispezioni contabili ed amministrative da svolgersi in connessione allattivit
pi espressamente pastorale svolta personalmente dal Vescovo.
Ne sono oggetto specifico: 1) i
Bilanci dellEnte, 2) la contrattualistica (per lutilizzo da parte di terzi di
immobili parrocchiali), 3) gli espletamenti tributari, 4) le posizioni e la
gestione di eventuale personale dipendente (classica la verifica della reale
esistenza e consistenza finanziaria di un Fondo TFR), 5) le Autorizzazioni
amministrative e sanitarie per lesercizio di specifiche attivit diverse dal
culto (circoli, palestre, cinema), 6) lo stato di manutenzione dei fabbricati,
7) le loro coperture assicurative, 8) lesistenza e gestione di Enti
strumentali o connessi allattivit parrocchiale (Soc. polisportive, Circoli
ricreativi, Soc. cooperative, ecc.), 9) le pie volont affidate allEnte,
insieme a quanto, di volta in volta, potrebbe essere causa di prevedibili danni
a persone o cose, oppure sanzioni da parte della Pubblica Amministrazione
civile.
In queste occasioni viene anche posta
speciale attenzione alle attivit di costruzione, consolidamento o restauro dei
fabbricati, soprattutto se vincolati dal punto di vista artistico ed
architettonico, esigendosi – ordinariamente – lesame sia
delle Autorizzazioni, sia della contrattualistica, che dei pagamenti e dei
successivi – necessari – collaudi e Certificati di
agibilit. Anche lesistenza di Mutui a copertura dei costi sostenuti per tali
opere viene analizzata per constatare la regolarit dei pagamenti nonch, se
del caso, la valutazione di eventuali alternative contrattuali meno onerose
(= ristrutturazioni del debito).
Al tradizionale ambito contabile e
giuridico-amministrativo si ormai affiancato in modo strutturale
– in Italia – quello artistico-culturale, affidato
spesso alla competenza dellUfficio diocesano per i beni artistici e culturali
della Chiesa (nella funzione di co-Visitatore), affinch verifichi lo stato e
laggiornamento dellinventariazione dei beni artistici delle Parrocchie
(intrapreso sotto legida della C.E.I. ancora alla fine del secolo scorso), e a
– breve – anche dei beni archivistici.
Eventuali rilievi negativi che
immancabilmente dovessero emergere sia in relazione alle attivit istituzionali
della Parrocchia (= Culto, catechesi, carit), sia – maggioritariamente –
nellutilizzo delle risorse disponibili (= strutture e beni), oppure a
riguardo di qualche peculiare attivit svolta (= scuole, ospizi, cinema),
vengono ordinariamente indirizzati verso la ricerca e sperimentazione di soluzioni
comunque migliorative, spesso attraverso un attivo rapporto con le strutture ed
Istituzioni diocesane preposte al coordinamento delle varie materie ed attivit
(= Ufficio amministrativo, Ufficio per i beni artistici, Caritas, Centri
di servizi, ecc.). questa la linea che in ambito civile viene facilmente
ricondotta alla
compliance, come
consapevolezza condivisa ed impegno comune in vista di una maggior efficacia
operativa.
7.2 visite canoniche amministrative
Dalla visita pastorale (ordinaria e
ripetitiva), generalmente non problematica, si differenziano in modo netto le
visite propriamente
amministrative, di natura maggiormente tecnica e puntuale che
– in modo straordinario e, si spera, non ripetitivo –
possono riguardare particolari situazioni o circostanze della vita di singoli o
di Istituzioni che, invece, risultino presentare problemi di
disciplina, per quanto riguarda le
persone, o di
gestione, in
riferimento a beni ed attivit.
In questottica la tradizione
canonica ha distinto tre sostanziali
tipologie
di visita in relazione alle loro finalit: 1) quella
informativa, diretta ad elaborare una semplice Relazione finale; 2)
quella
correttiva, diretta a
verificare e perseguire la denuncia di abusi circa la disciplina ecclesiastica;
3) quella
riformativa, finalizzata ad
intervenire concretamente sulle condotte dei fedeli e loro attivit. Al di l
della loro tipologia identificativa, dal punto di vista operativo,
ordinariamente, le visite canoniche sindirizzano: 1) alle persone, o 2) alle
cose, oppure 3) agli Enti, assumendo configurazioni molto diverse tra loro
proprio in ragione della diversa natura dei loro destinatari, indipendentemente
da chi le abbia intraprese o commissionate (= lOrdinario proprio o del
luogo o la Santa Sede).
In casi del tutto particolari, soprattutto
la Santa Sede, pu inviare Visitatori presso qualunque Comunit o soggetto
ecclesiale, come accadde – p.es. – nellanno 2010 per le
Diocesi, Seminari e Case religiose irlandesi in seguito ai gravissimi episodi
di pedofilia riscontrati in quelle Chiese.
- La visita alle persone
si configura essenzialmente come incontro
e dialogo con singole persone in
vista sia della raccolta di pareri e valutazioni, sia di informazioni e
testimonianze utili a delineare in modo fondato e compiuto situazioni spesso
presentate ad extra come
problematiche, soprattutto in riferimento alle modalit (= lo stile) di
governo di Circoscrizioni ecclesiastiche o Istituti di vita consacrata (et similia). Lo strumento pu essere
utilizzato anche per le Associazioni (pubbliche) quando, p.es., sia necessario
verificare idee, convinzioni o dichiarazioni, connesse allattivit
associativa, soprattutto in riferimento alloperato degli Organi decisionali.
Anche attivit pastorali o assistenziali affidate a chierici oppure opere
formalmente cattoliche (cfr. Cann. 216; 300) potrebbero richiedere
approfondimenti, soprattutto quando siano implicate dinamiche etiche o
economiche.
- La visita alle cose si
configura come una vera e propria ispezione effettuata attraverso laccesso diretto
a immobili (in prevalenza fabbricati) o attivit (ospedaliera, assistenziale,
formativa, scolastica, sportiva, ecc.) in essi svolte da parte del soggetto
visitato. Lispezione ha come fine specifico quello di portare a conoscenza
dellAutorit – attraverso opportuno rendiconto o Verbale della
visita – le reali condizioni di agibilit, manutenzione,
funzionalit, sicurezza o pericolo, predisposizione o funzionalit, ecc.
riguardanti le cose oppure le attivit in oggetto. Scuole, cliniche, ospizi,
ma anche chiese, oratori, biblioteche ed in generale tutto ci a cui abbiano
accesso le persone, sia in modo pubblico (come le chiese) che in ragione di
particolari rapporti (come scuole e cliniche) possono essere oggetto di visita
da parte della competente Autorit che intenda accertarsi della piena
legittimit e regolarit (sia confessionale che legale) di quanto viene
realizzato in nome della Chiesa, oppure essa stessa abbia commissionato a terzi
nella sua realizzazione (p.es. attraverso Convenzioni), come potrebbe darsi per
una Cooperativa che collabori con la Caritas diocesana per gestire servizi di
mensa, dormitorio, ambulatorio, ecc.
- La visita agli Enti si
configura come un misto tra le tipologie precedenti poich comporta sia
lincontro e dialogo con le persone coinvolte, sia laccesso ad attivit,
immobili e quantaltro in qualche modo riconducibili allEnte ed alla sua
operativit. Spesso la visita ad un Ente ha come proprio focus lambito pi propriamente giuridico, espresso sia attraverso
[a] la contabilit dellEnte, sia [b] la contrattualistica che lo vede
coinvolto, sia [c] la documentazione giuridica istituzionale (Verbali in primis), da cui sia possibile
riscontrare o anche solo rinvenire eventuali malfunzionamenti o abusi che ricadano
in danno dellEnte stesso o di qualche suo avente causa o interesse, con danno
per la Chiesa, sia a livello dimmagine che economico. In tali circostanze
spesso sono i fatti di cronaca (p.es.: un arresto di persona o un sequestro di
materiali), oppure interventi amministrativi (come la chiusura di unattivit o
la sospensione dellerogazione di un servizio) o anche contenziosi con le
Autorit ecclesiali di governo (come un Ricorso gerarchico indirizzato alla
Curia Romana), a sollecitare un tal genere dinterventi.
La strutturale assenza di Norme in
qualche modo generali per lespletamento delle visite amministrative fa s
che, [a] in base al tipo di loro innesco, [b] in base alla materia e [c] a
seconda dellAutorit committente, chi ne riceva lincarico debba poter
realizzare tutte le attivit che meglio permettano di giungere alla piena e
– soprattutto – veritiera delineazione delle situazioni,
circostanze e dinamiche sulle quali sia necessario far chiarezza ed acquisire gli
elementi, almeno sufficienti, per adottare gli eventuali Provvedimenti di
governo esecutivo necessari alla soluzione definitiva della vicenda (
v. infra). Non di meno: la natura
espressamente ispettiva (= inquisitoria) di tali visite conferisce la
libert pi completa nella loro realizzazione, dovendosi comunque porre
attenzione sia alla
liceit che alla
legittimit delloperare, tanto in
riferimento/dipendenza dal Diritto universale (Codici
in primis) che da quello c.d. naturale, soprattutto per ci che
riguarda la dignit e libert (di coscienza) delle persone coinvolte. I
Provvedimenti, i Procedimenti e le Procedure da adottarsi potranno essere,
salvo diversa espressa disposizione dellAutorit committente, gli stessi
ordinariamente a disposizione del governo esecutivo (
v. infra). La lunga attivit ispettiva esercitata dalla Curia
Romana attraverso i secoli fa s che molti Dicasteri, soprattutto quelli pi
radicati storicamente, possiedano se non vere Normative interne, almeno
consolidati
schemi di prassi per la
realizzazione delle visite di loro specifica competenza.
Tra le visite canoniche di carattere
informativo occupano un peculiare rilievo quelle rivolte alla verifica delle
reali condizioni in cui versano specifiche Comunit cristiane in situazioni
che, pur ormai stabilizzate, devono tuttavia essere considerate straordinarie,
come accade, p.es., per i fedeli orientali residenti allinterno dei
territori latini a seguito di emigrazione. prassi consolidata linvio alle
Comunit della diaspora (soprattutto in Europa ed America) di Visitatori da
parte delle Eparchie orientali di provenienza per verificare la loro reale
situazione pastorale e leventuale necessit sia [a] dinviare Pastori propri
per la loro cura pastorale, sia [b] di provvedere alla creazione di vere Parrocchie
(ancora dipendenti dalla locale Gerarchia latina) o anche [c] di istituire vere
Delegazioni o Vicariati direttamente dipendenti dalle Eparchie orientali
dorigine.
A soli fini di completezza di
questa, pur generalissima, illustrazione tipologica, non si pu trascurare una
visita canonica a suo modo speciale: quella regolarmente effettuata ai
Seminari da parte della preposta Congregazione romana (prima Congregazione per
lEducazione cattolica e i Seminari, oggi Congregazione per il Clero). Ciclicamente
infatti la Santa Sede designa dei Vescovi come Visitatori con lo specifico
compito di visitare tutti i Seminari di una determinata Conferenza episcopale
con lobbiettivo di verificare non solo che nei vari Seminari la formazione
avvenga secondo le Norme stabilite, ma pure si intraprendano tutti gli sforzi
necessari ad una sempre maggior efficacia dei percorsi di discernimento
vocazionale e di formazione intellettuale, umana e spirituale dei candidati
allOrdine sacro.
8. S
VOLGIMENTO DELLA VISITA CANONICA
Dal punto di vista operativo la
visita canonica propriamente detta (o amministrativa) si presenta come
unattivit pubblica ed ufficiale di carattere espressamente
ispettivo, svolta dallAutorit o per
suo espresso mandato o delega, essenzialmente indirizzata a raccogliere
elementi, prima di tutto (e per quanto possibile) documentali (o almeno
testimoniali), attraverso i quali sia possibile esercitare le funzioni pi
proprie della vigilanza caratteristica delle Autorit ecclesiali, secondo
giurisdizione e materia. Su tali elementi si fonderanno successivamente le
decisioni che eventualmente risulter necessario assumere, conferendo loro
piena legittimit sostanziale e formale in applicazione del Can. 50
CIC che regolamenta la materia
provvedimentale. La portata – di per s – inopinabile
della documentazione cos acquisita permetter anche allAutorit di governo di
mantenere la propria posizione contro eventuali
Remonstrationes (cfr. Can. 1734) e successivi Ricorsi gerarchici
(cfr. Can. 1737), fino alla Causa giudiziale contro un Dicastero della Curia
Romana presso il Supremo Tribunale della Segnatura apostolica.
Si gi posto in evidenza come la
visita canonica sia concepita nella Chiesa come lo strumento principale per
esercitare concretamente il governo: ogni fedele ed ogni espressione ecclesiale
, di per s, soggetto in linea di principio alla visita dellAutorit
ecclesiastica. questo uno dei corollari dellaffermazione circa la
immediatezza della potest di governo sia del Vescovo diocesano (cfr. Cann.
333 1; 381 1) che del romano Pontefice (cfr. Can. 331: potest che pu
sempre esercitare liberamente), corroborata dallespressa negazione codiciale
della possibilit di non ricevere visita alcuna (cfr. Can. 199, 7). Daltra
parte: allinterno di un Ordinamento giuridico privo di vero
imperium, in quanto non esiste alcuna
– possibile – coercibilit attiva, solo la visita
permette allAutorit di governo di prendere effettivamente atto, formalizzare,
ed eventualmente rendere pubbliche, situazioni e circostanze –
legittimanti oppure
de-legittimanti –, sia di persone che di cose, oppure
situazioni o circostanze, al fine di
urgere
losservanza (cfr. Cann. 54; 392; 678) di quanto la Chiesa ha riconosciuto
e stabilito essere – almeno temporaneamente – pi utile o
vantaggioso ad unautentica vita di fede dei credenti in Cristo. Proprio la
formula tecnica urgere losservanza esprime appieno la reale condizione
suaccennata: nella Chiesa infatti, a differenza che nello Stato, non possibile
imporre alcunch ad alcuno: soltanto si pu – e si
deve – urgere che ciascun soggetto ecclesiale (persona o
Istituzione o Ente) operi mantenendosi entro il limiti indicati
dallOrdinamento affinch vengano conservate la vera fede e la comunione (cfr.
Can. 209).
Nellimpossibilit
– anche espressamente sistematica – dillustrare lintera
panoramica delle visite canoniche teoricamente (e storicamente) possibili, si
ritiene sufficiente in questa sede offrire alcune indicazioni funzionali a loro
riguardo.
- In primo luogo necessario individuare con precisione quale sia
la competente Autorit di governo esecutivo (o amministrativo, che dir si
voglia) legittimata allo svolgimento, diretto o indiretto, della visita di cui
si ravvisi la necessit o, almeno, lutilit. Loperare di un soggetto privo di
appropriata competenza giuridica, infatti, porterebbe inevitabilmente a
configurarsi come ingerenza non solo
illegittima (diversa, cio, dalla Legge) ma spesso anche illecita
(= contraria alla Legge), che violerebbe non solo il Diritto come tale ma
anche, e pi puntualmente, i diritti di persone o Istituzioni, non senza grave
danno sia per gli interessati che per lintero Ordinamento. La questione si
pone per tutti i Superiori e le Autorit ecclesiastiche al di sotto del romano
Pontefice, fatta eccezione per i Dicasteri della Curia Romana che operano ex Lege (cfr. PB 8) con potest vicaria ordinaria del romano Pontefice (cfr. Can.
331): ci che legittima praticamente in ogni circostanza e verso chiunque
linvio del c.d. Visitatore apostolico.
- Per quanto riguarda il Visitatore, necessario che egli venga
individuato in base allattivit che devessere effettivamente svolta: attivit
spesso delegabile, almeno parzialmente, anche se alle volte devessere svolta
da persone dotate di specifiche competenze tecniche (giuridiche o contabili).
Le sole competenze tecniche, tuttavia, spesso non sono sufficienti poich
occorre che il Visitatore sia dotato pure di adeguata potest di governo,
soprattutto nelle visite c.d. correttive o riformative nelle quali si profili
come probabile la necessit di emanare veri Provvedimenti gi durante
lattivit ispettiva (v. supra).
La
potest conferita al Visitatore
riveste unimportanza decisiva poich egli devessere dotato non solo di espresso
potere ispettivo (o investigativo, nel caso delle persone), che si
concretizza nella possibilit di principio di vedere qualunque documento o cosa egli ritenga utile (cos come
anche di chiedere a chiunque ci che ritiene pi opportuno), ma anche di
espresso potere dispositivo, in
ragione del quale emettere eventuali Precetti attraverso cui esigere la
consegna di materiali o la comparizione di persone, pur senza poter
disporre circa le persone come tali, delle quali
– comunque – non un superiore (come accadrebbe,
invece, per un Commissario). La gravit delle situazioni potrebbe richiedere
anche lemanazione di Provvedimenti non individuali (= Decreti anzich
Precetti) ad immediata esecutivit coi quali, p.es., impedire laccesso a determinati
beni, documenti, luoghi, o il trasferimento o sequestro di qualche cosa o la
sospensione di qualche attivit.
- La visita canonica amministrativa, poich attivit pubblica ed
ufficiale ma – soprattutto – straordinaria, deve iniziare con un formale Decreto di indizione,
prontamente notificato al suo destinatario affinch, prima di tutto, prenda
atto della concreta situazione in cui versa dal punto di vista istituzionale;
il Decreto di indizione, poi, ha lo scopo di far s che il visitando si
disponga in modo adeguato allaccoglienza dei Visitatori e ad una efficace
collaborazione. Senza tale comunicazione iniziale i Visitatori, nello svolgere
la loro attivit, risulterebbero a tutti gli effetti degli intrusi ai quali,
doverosamente, occorrerebbe opporsi – anche formalmente –
per tutelare lintegrit di persone e cose, a norma di Diritto.
- La visita canonica si conclude con un Verbale o Relazione da
presentare allAutorit che ha indetto la visita stessa, pur affidandola ad
altri in ragione, spesso, della sua complessit. Acquisite le informazioni
derivanti dalla visita canonica, lAutorit potr disporre con cognizione di causa eventuali
interventi che riterr necessari per risanare, se del caso, la situazione
in oggetto e dare, comunque, indicazioni utili per il futuro.
Pur
in assenza di specifiche disposizioni normative in merito, duso consolidato
– ma risponde anche ad effettiva utilit e necessit
giuridica – che il termine della visita sia sancito da una qualche
formalit con cui si notifica allinteressato lesito della visita stessa. Si tratta, solitamente, di una lettera
o, nei casi pi impegnativi, di un vero e proprio Decretum visitationis (o de
visitatione) in cui lAutorit vigilante pu (o deve) prima di tutto
indicare elementi, fatti, circostanze ed altro che, a suo giudizio, risultino
pi o meno problematici; in secondo luogo la stessa Autorit potrebbe anche
disporre una serie di condotte (attive od omissive) da porsi in atto per
rimediare ai problemi segnalati. Esemplificativamente si pu ricordare che la
recente – pluriennale – visita apostolica agli Istituti
di Vita Consacrata delle Religiose negli Stati Uniti dAmerica (terminata
nellanno 2014) si conclusa con un Rapporto finale presentato addirittura
nella Sala Stampa vaticana: un documento articolato in 12 capitoli, frutto di
un lavoro lungo 3 anni – dal 2009 al 2012 – che ha
coinvolto 341 Istituti religiosi femminili e che, stato affermato in Sala
Stampa, conclude una visita apostolica senza precedenti, il cui esito
risultato largamente favorevole alle visitate.
- Le conseguenze di una visita canonica possono risultare le pi
svariate, potendosi porre sia a livello pastorale,
che disciplinare, che penale. Sono conseguenze pastorali
quelle indirizzate sostanzialmente a valorizzare gli aspetti positivi
riscontrati e a sollecitarne un consolidamento, nellottica della compliance. Sono conseguenze
disciplinari quelle indirizzate a realizzare un nuovo assetto funzionale (per
cose, attivit o Enti) oppure, per le persone, confermare ruoli, funzioni o
Uffici ecclesiastici, oppure allontanare da essi attraverso Provvedimento
esecutivo, normalmente: cessazione nel ruolo/Ufficio per il quale non si
risulti (pi) idonei, oppure trasferimento ad altro ruolo/Ufficio pi adeguato,
quando non si debba – invece – ricorrere alla formale
rimozione (di portata disciplinare). Nelle ipotesi maggiormente problematiche,
soprattutto a causa della portata delittuosa delle condotte esaminate o emerse
attraverso la visita, il risultato potrebbe legittimamente preludere ad un
intervento penale (giudiziale o amministrativo) poich lAutorit committente
potrebbe consegnare al Promotore di Giustizia i dati appurati dai Visitatori
utilizzandoli quali sostanziale investigatio
prvia necessaria per disporre linizio di un Procedimento di natura
penale, secondo il dettato del Can. 1717 che la impone solo a meno che questa
Investigazione non sembri assolutamente superflua, come avviene in caso di
visita canonica.
- Contro il Decretum de
Visitatione, come contro ogni altro Provvedimento esecutivo (cfr. Can.
1732), data possibilit di resistenza od opposizione attraverso gli ordinari
strumenti previsti dal CIC: Remonstratio ed eventuale Ricorso
gerarchico. Tale attivit possibile, di principio, non solo contro
limposizione autoritativa di specifiche condotte ma anche contro la stessa
formulazione del Decreto, nel caso contenesse affermazioni non veritiere (o non sufficientemente circostanziate)
oppure valutazioni non adeguatamente
fondate o lesive di – altri – diritti del soggetto
visitato, di per s estranei allambito in questione. Non si pu infatti
ignorare come un tale Documento, dato e valevole in foro esterno, col suo
rimanere agli Atti della visita intrapresa possa influenzare negativamente il
futuro di persone, attivit ed Istituzioni ledendone in modo illecito la buona
fama e la intimit (cfr. Can. 220).
Al termine di questa carrellata, pi
di inquadramento sostanziale che di descrizione sistematica delle visite
canoniche, non risulta agevole, n probabilmente possibile, trarre vere
conclusioni. Semplicemente occorre prendere atto che la lunga tradizione
normativa e laltrettanto longeva prassi, soprattutto pontificia, hanno finito
per cristallizzare la materia entro confini tanto specifici quanto marginali
allinterno dellOrdinamento canonico, mantenendola quale tipico ambito di
Diritto consuetudinario: applicabile di
principio, per quanto in modalit del tutto a-formali, come ben si addice ad un
Ordinamento giuridico che solo formalmente ha assunto caratteristiche
codiciali.