Il patrimonio ecclesiastico tra beni e valore: una novit dalla prassi italiana


1. Allinizio dellanno 2019 lIstituto Centrale per il Sostentamento del Clero in Italia (I.C.S.C.) ha diffuso e presentato il nuovo Manuale di Contabilit generale per gli Istituti per il Sostentamento del Clero (I.D.S.C.) che dovr essere adottato a partire dallEsercizio contabile gi in corso.

Al di l della presunta natura meramente tecnica dellintervento – che sinsinua cos in modo impercettibile ai pi, sembrando trattarsi di mere questioni contabili – invece necessario evidenziarne la reale portata rivoluzionaria dal punto di vista politico e strategico.

Il canonista non pu infatti ignorare come si tratti di una vera frattura teoretica, ben prima che contabile, rispetto al profilo utilizzato fin dallinizio dellattivit degli I.D.S.C. nel 1986, a seguito della modifica concordataria del 1985: il passaggio cio dal criterio patrimoniale a quello del valore utile dei beni dai quali devono ricavarsi le somme necessarie al sostentamento del clero in Italia.

Al di l del cambio tecnico come tale (sotto il profilo ragionieristico) allo sguardo del canonista attento rileva la presenza di un sottostante – innovativo – presupposto teoretico: labbandono certo del concetto di bene per ladozione, altrettanto certa, di quello di valore  a riguardo del c.d. patrimonio degli I.D.S.C.: un patrimonio quasi completamente immobiliare, oltre che completamente ecclesiastico ai sensi del Can. 1257 1 CIC.

In realt gi da anni lIstituto centrale si stava orientando con decisione ad adottare logiche amministrative – e non meramente contabili – radicalmente diverse da quelle patrimonialistiche tradizionali come, p.es., il ricorso allIndice R.O.S. (= Return on Sales) per valutare la redditivit del patrimonio ex-beneficiale e – presumibilmente – intervenire di conseguenza sulle situazioni meno performanti. La questione che qui rileva non tanto ladozione di un Indice anzich un altro, sebbene si possa (e forse si debba anche) valutare adeguatamente quale tra i tanti ormai in uso sia il pi adatto a descrivere e guidare loperativit degli I.D.S.C. nella loro peculiarissima attivit tipica; importa, invece, il radicale cambio del paradigma di riferimento: non esiste, infatti, pi un patrimonio (stabile o quod servando servari possit, o altro) ma un mero valore dInventario, vocato unicamente a produrre reddito. Nullaltro!

2. La questione, sebbene espressamente riguardante e riferibile ai soli I.D.S.C. in Italia e non allintero Ordinamento canonico, che regolamenta la materia nel Libro V del CIC, si pone tuttavia come vero spartiacque nella materia economico-patrimoniale canonica come tale, visto che: 1) non solo si tratta probabilmente – almeno in Italia – del maggior patrimonio ecclesiastico immobiliare oggi esistente (generato dal convergere di tutto il precedente patrimonio beneficiale), ma 2) si tratta anche di quello che ad ogni effetto deve essere considerato, canonicamente, un patrimonio stabile per eccellenza, vista la natura espressamente reddituale e non solo strumentale di tali beni immobili che trovano la propria identit giuridica nella Chiesa in ragione del Can. 1274 CIC.

Il nuovo Manuale di Contabilit italiano introduce, saltem in facto, non etiam in Iure, una vera novit sostanziale: labbandono, soprattutto teoretico (sic!), di tutta la precedente concettualizzazione canonistica della materia economica, per assumere un nuovo punto di vista ormai inevitabile ai fini almeno gestionali: il concetto di valore. Concetto espressamente utilitaristico e non ontologico (comera quello precedente di bene): come si addice a realt materiali destinate a produrre – soltanto – redditi, attraverso i quali concorrere alla missione della Chiesa, in questo caso il sostentamento dei ministri (cfr. Can. 1254 2).

La novit concettuale risalta in modo esplicito nelle spiegazioni che il Manuale offre per illustrare i differenti criteri di valorizzazione di quelle che dal punto di vista contabile si chiamano Immobilizzazioni Materiali (di fatto: gli immobili).

Nel gruppo delle Immobilizzazioni Materiali sono ricompresi tutti i beni di uso durevole costituenti parte dellorganizzazione permanente dellIstituto, impiegati normalmente come strumenti di produzione del reddito della gestione caratteristica.

3. Il cambio radicale dimpostazione si pone nellabbandono della contabilizzazione degli immobili al costo storico di acquisizione e mantenimento in efficienza (con susseguente capitalizzazione di consulenze e manutenzioni) per assumere, invece, il – mero – loro valore potenzialmente commerciale (cio il presunto incasso dalla loro vendita; il Manuale parla infatti di valore recuperabile) e comunque produttivo, in base a criteri di effettivit come sono ormai i diversi valori fissati o utilizzati dalla Legge a fini tributari, a partire dai parametri V.A.M. per i terreni e O.M.I. per i fabbricati.

Il cambio dei concetti e princpi sottostanti radicale: non esistono pi cespiti ma solo investimenti! Come in qualunque attivit dImpresa!

In tal modo salta qualsiasi presupposto di stabilit patrimoniale e tutto si riduce ad un puro ciclo produttivo: 1) investimento, 2) suo ammortamento, 3) reddito prodotto, 4) dismissione dellinvestimento ormai esausto. Lunica stabilit devessere quella del reddito prodotto, cosicch quanto stabilmente non produce devessere dismesso al pi presto. In tale prospettiva, secondo il Manuale: La presenza di immobili privi di valore commerciale non , in linea teorica, compatibile con le finalit degli Istituti. La portata non-contabile ma politica dellaffermazione non richiede commenti.

Addirittura sar il sistema – di fatto centralizzato – della c.d. Gestione immobiliare dellI.C.S.C. a stabilire (per via aritmetica) il valore di ciascun immobile in base ai dati fiscalmente rilevanti ed ai contratti di locazione in essere, in stretta dipendenza (e funzione) dallo stato di manutenzione e tenuta a Norme dei fabbricati: fattori da cui ne dipende la potenziale messa a reddito. Di grande significativit – anche teoretica – risultano le indicazioni contabili impartite in merito:

- per i terreni, il valore dInventario sar calcolato moltiplicando il V.A.M. per 1,5 (terreni agricoli di pregio a reddito), oppure per 1 (terreni agricoli a reddito), oppure per 0,5 (terreni agricoli a bassa redditivit), fino alla mera formalit di 1,00 per ciascun c.d. reliquato.

- per i fabbricati, il valore dInventario sar calcolato moltiplicando il valore O.M.I. per 1 (immobile nuovo o oggetto di ristrutturazione completa negli ultimi 5 anni), oppure per 0,8 (immobile non nuovo e con impiantistica in parte obsoleta), oppure per 0,5 (immobile obsoleto, con classe energetica bassa e con impianti che richiedono interventi significativi), fino a 0,3 (immobile obsoleto, con condizioni che ne rendono difficoltosa la messa a reddito).

4. Proprio il necessario ri-calcolo ciclico del valore dei fabbricati costituisce la prova provata della completa dissoluzione del concetto patrimoniale canonico tradizionale, adatto ai terreni dei Fondi agricoli da (far) condurre ma non ai fabbricati da locare. interessante in proposito quanto il Manuale afferma sui terreni, seppure per altra finalit: Il terreno non rappresenta un fattore produttivo pluriennale, che cede la sua utilit nel tempo; esso, viceversa, non perde, nella normalit, valore e, quindi, non deve essere sottoposto a processo di ammortamento. Questo era, infatti, ab imis il criterio che reggeva lintero sistema patrimoniale canonico su base beneficiale agraria in Europa fino, tuttavia, alla met del XIX secolo, nel migliore dei casi: non per nulla, infatti, gi prima della fine dellOttocento in Italia fu introdotto il c.d. assegno di congrua (integrazione del mancato reddito beneficiale, ormai esausto) per i titolari di Benefici curati (Parroci in primis).

La mens fondiaria, tuttavia, che sera radicata nel secondo millennio aveva portato il CIC pio-benedettino a fissarne i princpi (universali) ed a trarne le coerenti deduzioni normative, che anche il Legislatore post-conciliare aveva di fatto assecondato, senza tener adeguatamente conto che labolizione del sistema beneficiale (cfr. PO 20), insieme col mutamento sostanziale delleconomia, europea soprattutto, avevano gi bocciato tale impostazione ancor prima che venisse formalizzata – anche – per i nostri giorni.

5. Sebbene la rivoluzione – soltanto contabile e interna – operata dallI.C.S.C. in Italia non sia certamente in grado di sovvertire i princpi del Diritto canonico in tema di amministrazione dei beni ecclesiastici, nondimeno si tratta di un elemento di prassi di assoluta significativit sia per il valore economico dei beni coinvolti, sia per i presupposti concettuali che hanno motivato tale decisione.

Il fatto assume poi ulteriore rilievo, squisitamente dottrinale e teoretico, se lo si inserisce nel recente tentativo di dar nuova vita al concetto di patrimonio stabile che vede impegnata, da alcuni anni ormai, la stessa Curia Romana soprattutto innanzi al plausibile rischio (non pi solo eventuale) di default di importanti Enti canonici.

Il quadro si amplia – ed approfondisce – quando, uscendo dallEuropa (in cui per circa un millennio leconomia ecclesiale si strutturata su base beneficiale), si consideri la struttura radicalmente diversa delleconomia ecclesiale, quasi completamente di natura finanziaria poich dipendente in massima parte dalle offerte dei fedeli o da sovvenzioni di altra provenienza, tutte comunque finanziarie. Una situazione, crescente, che non lascia scampo allinadeguatezza del concetto – e tutele giuridiche correlate – di patrimonio stabile e chiede anche al Legislatore canonico, e non solo a qualche macro-Ente, di adottare criteri effettivamente utili sia a unadeguata fruizione, sia alla necessaria conservazione delle risorse economiche di cui i fedeli hanno dotato la Chiesa nelle sue Istituzioni concrete: il semplice conservare i beni, infatti, potrebbe pregiudicare il patrimonio stesso.


in: IUS ECCLESIAE, XXXII (2020), 287-296