Episkop e vigilanza amministrativa nellOrdinamento canonico


1. Premessa

Per partecipare in modo proficuo ad un confronto interdisciplinare sul tema delle visite/ispezioni di carattere amministrativo in ambito canonico pare utile limitarsi ad un livello metodologico, espressamente indirizzato a fornire chiavi di lettura ed eventuale inquadramento di quanto i diversi ricercatori possono incontrare nelle loro indagini: alcuni elementi ermeneutici ed euristici per orientare comprensione e ricerca di quanto risulta pi specificamente canonico, rispetto a quanto pi proprio dellambito civile, tutelando altres la differenza che passa tra i diversi approcci: storico-archivistico da una parte, tecnico-giuridico dallaltra.

Un tale approccio previo si rende necessario poich lanalisi e lo studio di questambito del Diritto della Chiesa deve tener conto che un certo numero di elementi dellOrdinamento canonico – pure se strutturali – non sono per stati autonomamente e puntualmente istituzionalizzati e regolamentati a livello normativo esplicito nel c.d. Diritto canonico classico (= pre-codiciale), per quanto la loro presenza ed operativit nella vita della Chiesa, seppure a diversi titoli e sotto differenti configurazioni e competenze, non sia minimamente dubitabile, derivando in massima parte dal Diritto consuetudinario. Ci motiva, non di meno, anche limpossibilit di trattare attualmente la materia riferendosi primariamente (ed esclusivamente) al Codice di Diritto Canonico, che la conosce in modo estremamente riduttivo nella sola forma pastorale (cfr. Cann. 396; 397; 398; 555; 683) ma non declina affatto la generalit dellistituto, rimandando – anche in questambito – alle diverse prassi plurisecolari consolidatesi in materia, soprattutto a livello pontificio.

 

2. ORIGINARIET DELLA EPISKOP NELLA CHIESA

In primo luogo occorre considerare come fin dallinizio nella Comunit cristiana si sia fatta strada ed affermata una specifica funzione (mutuata dalla struttura operativa delle Sinagoghe della Diaspora giudaica) chiamata episkop (da cui Episcopus e poi, cristianamente, Vescovo): visita, vigilanza, soprintendenza, valutazione, giudizio, sia con accezione negativa (= condanna) che positiva (= cura, accompagnamento) . Il termine operativo affiancato dal sostantivo personale episkopos le cui ricorrenze neotestamentarie sono numericamente significative (= oltre la decina), pur se non paragonabili allaltra radice istituzionalmente rilevante: presbyter (da cui Presbitero) che ricorre circa settanta volte, per quanto spesso in modo del tutto generico (nel senso comune di anziano). Proprio tale sbilanciamento semantico permette di cogliere un differente ruolo/funzione tra i due proto-ministeri ecclesiastici (che diventeranno in seguito gradi del Sacramento dellOrdine), soprattutto considerando che il primo indica espressamente unattivit (= lazione di vigilare/visitare/verificare/custodire/curare) e finanche un vero ufficio, mentre il secondo principalmente una condizione effettiva o funzionale (= lessere anziano), sebbene a tale condizione corrisponda poi, in seconda battuta, un certo numero di attribuzioni anche operative e funzionali. In questottica non inutile evidenziare come i due termini siano utilizzati nel Nuovo Testamento per indicare persone e loro funzioni divenute diverse nel tempo, soprattutto nelle c.d. Lettere pastorali (deutero-paoline): lEpiskopos il successore dellApostolo (cos Tito e Timoteo), mentre i Presbyteroi sono coloro che hanno compiti di responsabilit e guida allinterno delle Comunit (coloro che lo stesso Apostolo stabil nelle diverse Comunit dellAsia minore rientrando dal primo viaggio missionario – cfr. At 14,23). inoltre interessante lutilizzo di episkop fatto in Lc 19,44 e 1Pt 2,12 espressamente come visita in senso valutativo giudiziale (o giudiziario, in termini civilistici): la visita/venuta escatologica del Messia, coincidente, di fatto, col giudizio stesso di Dio.

Il dato ecclesiale originario mostra dunque come, al di l dei rivestimenti e delle stratificazioni pastorali, sacrali, spirituali e teologiche dei secoli a venire, lEpiscopus – prima di diventare pastor, sacerdos e pontifex – era colui che visitava/vigilava nei confronti della vita delle Comunit cristiane. Un ruolo che, almeno inizialmente, non coincideva in toto con quello di guida e referente ultimo della Comunit (= il Pastore). Le Lettere di santIgnazio dAntiochia alla met del II secolo, in realt, danno gi prova dellavvenuta identificazione delle diverse funzioni nellunica persona/ministero del Vescovo c.d. monarchico. In questo modo la precocissima sovrapposizione ed identificazione delle due originarie funzioni, al di l del nome, lasci ben poco delloriginaria funzione quando, con laffermarsi dellepiscopato monarchico, il Vescovo divenne prima di tutto il successore degli Apostoli, Capo della Comunit cristiana, referente primo ed ultimo di quanto avveniva in ciascuna Chiesa particolare. Quando poi, dal IV sec., progressivamente la sua figura e le sue referenze e funzioni assunsero portata giuridica sempre pi generale anche in ambito civile (per concessione in Oriente, per necessit in Occidente) la sua divenne sempre pi auctoritas e potestas, facendone lAutorit apicale ed il Giudice allinterno della propria Chiesa, inglobando di fatto loriginaria funzione ispettiva entro quelle pi genericamente di governo.

3. OGGETTO DELLA EPISKOP ECCLESIALE

Passando dalla funzione in s, nella sua forma originaria, al suo specifico oggetto maturato progressivamente nella prassi lungo i tempi, va considerato come nei primi secoli cristiani il Vescovo non fosse, prima di tutto, il censor dei costumi o delle attivit individuali o di quelle che non erano ancora vere Istituzioni ecclesiali; la sua presenza era fondamentale, invece, quale garanzia della qualit teologica delle attivit ecclesiali: a questo, infatti, sindirizzavano le sue principali preoccupazioni.

Prima, infatti, di assumere – in epoca alto-medievale – le caratteristiche pi proprie dellAbbas, vero responsabile anche in coscienza della santificazione dei suoi monaci, il Vescovo era colui che doveva garantire e difendere lintegrit della fede comunitaria e la comunione ecclesiale, come ben visibile nella Chiesa antica. Questa fu infatti la sua funzione pi evidente fino almeno al VII secolo, sia nelle questioni dogmatiche che impegnarono Sinodi e Concili, sia nel consolidamento della struttura istituzionale ecclesiastica e del suo ordinato funzionamento, soprattutto con laumentare del numero di chierici ed il loro trasferirsi dalle citt verso le campagne, a distanze sempre maggiori dal Vescovo.

Il Concilio locale di Tarragona (anno 516) fiss formalmente la ricorrenza annuale della gi tradizionale visita episcopale, ribadita poi da vari Concili ispanici fino al sec. VII, per quanto solo alle chiese (cfr. Can. 8), consolidando una prassi che venne generalizzata un po dovunque, specialmente in Italia e in Francia sotto il pontificato di san Gregorio magno, divenendo in seguito oggetto anche di varie Decretali pontificie. Nel Decretum Gratiani la visita canonica presente soprattutto in considerazione delle eccessive esazioni che i Vescovi pretendevano riscuotere in tali circostanze: fattore che prova la solidit ed ampiezza della prassi, per quanto nullaltro sembri specificato a suo riguardo.

Dopo un ristagno nei secc. XIII-XV, la visita canonica fu definitivamente imposta e – finalmente – regolamentata giuridicamente dal Concilio di Trento, pi come onere che come diritto dei Vescovi diocesani, divenendo espressione classica della riforma cattolica fino alla codificazione del 1917 che la recep (nella sola modalit episcopale-diocesana) nei  Cann. 343-345; prospettiva confermata – e semplificata – nellattuale Codice canonico (cfr. Cann. 396-397).

Dal punto di vista dellevoluzione dellistituto giuridico, la corretta comprensione della visita canonica non pu prescindere dal progressivo affermarsi del sistema beneficiale (di origine germanica) quale modalit ordinaria di sostentamento del clero che introdusse, in Occidente, un elemento nuovo e, pi ancora, nuove dinamiche relazionali tra Vescovi e chierici, non solo marcando in modo sempre pi netto la reciproca separazione e distanza, ma pure assorbendo sia la struttura che le funzioni ecclesiali di governo allinterno di quelle feudali, trasformando radicalmente sia la figura del Vescovo che la sua funzione di vigilanza, come mostra anche laffermarsi di una delle maggiori espressioni della concezione feudale del governo: lesenzione, attraverso cui i Papi sottrassero al controllo episcopale (che si esprimeva principalmente nella visita canonica) la maggior parte degli Istituti religiosi che nascevano dal XII sec. segnando cos il passaggio dalla condizione sui Iuris tipica dei Monasteri a quella pontificii Iuris dei maggiori Istituti religiosi.

Fu principalmente nei periodi di riforma della Chiesa, soprattutto a partire da quella gregoriana dellXI sec., che il Vescovo assunse una specifica funzione di controllo della vita del clero (simonia degli Uffici ecclesiastici e concubinato, prima di tutto) indirizzando la propria attenzione in modo specifico alle persone dei chierici, anche perch molti dei Benefici annessi ad Uffici ecclesiastici e molti Uffici ecclesiastici stessi non dipendevano affatto dal Vescovo: il fenomeno diffusissimo delle c.d. chiese proprie e le varie Cappellanie laicali, oltre ai numerosissimi Monasteri, costituivano infatti veri ambienti stagni dal punto di vista istituzionale, nei quali i Vescovi non potevano ingerirsi praticamente il alcun modo.

Diversa era la vigilanza sulla vita del clero il quale, pur fuori dal legame giuridico dellIncardinazione – sostituita allora dal Titulus Ordinationis – non poteva prescindere da rapporti di fatto costitutivi col Vescovo, il quale poteva sempre ricorrere allextrema ratio della Sospensione o anche solo dellInterdetto, che avrebbero impedito ai loro destinatari di poter svolgere lUfficio sacro o, almeno, una sua parte e, in tal modo, di goderne pure i frutti (beneficiali), rischiando cos (almeno di fatto) anche la perdita dello stesso Ufficio in ragione della intervenuta impossibilit di adempierlo a favore dei suoi finanziatori.

Anche dal punto di vista economico la reale possibilit di vigilanza episcopale era piuttosto esigua, riducendosi quasi esclusivamente ai patrimoni beneficiali di diretta propriet ecclesiastica (situazione piuttosto diffusa in Italia ma del tutto marginale nel resto dEuropa): gli unici sui quali i Vescovi potessero esercitare diritti e facolt, anche se ratione dominii e non ratione Officii.

Fu, probabilmente, solo a partire dai Concili lateranensi del XIII sec. che la presa ormai totale del potere ecclesiastico sulla christianitas permise di esercitare pi concretamente lepiskop verso una triplice tipologia di attivit: 1) quella pastorale (in relazione ai doveri derivanti dallUfficio ecclesiastico ricoperto, soprattutto per quanto riguarda i Sacramenti e la predicazione connessi alla c.d. cura danime); 2) quella individuale (in relazione allo status personale, dei chierici soprattutto); 3) quella economica (in relazione ai beni espressione di pia volont).

4. NATURA INQUISITORIA DEL DIRITTO CANONICO E VIGILANZA CANONICA

Tra gli elementi e fattori da non ignorare in materia di visite canoniche, merita una specifica attenzione il fatto che il sistema canonico si sia formato in larga parte su base pubblicistica (= inquisitoria) anzich privatistica (= rivendicatoria), come daltra parte ben corrisponde alla sua natura pi profonda. In questa prospettiva occorre osservare che, mentre in ambito statuale la maggior parte delle Norme amministrativistiche sono derivate (per nomogenesi ordinaria) dal contenzioso tra cittadini e P.A., in ambito canonico invece la maggior parte delle Norme utilizzate poi in sede di visita sono sorte per espressa volont politica, normalmente in sede conciliare: cos stato di fatto per la maggior parte delle Norme c.d. disciplinari emanate dai Concili fin dallAntichit; si pensi a quelle sulle Ordinazioni presbiterali ed episcopali gi del Concilio di Calcedonia (anno 451), si passi ai Concili lateranensi e si termini con Trento. La Norma canonica pre-codiciale – quindi: il Diritto canonico in s –, daltra parte, non sostanzialmente costruttiva (= strutturante) dellOrdinamento giuridico ma tutoria (= funzionale): si aggiunge cio alla vita ecclesiale per dare forma e misura a quanto gi viene realizzato allinterno della Comunit cristiana. La Norma canonica infatti non crea la Comunit ecclesiale, come accade invece per le Costituzioni contemporanee di cui le Leggi sono formali esplicitazioni, ma le indica i criteri per la sua (auto-)legittimazione, data la volontariet del permanere al suo interno.

In questa prospettiva, sebbene siano state soprattutto le eresie a polarizzare la maggior parte dellattivit inquisitoriale (facendone addirittura unIstituzione autonoma), gi i Vescovi che accompagnavano i Missi dominici dallEt carolingia sottoponevano ad esame, luogo per luogo, quasi ogni aspetto della vita individuale sia dei fedeli che, pi ancora, dei chierici. Si collocano in questa prospettiva i due Libri delle Inquisizioni sinodali redatti da Reginone di Prums alla met dellXI secolo.

Proprio in derivazione dalla natura inquisitoria dellOrdinamento canonico, occorre considerare come una parte significativa di Norme canoniche sia nata con unesplicita funzione e configurazione ad vigilandum (configurazione che continua a mantenersi): si tratta cio di Norme che non hanno alcuna reale utilit a livello di strutturazione dellOrdinamento come tale, n giovano concretamente allattivit ordinaria della Chiesa, ma costituiscono veri e propri cateteri o back-door che permettono allAutorit di introdursi a suo piacimento e discrezione in particolari situazioni operative (come lamministrazione dei Sacramenti o dei beni ecclesiastici) oppure esistenziali (come lo status delle persone appartenenti ad Ordines) con esplicite finalit disciplinari e sanzionatorie. Gli esempi pi palesi riguardano le Norme sui c.d. doveri e diritti dei chierici (Cann. 273-289) e dei Parroci (Cann. 528-530): siano esse positive (cio: impongano) o negative (cio: vietino) di tutta evidenza la loro espressa finalizzazione ispettiva con finalit disciplinare. Ci sono cose che i chierici in genere ed i Parroci in specie devono fare o non possono fare: la cosa tanto pi evidente se si considerano e paragonano, da una parte, la puntigliosit di alcune prescrizioni di questo tipo e, dallaltra, la genericit pressoch totale di molte altre di natura, di per s, programmatica o strutturale.

Canonicamente, poi, merita attenzione il fatto che lattivit di visita abbia pi le caratteristiche di una posizione di principio che di un vero istituto tecnico-giuridico, come ben mostra il Can. 199, 7 del Codice latino vigente, secondo cui nessuno mai pu – n potr – sottrarsi ad essa, n si d prescrizione a suo riguardo quasi che i fedeli non possono essere visitati da nessuna Autorit ecclesiastica e non siano pi soggetti ad alcuna Autorit, dovendosi ritenere la visita come espressione peculiare e concretizzazione tipica del governo, da una parte, e dellobbedienza, dallaltra, menzionata nello stesso Canone come secondo polo (pensando ad una batteria elettrica) o fuoco (pensando ad una ellisse) della stessa dinamica.

5. NON GERARCHICIT DELLA EPISKOP ECCLESIALE

Soprattutto nel paragone diretto tra ispezioni civilistiche e visite canoniche ai nostri giorni occorre considerare un elemento caratteristico – e forse esclusivo – dellOrdinamento canonico, collocato a livello di struttura stessa della Chiesa: se si eccettuano infatti gli Istituti religiosi (che hanno spesso una rigida struttura gerarchica interna), nella Chiesa non esiste subordinazione gerarchica tra Enti, neppure pubblici. La struttura gerarchica della Chiesa, infatti, riguarda le sole persone fisiche (dei chierici) e si articola per Uffici ecclesiastici affidati in modo personale/fiduciario e non comporta, almeno storicamente, rendicontazioni centralizzate ed organiche, come sarebbe per Amministratori periferici e parziali di un patrimonio unitario, comՏ quello dello Stato moderno. Daltra parte il sistema beneficiale funzionava su base pressoch enfiteutica cosicch una volta valido il Titolo di possesso del Beneficio (= Titulus Ordinationis, per i chierici), su cui spesso neppure il Vescovo aveva diritti, tutto il resto – eccettuata lalienazione e la distruzione del bene – ricadeva nella piena ed esclusiva competenza del beneficiario che si comportava da vero usufruttuario, senza che alcuno potesse intervenire se non per via espressamente penale (e quindi: civilistica).

La questione risalta tanto maggiormente per il fatto che nella Chiesa cattolica gli Enti, come oggi comunemente intesi, non esistevano fino al CIC del 1983. Le universitates personarum et bonorum avevano infatti la qualifica di persone morali, capaci, cio, di operare in modo paragonabile alle persone fisiche – esprimendo soprattutto volont contrattuale – ma erano prive di una propria concreta identit e responsabilit, tanto da non poter neppure delinquere (secondo il principio romanistico: societas delinquere non potest). Soprattutto non esisteva rapporto alcuno con la spazialit territoriale in senso socio-politico: gli stessi concetti di Parrocchia e di Diocesi, infatti, non erano (e non sono) territoriali ma semplicemente perimetrali, designando soltanto i fines entro i quali si esercita la Iurisdictio di Parroci e Vescovi: Iurisdictio che (stata) sempre e solo sulle persone fisiche. La cosa si chiarisce ulteriormente se si considera che la parte immobiliare del Beneficium annesso ai singoli Officia, quale fonte di sostentamento dei loro titolari, poteva tranquillamente trovarsi fuori dei confini della Parrocchia o della Diocesi di riferimento, come accadde spesso dal Tardo Medioevo con le c.d. Commende assegnate ad ecclesiastici (o neppure tali) tuttaltro che residenti e, spesso, neppure esercitanti lUfficio ecclesiastico ad esse connesso (affidato di solito a chierici stipendiati ad hoc).

Il sistema beneficiale, inoltre, funzionava in modo del tutto autonomo rispetto alle Autorit ecclesiastiche locali le quali, nella maggior parte dei casi, potevano soltanto verificare la validit e legittimit dellacquisizione di un determinato Titulus/Officium, o porre condizioni per conseguirlo, senza per poter interferire molto oltre. Erano, infatti, i singoli chierici che decidevano in modo autonomo di (provare ad) accedere a Tituli diversi da quello originariamente posseduto, come accadeva quando qualche Ufficio ecclesiastico (adeguatamente beneficiato – sic!) diventava vacante, per morte o per rinuncia del titolare. Soppresso il sistema beneficiale, la mobilit del clero non pi spontanea ed autonoma ma oggi viene gestita in massima parte dallAutorit ecclesiastica locale (= i Vescovi), senza che tuttavia sia cambiato praticamente nulla per quanto riguarda gli Enti canonici, i quali permangono connessi per Legge quanto ad amministrazione e rappresentanza ad alcuni Uffici ecclesiastici (Parroci e Vescovi diocesani, in primis) ma non organizzati tra loro, tanto meno in modo gerarchico.

La differenza con lo Stato moderno totale poich tale Stato prima di tutto un soggetto unitario dotato di supremazia il quale possiede e gestisce, ben prima dei singoli proprietari, lintero territorio di sua pertinenza, anche se ci viene messo in opera attraverso Enti territoriali parziali e gerarchicamente suddivisi ed articolati: Regioni, Province, Comuni, Municipalit, ecc. cui si aggiungono altri Enti funzionali esercitanti specifiche competenze, come quelle sanitarie o energetiche.

6. EPISKOP E RENDICONTAZIONE

Conseguenza diretta della non gerarchicit degli Enti canonici anche, come gi anticipato, lassenza di una rendicontazione centralizzata ed organica: una episkop strutturale, come accade invece per le Amministrazioni periferiche e parziali di un patrimonio unitario qual quello dello Stato rispetto alle Pubbliche Amministrazioni.

In questo contesto la visita si configura (e cos stato anche storicamente) come lunica possibilit di esercitare lepiskop allinterno di unorganizzazione eminentemente personale che non implica alcuna rendicontazione, data lindipendenza soprattutto economica tra Enti.

In questa prospettiva non si pu trascurare un altro fattore: il sistema canonico non cresciuto n si articolato per suddivisione gerarchica di ununica realt complessiva (= la Chiesa universale); non si trattato, cio, di progressivo partizionamento e correlativa decentralizzazione, come lImpero Romano che fu diviso ora in Province, ora in Diocesi affidate a Prefetti, Governatori, ecc. Il sistema canonico, invece, cresciuto in modo collaterale ampliando progressivamente le aree di attivit e creando in esse nuovi centri gestionali della vita ecclesiale in un sostanziale parallelismo perimetrale tra le diverse entit istituzionali che ha moltiplicato le realt (anche scorporandole e riducendone le dimensioni) ma non le ha suddivise al loro interno gerarchizzandole. significativa in proposito lattivit di santAgostino che divise la Diocesi, scorporandone una parte, affinch il nuovo Vescovo potesse meglio provvedere alle problematiche dello scisma donatista maggiormente presente in quella parte di territorio. Il meccanismo tuttora funzionante attraverso le Cappellanie, le quasi-Parrocchie, le Amministrazioni ed i Vicariati apostolici: tutti dispositivi istituzionali che – generalmente – accompagnano linstaurarsi di nuove realt ecclesiali che progressivamente diventeranno autonome ed indipendenti una volta raggiunta unadeguata consistenza e solidit sia di persone che di funzioni che di risorse economiche. A quel punto, per, saranno pienamente autonome: parallele ed equivalenti alle altre gi esistenti, mentre non saranno autonomi i titolari degli Uffici ecclesiastici apicali loro preposti. Ci a maggior ragione per le moltissime realt ecclesiali (originariamente: chiese proprie, Cappellanie laicali, Collegiate, Monasteri, ecc.) che non abbiano ricevuto i propri beni per via gerarchica ma per apporti extra-ecclesiastici (come fondazioni, eredit, donazioni), profilando circostanze strutturali in cui non riscontrabile alcuna ratio per la quale un non dominus, comera il Vescovo rispetto ai Benefici, potesse ingerirsi nella loro gestione anche solo esigendo formali rendiconti. A maggior ragione per il fatto che tutto il frutto beneficiale rivestiva le caratteristiche del bene privato, inaccessibile per qualunque Autorit esterna.

Ulteriori due elementi differenziano in modo strutturale i presupposti della (non)rendicontazione canonica rispetto a quella civilistica: laspetto tributario ed i servizi pubblici.

- Dal punto di vista tributario la struttura ecclesiale funziona in modo inverso a quella statuale: nello Stato, infatti, sono i cittadini che – in modo coattivo – versano allo Stato i Tributi e le Imposte, allinterno di un sistema di sostanziale centralizzazione della raccolta tributaria cui dovrebbe far seguito un ri-trasferimento di tali risorse verso i contribuenti stessi tramite i vari Enti pubblici, a partire da quelli c.d. locali (Comuni, in primis). Nella Chiesa, al contrario, non esiste alcun sistema tributario centrale capace di incidere immediatamente e coattivamente sulle persone dei singoli fedeli: sono invece le persone giuridiche pubbliche che hanno rapporti immediati coi fedeli (in particolare le Parrocchie) a versare Imposte e Tributi alle persone giuridiche pure pubbliche prive per di rapporti immediati coi fedeli, quali sono le Diocesi, per quanto il Codice regolamenti questambito sempre in funzione del Vescovo diocesano e non dellEnte Diocesi.

         In tal modo nello Stato si assiste ad un costante trasferimento di denaro dal vertice (che lo ha raccolto autonomamente) alla base del sistema, entro le dinamiche di un rigido controllo di assegnazioni ed erogazioni delle somme in questione; dinamiche che impongono lesigenza strutturale della rendicontazione gerarchica e che in essa trovano uno dei loro maggiori strumenti operativi, come accade con lapprovazione dei Bilanci degli Enti pubblici ed il loro sindacato giudiziario da parte della Corte dei Conti (in Italia). Canonicamente, al contrario, i contributi dei fedeli alla Chiesa sono di origine volontaria ed attribuzione immediata, mentre il sistema tributario canonico non fa altro che imporre agli Enti soggetti a vigilanza economica (come sono le Parrocchie e altre persone giuridiche pubbliche – cfr. Can. 1263) il trasferimento di una modesta percentuale (max 5%) allEnte presieduto da chi esercita tale vigilanza (= la Diocesi, presieduta dal Vescovo diocesano). Nessuna norma tributaria, poi, impone alcunch alle Diocesi nei confronti della Santa Sede alla quale, semplicemente, i Vescovi (non le Diocesi – sic) inviano contributi volontari in base alle disponibilit di ciascuna Diocesi (cfr. Can. 1271).

- Strettamente connesso allaspetto tributario risulta, almeno negli Stati c.d. sociali o del benessere (welfare), laspetto dei c.d. servizi pubblici che lo Stato eroga ai cittadini (e anche non tali) soprattutto in ragione della raccolta tributaria gi effettuata presso larga parte degli stessi. In tale contesto buona parte delle somme che lo Stato trasferisce agli Enti pubblici (Enti locali o Aziende pubbliche) non destinata soltanto alla loro esistenza e funzionalit di base (a presidio del territorio o di specifiche funzioni statali) ma, piuttosto, allerogazione da parte loro di veri e propri servizi pubblici, spesso al pari di quelli che anche lattivit dimpresa pu erogare come prestazione contrattuale (privata): comՏ per la sanit, la scuola, la previdenza, i trasporti, ecc. Anche in questambito la rendicontazione degli Enti pubblici civili ed il suo controllo risultano strutturali.

         La dinamica completamente diversa a livello ecclesiale poich nella Comunit cristiana non esistono servizi pubblici ma semplici referenti istituzionali di specifiche attivit che, di per s, sono proprie dei fedeli come tali. Lesempio maggiormente significativo quello dei Sacramenti: sono i fedeli come tali, infatti, i principali attori della dinamica ed attivit sacramentale; la cosa palese se si eccettua la santa Messa che, per motivi funzionali viene celebrata in modo programmato: tutti gli altri Sacramenti dipendono invece dalla richiesta dei fedeli al ministro che ne abbia la referenza territoriale (in base al domicilio parrocchiale o diocesano – cfr. Can. 102), a partire dal Parroco. Che non si tratti di servizi offerti ai fedeli ma di richiesta da parte loro palese, soprattutto in ragione della corrispondenza pressoch immediata tra frequentazione/richiesta e celebrazione. In questo contesto, eventuali Relazioni sullattivit pastorale ed altri strumenti di valutazione operativa non hanno le caratteristiche tecniche della rendicontazione propriamente detta.

 

La questione risulta oggi del tutto aperta in ambito canonico poich, se pur vero che il Can. 1287 stabilisce per gli Amministratori di beni ecclesiastici il dovere di presentare ogni anno il rendiconto allOrdinario del luogo, tale obbligo, tuttavia, riguarda soltanto le persone fisiche degli Amministratori e non le persone giuridiche come tali, mantenendo nella pi assoluta aleatoriet lintera materia suscettibile – al massimo – di improbabili interventi disciplinari ad personam (sugli Amministratori, non sugli Enti). Nulla esiste poi, a livello codiciale, a riguardo delle funzioni di amministratore proprie dei Vescovi diocesani i quali, come ben evidenziano alcuni fatti di cronaca, sfuggono ad ogni tipologia di rendicontazione e di controllo ordinario in campo economico non avendo essi alcun Superiore propriamente detto al di fuori del romano Pontefice e del Concilio ecumenico.

7. TIPOLOGIE DI VISITE CANONICHE

Quanto sin qui illustrato, evidenzia come in ambito canonico non risulti appropriato parlare di visite tout-court, come se si trattasse di realt omogenee ed unitarie, poich occorre distinguere tra le visite canoniche propriamente dette – che il Codice di Diritto canonico non regolamenta affatto – e la visita c.d. pastorale che, invece, lo stesso Codice impone al Vescovo diocesano annualmente (o almeno ogni quinquennio – cfr. Can. 396).

7.1 visita pastorale episcopale

La visita pastorale unattivit ordinaria e ripetitiva – ciclica – indirizzata soprattutto alle Comunit cristiane come tali (= le persone fisiche), Parrocchie prima di tutto, al fine di manifestare e rinsaldare i legami di conoscenza e fiducia tra il Vescovo, in quanto Pastore, ed il popolo cristiano affidato, seppure indirettamente, alle sue cure. In una certa continuit intenzionale coi prodromi antiereticali del Tardo Medioevo e post-tridentini, indirizzati essenzialmente al controllo (sia individuale che sociale) della concreta vita dei battezzati, si tratta di una visita ad ampio spettro, costellata di celebrazioni ed incontri, soprattutto conoscitivi, finalizzata prima di tutto alla conoscenza di luoghi e persone, oltre che delle loro specifiche attivit cultuali, formative, assistenziali: da qui la sua qualificazione come pastorale, insieme alla sua diretta competenza episcopale. Pur potendo contenere – e contenendo di fatto – un certo numero anche di controlli spesso solo formali, soprattutto dei c.d. Registri parrocchiali (Battesimi e Matrimoni, prima di tutto) e dellamministrazione economica parrocchiale, la sua informalit per un verso e pubblicit per laltro ne fanno prima di tutto un evento relazionale indirizzato alla costruzione e consolidamento delle dinamiche ecclesiali, con una prevalente propensione politica e strategica in vista del futuro, piuttosto che in chiave propriamente ispettiva e disciplinare.

In alcune Diocesi italiane, soprattutto laddove sia stato costituito un apposito Ufficio amministrativo (struttura extra-codiciale) a servizio delle Parrocchie ed Enti ecclesiastici cattolici, il suo Responsabile – insieme a personale tecnico – viene facilmente nominato co-Visitatore del Vescovo con mandato/delega per vere ispezioni contabili ed amministrative da svolgersi in connessione allattivit pi espressamente pastorale svolta personalmente dal Vescovo.

Ne sono oggetto specifico: 1) i Bilanci dellEnte, 2) la contrattualistica (per lutilizzo da parte di terzi di immobili parrocchiali), 3) gli espletamenti tributari, 4) le posizioni e la gestione di eventuale personale dipendente (classica la verifica della reale esistenza e consistenza finanziaria di un Fondo TFR), 5) le Autorizzazioni amministrative e sanitarie per lesercizio di specifiche attivit diverse dal culto (circoli, palestre, cinema), 6) lo stato di manutenzione dei fabbricati, 7) le loro coperture assicurative, 8) lesistenza e gestione di Enti strumentali o connessi allattivit parrocchiale (Soc. polisportive, Circoli ricreativi, Soc. cooperative, ecc.), 9) le pie volont affidate allEnte, insieme a quanto, di volta in volta, potrebbe essere causa di prevedibili danni a persone o cose, oppure sanzioni da parte della Pubblica Amministrazione civile.

In queste occasioni viene anche posta speciale attenzione alle attivit di costruzione, consolidamento o restauro dei fabbricati, soprattutto se vincolati dal punto di vista artistico ed architettonico, esigendosi – ordinariamente – lesame sia delle Autorizzazioni, sia della contrattualistica, che dei pagamenti e dei successivi – necessari – collaudi e Certificati di agibilit. Anche lesistenza di Mutui a copertura dei costi sostenuti per tali opere viene analizzata per constatare la regolarit dei pagamenti nonch, se del caso, la valutazione di eventuali alternative contrattuali meno onerose (= ristrutturazioni del debito).

Al tradizionale ambito contabile e giuridico-amministrativo si ormai affiancato in modo strutturale – in Italia – quello artistico-culturale, affidato spesso alla competenza dellUfficio diocesano per i beni artistici e culturali della Chiesa (nella funzione di co-Visitatore), affinch verifichi lo stato e laggiornamento dellinventariazione dei beni artistici delle Parrocchie (intrapreso sotto legida della C.E.I. ancora alla fine del secolo scorso), e a – breve – anche dei beni archivistici.

Eventuali rilievi negativi che immancabilmente dovessero emergere sia in relazione alle attivit istituzionali della Parrocchia (= Culto, catechesi, carit), sia – maggioritariamente – nellutilizzo delle risorse disponibili (= strutture e beni), oppure a riguardo di qualche peculiare attivit svolta (= scuole, ospizi, cinema), vengono ordinariamente indirizzati verso la ricerca e sperimentazione di soluzioni comunque migliorative, spesso attraverso un attivo rapporto con le strutture ed Istituzioni diocesane preposte al coordinamento delle varie materie ed attivit (= Ufficio amministrativo, Ufficio per i beni artistici, Caritas, Centri di servizi, ecc.). questa la linea che in ambito civile viene facilmente ricondotta alla compliance, come consapevolezza condivisa ed impegno comune in vista di una maggior efficacia operativa.

7.2 visite canoniche amministrative

Dalla visita pastorale (ordinaria e ripetitiva), generalmente non problematica, si differenziano in modo netto le visite propriamente amministrative, di natura maggiormente tecnica e puntuale che – in modo straordinario e, si spera, non ripetitivo – possono riguardare particolari situazioni o circostanze della vita di singoli o di Istituzioni che, invece, risultino presentare problemi di disciplina, per quanto riguarda le persone, o di gestione, in riferimento a beni ed attivit.

In questottica la tradizione canonica ha distinto tre sostanziali tipologie di visita in relazione alle loro finalit: 1) quella informativa, diretta ad elaborare una semplice Relazione finale; 2) quella correttiva, diretta a verificare e perseguire la denuncia di abusi circa la disciplina ecclesiastica; 3) quella riformativa, finalizzata ad intervenire concretamente sulle condotte dei fedeli e loro attivit. Al di l della loro tipologia identificativa, dal punto di vista operativo, ordinariamente, le visite canoniche sindirizzano: 1) alle persone, o 2) alle cose, oppure 3) agli Enti, assumendo configurazioni molto diverse tra loro proprio in ragione della diversa natura dei loro destinatari, indipendentemente da chi le abbia intraprese o commissionate (= lOrdinario proprio o del luogo o la Santa Sede).

In casi del tutto particolari, soprattutto la Santa Sede, pu inviare Visitatori presso qualunque Comunit o soggetto ecclesiale, come accadde – p.es. – nellanno 2010 per le Diocesi, Seminari e Case religiose irlandesi in seguito ai gravissimi episodi di pedofilia riscontrati in quelle Chiese.

- La visita alle persone si configura essenzialmente come incontro e dialogo con singole persone in vista sia della raccolta di pareri e valutazioni, sia di informazioni e testimonianze utili a delineare in modo fondato e compiuto situazioni spesso presentate ad extra come problematiche, soprattutto in riferimento alle modalit (= lo stile) di governo di Circoscrizioni ecclesiastiche o Istituti di vita consacrata (et similia). Lo strumento pu essere utilizzato anche per le Associazioni (pubbliche) quando, p.es., sia necessario verificare idee, convinzioni o dichiarazioni, connesse allattivit associativa, soprattutto in riferimento alloperato degli Organi decisionali. Anche attivit pastorali o assistenziali affidate a chierici oppure opere formalmente cattoliche (cfr. Cann. 216; 300) potrebbero richiedere approfondimenti, soprattutto quando siano implicate dinamiche etiche o economiche.

- La visita alle cose si configura come una vera e propria ispezione effettuata attraverso laccesso diretto a immobili (in prevalenza fabbricati) o attivit (ospedaliera, assistenziale, formativa, scolastica, sportiva, ecc.) in essi svolte da parte del soggetto visitato. Lispezione ha come fine specifico quello di portare a conoscenza dellAutorit – attraverso opportuno rendiconto o Verbale della visita – le reali condizioni di agibilit, manutenzione, funzionalit, sicurezza o pericolo, predisposizione o funzionalit, ecc. riguardanti le cose oppure le attivit in oggetto. Scuole, cliniche, ospizi, ma anche chiese, oratori, biblioteche ed in generale tutto ci a cui abbiano accesso le persone, sia in modo pubblico (come le chiese) che in ragione di particolari rapporti (come scuole e cliniche) possono essere oggetto di visita da parte della competente Autorit che intenda accertarsi della piena legittimit e regolarit (sia confessionale che legale) di quanto viene realizzato in nome della Chiesa, oppure essa stessa abbia commissionato a terzi nella sua realizzazione (p.es. attraverso Convenzioni), come potrebbe darsi per una Cooperativa che collabori con la Caritas diocesana per gestire servizi di mensa, dormitorio, ambulatorio, ecc.

- La visita agli Enti si configura come un misto tra le tipologie precedenti poich comporta sia lincontro e dialogo con le persone coinvolte, sia laccesso ad attivit, immobili e quantaltro in qualche modo riconducibili allEnte ed alla sua operativit. Spesso la visita ad un Ente ha come proprio focus lambito pi propriamente giuridico, espresso sia attraverso [a] la contabilit dellEnte, sia [b] la contrattualistica che lo vede coinvolto, sia [c] la documentazione giuridica istituzionale (Verbali in primis), da cui sia possibile riscontrare o anche solo rinvenire eventuali malfunzionamenti o abusi che ricadano in danno dellEnte stesso o di qualche suo avente causa o interesse, con danno per la Chiesa, sia a livello dimmagine che economico. In tali circostanze spesso sono i fatti di cronaca (p.es.: un arresto di persona o un sequestro di materiali), oppure interventi amministrativi (come la chiusura di unattivit o la sospensione dellerogazione di un servizio) o anche contenziosi con le Autorit ecclesiali di governo (come un Ricorso gerarchico indirizzato alla Curia Romana), a sollecitare un tal genere dinterventi.

La strutturale assenza di Norme in qualche modo generali per lespletamento delle visite amministrative fa s che, [a] in base al tipo di loro innesco, [b] in base alla materia e [c] a seconda dellAutorit committente, chi ne riceva lincarico debba poter realizzare tutte le attivit che meglio permettano di giungere alla piena e – soprattutto – veritiera delineazione delle situazioni, circostanze e dinamiche sulle quali sia necessario far chiarezza ed acquisire gli elementi, almeno sufficienti, per adottare gli eventuali Provvedimenti di governo esecutivo necessari alla soluzione definitiva della vicenda (v. infra). Non di meno: la natura espressamente ispettiva (= inquisitoria) di tali visite conferisce la libert pi completa nella loro realizzazione, dovendosi comunque porre attenzione sia alla liceit che alla legittimit delloperare, tanto in riferimento/dipendenza dal Diritto universale (Codici in primis) che da quello c.d. naturale, soprattutto per ci che riguarda la dignit e libert (di coscienza) delle persone coinvolte. I Provvedimenti, i Procedimenti e le Procedure da adottarsi potranno essere, salvo diversa espressa disposizione dellAutorit committente, gli stessi ordinariamente a disposizione del governo esecutivo (v. infra). La lunga attivit ispettiva esercitata dalla Curia Romana attraverso i secoli fa s che molti Dicasteri, soprattutto quelli pi radicati storicamente, possiedano se non vere Normative interne, almeno consolidati schemi di prassi per la realizzazione delle visite di loro specifica competenza.

Tra le visite canoniche di carattere informativo occupano un peculiare rilievo quelle rivolte alla verifica delle reali condizioni in cui versano specifiche Comunit cristiane in situazioni che, pur ormai stabilizzate, devono tuttavia essere considerate straordinarie, come accade, p.es., per i fedeli orientali residenti allinterno dei territori latini a seguito di emigrazione. prassi consolidata linvio alle Comunit della diaspora (soprattutto in Europa ed America) di Visitatori da parte delle Eparchie orientali di provenienza per verificare la loro reale situazione pastorale e leventuale necessit sia [a] dinviare Pastori propri per la loro cura pastorale, sia [b] di provvedere alla creazione di vere Parrocchie (ancora dipendenti dalla locale Gerarchia latina) o anche [c] di istituire vere Delegazioni o Vicariati direttamente dipendenti dalle Eparchie orientali dorigine.

A soli fini di completezza di questa, pur generalissima, illustrazione tipologica, non si pu trascurare una visita canonica a suo modo speciale: quella regolarmente effettuata ai Seminari da parte della preposta Congregazione romana (prima Congregazione per lEducazione cattolica e i Seminari, oggi Congregazione per il Clero). Ciclicamente infatti la Santa Sede designa dei Vescovi come Visitatori con lo specifico compito di visitare tutti i Seminari di una determinata Conferenza episcopale con lobbiettivo di verificare non solo che nei vari Seminari la formazione avvenga secondo le Norme stabilite, ma pure si intraprendano tutti gli sforzi necessari ad una sempre maggior efficacia dei percorsi di discernimento vocazionale e di formazione intellettuale, umana e spirituale dei candidati allOrdine sacro.

8. SVOLGIMENTO DELLA VISITA CANONICA

Dal punto di vista operativo la visita canonica propriamente detta (o amministrativa) si presenta come unattivit pubblica ed ufficiale di carattere espressamente ispettivo, svolta dallAutorit o per suo espresso mandato o delega, essenzialmente indirizzata a raccogliere elementi, prima di tutto (e per quanto possibile) documentali (o almeno testimoniali), attraverso i quali sia possibile esercitare le funzioni pi proprie della vigilanza caratteristica delle Autorit ecclesiali, secondo giurisdizione e materia. Su tali elementi si fonderanno successivamente le decisioni che eventualmente risulter necessario assumere, conferendo loro piena legittimit sostanziale e formale in applicazione del Can. 50 CIC che regolamenta la materia provvedimentale. La portata – di per s – inopinabile della documentazione cos acquisita permetter anche allAutorit di governo di mantenere la propria posizione contro eventuali Remonstrationes (cfr. Can. 1734) e successivi Ricorsi gerarchici (cfr. Can. 1737), fino alla Causa giudiziale contro un Dicastero della Curia Romana presso il Supremo Tribunale della Segnatura apostolica.

Si gi posto in evidenza come la visita canonica sia concepita nella Chiesa come lo strumento principale per esercitare concretamente il governo: ogni fedele ed ogni espressione ecclesiale , di per s, soggetto in linea di principio alla visita dellAutorit ecclesiastica. questo uno dei corollari dellaffermazione circa la immediatezza della potest di governo sia del Vescovo diocesano (cfr. Cann. 333 1; 381 1) che del romano Pontefice (cfr. Can. 331: potest che pu sempre esercitare liberamente), corroborata dallespressa negazione codiciale della possibilit di non ricevere visita alcuna (cfr. Can. 199, 7). Daltra parte: allinterno di un Ordinamento giuridico privo di vero imperium, in quanto non esiste alcuna – possibile – coercibilit attiva, solo la visita permette allAutorit di governo di prendere effettivamente atto, formalizzare, ed eventualmente rendere pubbliche, situazioni e circostanze – legittimanti oppure de-legittimanti –, sia di persone che di cose, oppure situazioni o circostanze, al fine di urgere losservanza (cfr. Cann. 54; 392; 678) di quanto la Chiesa ha riconosciuto e stabilito essere – almeno temporaneamente – pi utile o vantaggioso ad unautentica vita di fede dei credenti in Cristo. Proprio la formula tecnica urgere losservanza esprime appieno la reale condizione suaccennata: nella Chiesa infatti, a differenza che nello Stato, non possibile imporre alcunch ad alcuno: soltanto si pu – e si deve – urgere che ciascun soggetto ecclesiale (persona o Istituzione o Ente) operi mantenendosi entro il limiti indicati dallOrdinamento affinch vengano conservate la vera fede e la comunione (cfr. Can. 209).

Nellimpossibilit – anche espressamente sistematica – dillustrare lintera panoramica delle visite canoniche teoricamente (e storicamente) possibili, si ritiene sufficiente in questa sede offrire alcune indicazioni funzionali a loro riguardo.

- In primo luogo necessario individuare con precisione quale sia la competente Autorit di governo esecutivo (o amministrativo, che dir si voglia) legittimata allo svolgimento, diretto o indiretto, della visita di cui si ravvisi la necessit o, almeno, lutilit. Loperare di un soggetto privo di appropriata competenza giuridica, infatti, porterebbe inevitabilmente a configurarsi come ingerenza non solo illegittima (diversa, cio, dalla Legge) ma spesso anche illecita (= contraria alla Legge), che violerebbe non solo il Diritto come tale ma anche, e pi puntualmente, i diritti di persone o Istituzioni, non senza grave danno sia per gli interessati che per lintero Ordinamento. La questione si pone per tutti i Superiori e le Autorit ecclesiastiche al di sotto del romano Pontefice, fatta eccezione per i Dicasteri della Curia Romana che operano ex Lege (cfr. PB 8) con potest vicaria ordinaria del romano Pontefice (cfr. Can. 331): ci che legittima praticamente in ogni circostanza e verso chiunque linvio del c.d. Visitatore apostolico.

- Per quanto riguarda il Visitatore, necessario che egli venga individuato in base allattivit che devessere effettivamente svolta: attivit spesso delegabile, almeno parzialmente, anche se alle volte devessere svolta da persone dotate di specifiche competenze tecniche (giuridiche o contabili). Le sole competenze tecniche, tuttavia, spesso non sono sufficienti poich occorre che il Visitatore sia dotato pure di adeguata potest di governo, soprattutto nelle visite c.d. correttive o riformative nelle quali si profili come probabile la necessit di emanare veri Provvedimenti gi durante lattivit ispettiva (v. supra).

         La potest conferita al Visitatore riveste unimportanza decisiva poich egli devessere dotato non solo di espresso potere ispettivo (o investigativo, nel caso delle persone), che si concretizza nella possibilit di principio di vedere qualunque documento o cosa egli ritenga utile (cos come anche di chiedere a chiunque ci che ritiene pi opportuno), ma anche di espresso potere dispositivo, in ragione del quale emettere eventuali Precetti attraverso cui esigere la consegna di materiali o la comparizione di persone, pur senza poter disporre circa le persone come tali, delle quali – comunque – non un superiore (come accadrebbe, invece, per un Commissario). La gravit delle situazioni potrebbe richiedere anche lemanazione di Provvedimenti non individuali (= Decreti anzich Precetti) ad immediata esecutivit coi quali, p.es., impedire laccesso a determinati beni, documenti, luoghi, o il trasferimento o sequestro di qualche cosa o la sospensione di qualche attivit.

- La visita canonica amministrativa, poich attivit pubblica ed ufficiale ma – soprattutto – straordinaria, deve iniziare con un formale Decreto di indizione, prontamente notificato al suo destinatario affinch, prima di tutto, prenda atto della concreta situazione in cui versa dal punto di vista istituzionale; il Decreto di indizione, poi, ha lo scopo di far s che il visitando si disponga in modo adeguato allaccoglienza dei Visitatori e ad una efficace collaborazione. Senza tale comunicazione iniziale i Visitatori, nello svolgere la loro attivit, risulterebbero a tutti gli effetti degli intrusi ai quali, doverosamente, occorrerebbe opporsi – anche formalmente – per tutelare lintegrit di persone e cose, a norma di Diritto.

- La visita canonica si conclude con un Verbale o Relazione da presentare allAutorit che ha indetto la visita stessa, pur affidandola ad altri in ragione, spesso, della sua complessit. Acquisite le informazioni derivanti dalla visita canonica, lAutorit potr disporre con cognizione di causa eventuali interventi che riterr necessari per risanare, se del caso, la situazione in oggetto e dare, comunque, indicazioni utili per il futuro.

         Pur in assenza di specifiche disposizioni normative in merito, duso consolidato – ma risponde anche ad effettiva utilit e necessit giuridica – che il termine della visita sia sancito da una qualche formalit con cui si notifica allinteressato lesito della visita stessa. Si tratta, solitamente, di una lettera o, nei casi pi impegnativi, di un vero e proprio Decretum visitationis (o de visitatione) in cui lAutorit vigilante pu (o deve) prima di tutto indicare elementi, fatti, circostanze ed altro che, a suo giudizio, risultino pi o meno problematici; in secondo luogo la stessa Autorit potrebbe anche disporre una serie di condotte (attive od omissive) da porsi in atto per rimediare ai problemi segnalati. Esemplificativamente si pu ricordare che la recente – pluriennale – visita apostolica agli Istituti di Vita Consacrata delle Religiose negli Stati Uniti dAmerica (terminata nellanno 2014) si conclusa con un Rapporto finale presentato addirittura nella Sala Stampa vaticana: un documento articolato in 12 capitoli, frutto di un lavoro lungo 3 anni – dal 2009 al 2012 – che ha coinvolto 341 Istituti religiosi femminili e che, stato affermato in Sala Stampa, conclude una visita apostolica senza precedenti, il cui esito risultato largamente favorevole alle visitate.

- Le conseguenze di una visita canonica possono risultare le pi svariate, potendosi porre sia a livello pastorale, che disciplinare, che penale. Sono conseguenze pastorali quelle indirizzate sostanzialmente a valorizzare gli aspetti positivi riscontrati e a sollecitarne un consolidamento, nellottica della compliance. Sono conseguenze disciplinari quelle indirizzate a realizzare un nuovo assetto funzionale (per cose, attivit o Enti) oppure, per le persone, confermare ruoli, funzioni o Uffici ecclesiastici, oppure allontanare da essi attraverso Provvedimento esecutivo, normalmente: cessazione nel ruolo/Ufficio per il quale non si risulti (pi) idonei, oppure trasferimento ad altro ruolo/Ufficio pi adeguato, quando non si debba – invece – ricorrere alla formale rimozione (di portata disciplinare). Nelle ipotesi maggiormente problematiche, soprattutto a causa della portata delittuosa delle condotte esaminate o emerse attraverso la visita, il risultato potrebbe legittimamente preludere ad un intervento penale (giudiziale o amministrativo) poich lAutorit committente potrebbe consegnare al Promotore di Giustizia i dati appurati dai Visitatori utilizzandoli quali sostanziale investigatio prvia necessaria per disporre linizio di un Procedimento di natura penale, secondo il dettato del Can. 1717 che la impone solo a meno che questa Investigazione non sembri assolutamente superflua, come avviene in caso di visita canonica.

- Contro il Decretum de Visitatione, come contro ogni altro Provvedimento esecutivo (cfr. Can. 1732), data possibilit di resistenza od opposizione attraverso gli ordinari strumenti previsti dal CIC: Remonstratio ed eventuale Ricorso gerarchico. Tale attivit possibile, di principio, non solo contro limposizione autoritativa di specifiche condotte ma anche contro la stessa formulazione del Decreto, nel caso contenesse affermazioni non veritiere (o non sufficientemente circostanziate) oppure valutazioni non adeguatamente fondate o lesive di – altri – diritti del soggetto visitato, di per s estranei allambito in questione. Non si pu infatti ignorare come un tale Documento, dato e valevole in foro esterno, col suo rimanere agli Atti della visita intrapresa possa influenzare negativamente il futuro di persone, attivit ed Istituzioni ledendone in modo illecito la buona fama e la intimit (cfr. Can. 220).

Al termine di questa carrellata, pi di inquadramento sostanziale che di descrizione sistematica delle visite canoniche, non risulta agevole, n probabilmente possibile, trarre vere conclusioni. Semplicemente occorre prendere atto che la lunga tradizione normativa e laltrettanto longeva prassi, soprattutto pontificia, hanno finito per cristallizzare la materia entro confini tanto specifici quanto marginali allinterno dellOrdinamento canonico, mantenendola quale tipico ambito di Diritto consuetudinario: applicabile di principio, per quanto in modalit del tutto a-formali, come ben si addice ad un Ordinamento giuridico che solo formalmente ha assunto caratteristiche codiciali.


in: M. DE BENEDETTO (cur.), Vesite canoniche e ispezioni. Un confronto, Torino, 2019, 75-98