Nel preparare lInstrumentum laboris per la XIII Giornata canonistica interdisciplinare ho trovato un valido appoggio teoretico e documentativo nellopera di S. Dianich Diritto e Teologia fattami recapitare (con gradita sorpresa) dallo stesso autore poco dopo la sua pubblicazione nel novembre 2015. Loccasione stata proficua per dedicare attenzione al pensiero di uno dei pochi ecclesiologi italiani (teologi, in realt) che negli ultimi decenni si sono mostrati sensibili in modo strutturale, e non occasionale soltanto, nei confronti del Diritto canonico e delle sue principali istanze teoretiche.
Il volume, come scrive lautore stesso, una nuova proposizione, integrata ed aggiornata, di quindici saggi gi apparsi in varie sedi in un periodo di circa ventanni, testi altrimenti difficilmente raggiungibili (p. 12) per la maggior parte dei lettori: una vera selezione tematica che permette di accedere ad un apporto di contenuti di grande efficacia, soprattutto per il canonista, non tuttavia in prospettiva generale (= il Diritto canonico come tale) ma tematica, come intenzionalmente espresso dal sottotitolo del volume Ecclesiologia e Canonistica per una riforma della Chiesa. infatti per dare un contributo [] alla progettazione di una riforma di non pochi aspetti dellattuale Ordinamento (p. 13) che i testi sono stati selezionati e a volte reindirizzati ad ununica prospettiva dominante. questo anche laccento al quale lautore dedica maggiore attenzione, in una prospettiva che potrebbe risultare non immediata n prevalente per linteresse del canonista in genere.
I saggi sono suddivisi in quattro Parti di una certa omogeneit tematica: 1) Fra Teologia, Sociologia e Diritto; 2) Forme dellautorit; 3) Nel contesto pastorale; 4) Nel contesto politico; con lintento evidente di proporre altrettante prospettive o, se lo si vuole, punti di vista, orizzonti di riflessione.
Lopera permette al canonista teoretico (pi che a quello pratico) di uscire allaperto e prendere una boccata daria, offrendogli loccasione di sentir parlare delle sue cose in modo radicalmente diverso da come fanno molti dei (pochi – sic) canonisti che si spingono al di l dello strettamente normato o normativo, riportando ormai solo le stratificazioni pi ossificate di dottrine spesso tanto archeologiche quanto ormai del tutto inutili sotto il profilo sia ermeneutico che elaborativo. Di grande utilit risulta anche lapporto dellapparato bibliografico che emerge, tema per tema, nei vari saggi. Non da meno risultano pure i rimandi o i confronti rispetto al pensiero di altri teologi sui temi trattati: un apporto di grande utilit per il canonista che pu cos organizzare anche una propria biblioteca tematica trascendete rispetto a quelle utilizzate di default dalla dottrina canonistica comune.
1. in questo modo che nel primo saggio ci si trova vis vis con Il problema dellistituzione affrontato con una consapevolezza utile, sebbene pressoch ignota al canonista, per mantenere attento lo sguardo su ci che davvero in essa conta: la dimensione corporea della Parola di Dio e dello stesso Culto cristiano (pp. 27-29). Lo sguardo si distende dallesasperazione del problema (pp. 30-33), alla qualit che listituzione deve possedere ed esprimere (pp. 39-42). Un solo assaggio della portata di quanto proposto offerto dallacuta osservazione secondo la quale
bisogna però denunciare la confusione, niente affatto rara, che si fa tra lidea della comunione e quella di comunit, obliando il fatto elementare che il termine comunit significa un soggetto collettivo, mentre il termine comunione significa una qualit di relazione (p. 39).
2. Il breve secondo saggio apre e stabilizza un orizzonte, famigliare allo scrivente, ma spesso inimmaginato (o rifiutato) nella Canonistica devota della seconda met del Novecento:
Non è senza significato che nella Bibbia e nel pi ampio arco del linguaggio ebraico e cristiano il lessico e i giochi linguistici del Diritto siano molto presenti e vengano a comporre una specie di grande metafora del rapporto delluomo con Dio: vedi le idee di patto, alleanza, legge, debito, premio, castigo, giustizia, redenzione, riscatto, giustificazione, giudizio, autorit, norme, potere, ecc.; e vedi anche le figure del Giudice, dellAvvocato, del Re, del mediatore, dellaccusatore, del vendicatore, del testimone, ecc.
Dopo che si è utilizzato larsenale linguistico giuridico per interpretare il rapporto delluomo con Dio, accade il rovescio, e cio che le figure dellesperienza religiosa a loro volta vengano a costituire un complesso ispiratore degli Ordinamenti della societ, delle Istituzioni e dei rapporti fra le Istituzioni, con lovvio rischio di una proiezione del carattere divino sulle Istituzioni umane, quando non di unegemonia delle Istituzioni religiose su quelle civili (p. 55).
3. Il terzo saggio articola in modo innovativo per il canonista la tematica fondamentale del rapporto tra comunione e Diritto, impostandola in termini di comunicazione: dalla comunione alla comunicazione (pp. 62-65); comunicazione universale e universalit del Diritto (pp. 65-67); comunione, comunicazione e istituzione (pp. 67-70); comunione, comunicazione e Ordinamento giuridico (pp. 71-73). Un percorso che si conclude con laffermazione:
LOrdinamento canonico potrebbe essere inteso, infatti, come normativa fondamentale della missione della Chiesa, prima che come regola della sua vita interna. Proprio su questo piano si verificherebbe il bisogno di non percepirne la norma come identificabile con la locutio Dei attestans, bens come la regola per lindividuazione di un significato identico nella comunicazione umana (p. 74).
4. Lultimo saggio della prima Parte offre prospettive di comprensione istituzionale irrinunciabili per una Canonistica al passo con le esigenze anche solo di auto-comprensione di s e del proprio oggetto formale dindagine. A partire dal riconoscimento che nelle Comunit antiche
prima vengono le persone dei credenti, viventi in comunione e formanti le Comunit, poi viene la determinazione delle condizioni formali necessarie perch si possa parlare del soggetto-Chiesa in senso pieno e con autentica formalit giuridica (p. 76),
si passa poi ad evidenziare come nel tempo
la celebrazione dei Sacramenti mette in moto un processo di dispersione dei valori della Chiesa locale e colloca lesistenza cristiana su di un piano universale, nel quale diventa debole, a dir poco, limportanza dei rapporti interpersonali e della Comunit empiricamente determinata (p. 83).
Significative in merito sono le sottolineature in riferimento al Vaticano II, nel quale
il discorso sulla Chiesa particolare o locale vi viene svolto, infatti, o in dipendenza della trattazione dei rapporti intercorrenti fra la Chiesa e lEucaristia, o in relazione alla distribuzione del ministero ordinato nei suoi tre gradi (pp. 96-97);
fino al punto che
sembrerebbe che la sua [della Chiesa – ndr] forma universale si dovesse proporre come lanalogatum princeps, soprattutto quando il discorso si piega verso il piano misterico ed escatologico, mentre, al contrario, quando si voglia discorrere della Chiesa come di un soggetto storico, sia la sua forma particolare a offrirsi come il referente principale (p. 100).
5. Di grande interesse canonistico il tema del quinto saggio nel quale gli apporti di varie Discipline e informazioni si rincorrono evidenziando come lautorit consiste in un potere legittimato dal quadro istituzionale dellaggregazione sociale nel quale viene esercitato (p. 106). Un lungo percorso, che parte fin dal Diritto romano, porta lautore a dimostrare che
il potere è una forza operativa accettabile dentro un Ordinamento giuridico, anche in quanto invasivo della libertà della persona, solo in quanto è anche autorit, confortato cio da una sapienza che viene riconosciuta al detentore del potere da unistanza che legittimamente glielo conferisce. Lautorit a sua volta deriva la definizione della sua consistenza dallo scopo da raggiungere con lesercizio del potere, in una necessaria autolimitazione del suo stesso potere: non è pensabile alcuna forma di autorit legittima che pretenda un potere ad omnia, allinfuori di quella di Dio stesso (p. 109).
In questottica non lascia dubbi il fatto che
nella fede cristiana, non si dà alcun fondamento per ritenere che il Sacramento dellOrdinazione conferisca a colui che viene investito della sacra potestas una Grazia, per la quale ex opere operato il suo esercizio del potere sar sempre, comunque e solo un vero e proprio servizio (p. 109).
Di conseguenza, in riferimento alla qualit dei rapporti dautorit (e potere) allinterno della vita ecclesiale e del loro bilanciamento tra chierici e laici,
si pu [] dire che quanto pi la res in questione implica ladesione di fede dei credenti, tanto pi si impone lautorit del ministero, quanto pi da questo nucleo necessitante ci si allontana, tanto pi la libertà del credente, con la variet e la ricchezza dei carismi di cui lo Spirito santo arricchisce continuamente il Popolo di Dio, a doversi affermare. Resta valida sempre la considerazione preliminare della libertà come valore e dellautorit come puro strumento (p. 119).
6. Continuando la riflessione sulla stessa tematica sostanziale, nel sesto saggio il canonista viene anzitutto avvisato che, sotto il profilo metodologico,
è proprio [] della riflessione teologica complessificare piuttosto che semplificare il dato dogmatico e quindi renderlo, piuttosto meno che pi, fruibile dalla riflessione giuridica. [...] Quella della Teologia , in realt, essenzialmente una funzione critica, che le viene dai suoi procedimenti di ricerca sulle Fonti, dal suo compito ermeneutico (p. 126).
Una consapevolezza assolutamente necessaria per addentrarsi poi nella complicata questione – e vicenda – della sacra potestas con quanto la concerne su diversi piani, tenendo conto, prima di tutto, che
se si intende la sacra potestas come un potere suffragato da unauctoritas, la distinzione resta netta fra chi comanda e chi obbedisce e non avrebbe senso parlare in maniera univoca di una sacra potestas partecipata a tutti i membri della Chiesa nella medesima forma. Se invece con sacra potestas intendiamo la capacità di agire come Chiesa nellattuazione della vocazione fondamentale del Popolo di Dio, di nessun cristiano si potr dire che non ne sia dotato affatto (p. 132).
La bivalenza dellapproccio manifesta la propria portata guardando in prima istanza a ci in cui – davvero – consiste il ministero apostolico/episcopale; lanalisi dello sviluppo della Chiesa antica mostra infatti che
dallatto fondamentale della comunicazione della fede deriva la prima articolazione del soggetto della missione nei suoi due protagonisti, quello del Popolo di Dio e, al suo interno, quello dei ministri ordinati; ma dal medesimo atto si sviluppa anche larticolazione dei compiti diversi del ministero ordinato, quello di garantire alla Chiesa lautenticit della paradosis apostolica, quello di governarla in modo che essa resti fedele al Vangelo dellorigine e, infine, quello di radunare la Chiesa per la Celebrazione eucaristica, culmen et fons della sua autenticit, della sua unità e della sua missione (p. 135).
Significativa pure la considerazione, quasi conclusiva, che continua a mantenere acceso il focolare canonistico della tematica:
Il problema non si risolve con la partecipazione dei laici alla sacra potestas dei Pastori, perch in questo caso non verrebbe riconosciuta alcuna loro potestas, verrebbe bens loro attribuita una potestas che non è la loro, ma quella propria dei ministri ordinati (p. 149).
7. La ripubblicazione della voce sinodalit del Dizionario di Teologia permette dinserire nellattuale enfasi letteraria qualche elemento di concreta fondatezza: dal richiamo alla vicenda sommamente emblematica (p. 156) dellAssise gerosolimitana nella quale si dovette affrontare la pi importante e drammatica controversia che stava lacerando la Chiesa della prima generazione cristiana (p. 155), fino ad una sommaria ma illuminante delineazione delle grandi tradizioni sinodali (pp. 161-164) della Chiesa come tale, alle questioni – ancora una volta – su partecipazione e autorit (pp. 164-168).
8. Giunti ormai nel cuore della riformabilit ecclesiale di questi anni, lottavo saggio, di crescente prossimit ed interesse per il canonista, sindirizza alla c.d. collegialit intermedia come vissuta in modo ultramillenario nelle Chiese orientali: una buona occasione per rimettere in gioco dottrine teologiche e giuridiche ancora incerte e non definitive dopo e – a causa – dei passi mossi dal Vaticano II. Lautore traccia un quadro di significativa problematicit, non nascondendo come
in realt il Concilio pare ondeggiare fra due concezioni, quella della Chiesa universale come il soggetto primario, mentre quella particolare sarebbe il soggetto derivato e secondario dellazione ecclesiale, e quella opposta della Chiesa particolare come soggetto primario e prcipua manifestatio del mistero della Chiesa (p. 182).
Daltra parte, non si possono ignorare i due timori opposti soggiacenti allintera problematica delle c.d. istanze ecclesiali intermedie, ed irrisolti, ora come sempre, nei secoli:
Luno che esse detraggano qualcosa al primato del Papa e alla potestas del Collegio episcopale inteso nella sua totalit, laltro che esse detraggano qualcosa alla potestas del singolo Vescovo sulla sua Chiesa (p. 183).
Non meno lucida e problematica la quasi-conclusione che
lesperienza vissuta negli anni successivi al Vaticano II ha mostrato che, di fatto, la nozione di collegialit, applicata esclusivamente al Collegio episcopale nella sua dimensione universale, non ha portato nulla di nuovo nella conduzione ordinaria della vita della Chiesa (p. 192).
9. Il varco cos aperto verso il nucleo pi intimo degli intrecci tra Teologia e Canonistica spinge a leggere con crescente consapevolezza – ben differente da chiarezza – lincompiutezza del Vaticano II in tema di primato e collegialit. Le prime note sul primato sono di tutto interesse per il loro netto discostarsi dai percorsi ricostruttivi ordinari; scrive infatti lautore:
la figura del papato, così come oggi la conosciamo, si sviluppa, non a caso, soprattutto dopo la Rivoluzione francese, che viene a sconvolgere il millenario assetto dellordine sociale in Europa (p. 200).
Effettivamente fu paradossale, ma è vero che nella lunga stagione della Restaurazione il prestigio e il potere papale crebbero enormemente, risultando il papato, non i Vescovi, lunica istituzione capace di resistere a quel lascito della Rivoluzione, ereditato dal gallicanesimo e dal vecchio regalismo (classico supporto anche del conciliarismo), che fu lungo lOttocento il giurisdizionalismo, ampiamente praticato nella Politica ottocentesca. In quei frangenti la questione non era solo di natura politica, ma vi si giocava la stessa natura cattolica della Chiesa, la quale correva il rischio di frantumarsi in tante Chiese nazionali, dipendenti dai loro rispettivi Governi (p. 201).
Pochi tratti di grande chiarezza per esorcizzare i falsi punti di partenza di tanta dottrina, ancora apologetica, e riproporzionare leffettiva portata della tematica in gioco. Dopo aver ripreso la tematica dellEpiscopato come affrontata e maturata allinterno dei lavori dellultimo Concilio, non si nasconde tuttavia lincompletezza di tale opera:
Il Vaticano II lascia la Chiesa ancora priva di un qualche istituto giuridico che permetta un vero e proprio esercizio, da parte dellEpiscopato, della sua potest collegiale nellordinaria vita ecclesiale. Di questo vuoto, che dopo il Concilio è particolarmente sentito, soffre oggi la vita delle Chiese locali che non sono in grado di riposizionare costantemente la vita delle Comunit e la loro missione in rapporto ai bisogni del contesto umano, sempre cangiante, in cui vivono, poich n la singola Chiesa n, tanto meno, unistanza universale come la Santa Sede sono in grado di farlo efficacemente (p. 215).
Ovviamente la questione rimane senza soluzione. Lecclesiologo, tuttavia, chiude il proprio contributo indicando con chiarezza quale sia la linea metodologica maggiormente adatta a proseguire la riflessione:
È evidente, per, che la riflessione teologica in questo campo sarebbe destinata alla sterilit se non riuscisse a coinvolgere i canonisti, perch nessuna messa in moto della collegialit episcopale e nessuna riforma del papato pu essere realizzata senza importanti cambiamenti nel Codice di Diritto Canonico.
Lauspicio è che i canonisti si impegnino maggiormente nello studio de Iure condendo e che fra teologi e canonisti si possa instaurare un lavoro di ricerca interdisciplinare (p. 231).
Il ritmo e la prospettiva teologica di base cambiano quando il volume saddentra nei contesti, pastorale e politico: sei saggi dei quali i primi due dedicati allappartenenza ecclesiale, vista dal Battesimo e dai cambiamenti sociali in atto.
10. Il tema certamente dei pi stimolanti dal punto di vista pastorale, anche per il canonista il quale si trova a dover ormai immaginare nuove modalit per formalizzare il legame istituzionale tra Chiesa e fedeli, in un mondo nel quale domina la
diffusa sensibilit contemporanea, per la quale lautocoscienza dellindividualit cos acuta che qualsiasi senso di appartenenza vissuto in maniera soggettivistica, così da risultare in molti casi totalmente sfilacciato (p. 235).
Il problema che tuttavia viene riproposto quello della doppia valenza del legame sacramentale: 1) comunitario e quindi relazionale, 2) ontologico e quindi absolutus; valenze storicamente coincidenti, ma oggi non pi tali
Non si possono considerare i Sacramenti isolandoli dal soggetto ecclesiale che li celebra: non sono atti divini senza essere necessariamente gli atti di certi soggetti umani storicamente determinati.
Ora, tutto questo è vero, ma questo modo di considerare il Battesimo non esaurisce la densit del suo significato. Se i Sacramenti sono azioni della Chiesa e se ricevono, da questo punto di vista, la loro qualit dalla qualit della Chiesa che li celebra, dallaltra, in quanto sono essenzialmente una pura ri-presentazione memoriale della morte e della risurrezione di Ges, sono lazione stessa di Ges che i segni sacramentali ri-presentano (p. 240).
Dopo un excursus attraverso differenti strade dellappartenenza (pp. 242-247): salvezza, volont, dono, varianti, fino ad una appartenenza in progress (pp. 247-249), la conclusione un rilancio:
Nessuna regola pu giungere a negare la consistenza delle forme di appartenenza ad essa precedenti, quella della comunicazione della fede e quella del valore trascendente del Battesimo.
Che sia possibile anche nella Legislazione canonica giungere un giorno a riconoscere diversi gradi di appartenenza è una questione da demandare ai canonisti. Ci che costituisce un dato di fatto è che gi esistono praticamente parecchie forme diverse di appartenenza fra i diversi membri di una stessa Chiesa (p. 248).
11. Il percorso viene riproposto sotto altre prospettive a partire dalle questioni neotestamentarie proprio sullappartenenza ecclesiale di giudei e di pagani (pp. 252-254) fino alla scomunica del 1 luglio 1949 per chi professava la dottrina comunista materialista e anticristiana (p. 258). Rifacendosi in modo costitutivo al Battesimo e alla professione della fede (p. 268), lautore giunge a ritenere necessario
parlare non solo dellappartenenza dei credenti alla Chiesa, ma anche dellappartenenza della Chiesa ai credenti. Se dalla Chiesa vengono proposte alluomo le condizioni per appartenerle, dal credente le vengono imposte, di fatto, le caratteristiche concrete che ne costituiscono la forma empirica e ne disegnano il volto storico. [...] Non si tratta in prima istanza di decidere se si debba o non si debba mutare qualcosa, man mano che muta la societ, nella vita della Comunit, ma di essere consapevoli di ci che sta mutando, di fatto, in essa, indipendentemente dalla volont di chicchessia, man mano che volti nuovi di uomini vengono a comporne il ritratto (pp. 268-269).
Questo perch: Lesistenza ecclesiale ha una sola radice, che non è mai interscambiabile: è la scelta della fede (p. 273).
12. Il tema immediato cambia nel saggio sulla Diocesi moderna, sebbene lepilogo non sia radicalmente differente da quanto appena sollecitato: è il ministero a doversi articolare sulla base dellarticolarsi della Comunit e non la Comunit a doversi adattare alle esigenze interne della struttura ministeriale (p. 287), ci anche in dipendenza dallinsolita osservazione che
la Chiesa odierna, al di là dei titoli onorifici, non conosce che una sola figura di Vescovo e una sola figura di Parroco, mentre la Chiesa antica e medioevale ha conosciuto Curati e Pievani (o preti e arcipreti), Vescovi di campagna e Vescovi urbani, Arcivescovi metropoliti e Patriarchi (p. 285).
Gli ultimi tre saggi respirano unaria propria, seppure, nella prospettiva gi inaugurata a livello pastorale; il rapporto sempre pi complesso ed articolato tra Chiesa e societ civile contemporanea: libert della fede, democrazia, laicit dello Stato.
13. Nel saggio sulla libert della fede si delinea la portata della tensione tra cristianesimo individuale e cristianesimo sociologico, in continuit con le questioni connesse a Battesimo ed appartenenza:
Nella situazione odierna di una crisi inarrestabile di ogni forma di cristianesimo sociologico, si desidererebbero anche altri criteri, oltre a quello del Battesimo ricevuto nellinfanzia, per essere considerati appartenenti alla Chiesa, la quale sempre meno pu permettersi di essere composta di una grande parte di cristiani che nella loro vita non hanno mai posto esplicitamente e formalmente un atto di decisione personale di appartenerle (p. 295).
Non tuttavia possibile neppure trascurare quanto E. Troeltdch osservava gi nel 1949, cio come
solo la grande Chiesa, con la sua aderenza al territorio e alle strutture della societ civile, ha potuto di fatto costituire quella imponente forza storica che è stato, di fatto, il cristianesimo nello sviluppo della civilt mondiale (p. 307).
La tensione – e questione – rimane pienamente aperta poich:
Siamo in presenza di una interessante dialettica fra lesigenza della personalizzazione delladesione alla fede che, per una sua estrema coerenza, dovrebbe arrivare fino alla rinuncia alla prassi del Battesimo dei bambini, e lesigenza di non cedere a tendenze catare ed elitarie, per conservare alla Chiesa la sua forza storica, da mettere al servizio del bene comune, della giustizia e della pace nel mondo (p. 307).
14. Le questioni connesse alla comunicazione della fede ridivengono centrali quando, in una societ di pari diritto di parola (comՏ quella democratica), ci si sente obbligati a dire il Vangelo come un discorso qualsiasi (pp. 314-318).
Una Chiesa che evangelizza in un certo determinato contesto culturale non pu essere assolutamente identica a quella che lo fa in un contesto culturale diverso, sia perch il configurarsi dellatto comunicativo al suo destinatario modifica per forza di cose anche la configurazione del soggetto, sia perch quando levangelizzazione determina lingresso di nuovi soggetti nella Chiesa, questi vi apportano i loro caratteri propri e quindi ne modificano il volto (p. 311).
15. Il vero tema dellultimo saggio non tanto lannunciata laicit dello Stato, quanto piuttosto la secolarizzazione della presenza ecclesiale al suo interno, come ben si evidenzia affermando che, rispetto allepoca in cui essa era riconosciuta come lunica istanza capace di garantire alla societ la sua legittimazione etica (p. 327), oggi
gli stessi documenti del Magistero si rivelano incerti e timidi a questo proposito, scegliendo spesso di parlare al mondo senza argomentare a partire dal Vangelo stesso, ma preferendo appellarsi alla pura ragione e alla forza imperativa della Legge naturale, come se questa fosse lunica base possibile per interloquire con la societ secolarizzata e dialogare con coloro che non condividono la fede cristiana. []
Questa rinuncia a fare del Vangelo stesso il nucleo sostanziale pi robusto del proprio dialogo con il mondo e del proprio protagonismo civile, sta producendo lesito paradossale di una strana secolarizzazione della stessa missione della Chiesa (p. 336).
Al contrario, occorre ancor pi oggi aver chiaro che
la proposta della fede da parte del credente, inoltre, non è pura e semplice comunicazione di un contenuto, conosciuto e affermato, sul quale informare linterlocutore, invitandolo a dire il suo sì o il suo no. San Tommaso direbbe che non è in gioco semplicemente uno scitum da comunicare, bens un creditum. Comunicare la fede non è semplicemente trasmettere allinterlocutore un sapere, ma anche lesperienza vitale del proprio credere, profondamente segnata dalla soggettivit del credente (p. 337).
* * * * *
Il vantaggio per il canonista nellattingere alla raccolta di saggi del prof. Dianich molteplice, come si diceva in apertura, al di l della specifica tematica che possa interessare o della lettura che lautore ne costruisca e proponga.
- Si tratta, prima di tutto ed essenzialmente, di fruire di una corretta impostazione metodologica rendendosi conto (anche solo dal versante della c.d. Teologia positiva, fondamentale per il canonista) dello sviluppo anzitutto biblico e storico di una moltitudine di modalit di essere ed operare come Chiesa: ci in cui consiste, in effetti, il Diritto canonico o, almeno, il suo scopo principale. Un approccio che, lontano da apologie e mistificazioni strumentalizzanti, illumina con chiarezza molti passaggi istituzionali o culturali attraverso i quali si sviluppata la Normativa ecclesiale (Ius conditum) e ne svela di nuovi ancora in ombra o soltanto potenziali (Ius condendum).
- Sempre in chiave metodologica, oltre che effettivamente contenutistica, anche la prospettiva evolutiva costantemente utilizzata dallautore (nuovo Testamento, Chiesa apostolica, Chiesa dei Padri, Scolastiche, Teologia del Novecento) insieme a quella sociologica e, spesso, culturale, indicano al canonista un sicuro modo di procedere nello strutturare le proprie ricerche e trovare la giusta prospettiva lungo la quale indirizzarsi per capire che cosa sia davvero ci di cui dovr illustrare la normazione (fatta o da farsi) per la vita ecclesiale.
- Viene poi la presentazione della complessit ed articolatezza, oltre che intrinseca problematicit, di un certo numero di tematiche, normalmente ostiche ai canonisti in ragione soprattutto delle semplificazioni che la dottrina – in maggior parte codicistica – ne ha operato nel secolo della codificazione canonica, quando Diritto e Teologia sono state concordemente separate in casa, privando la Canonistica del prezioso supporto della Teologia: sacra potestas, Episcopato, appartenenza, solo per indicarne alcune. Il panorama anche sistematico proposto dallautore attraverso le molte citazioni di opere teologiche fondamentali, anche recenti, contribuisce in modo non secondario ad entrare negli snodi portanti delle tematiche trattate, soprattutto in relazione ai presupposti giunti al Vaticano II e da esso maturati oppure solo intuti ed ancora soltanto incipienti.
- Anche il rapporto instaurato dallautore col Diritto canonico risulta un positivo stimolo ad approfondire ulteriormente problemi e temi di interesse generale nellambito dellEcclesiologia e della Canonistica (pp. 12-13), sia per la competenza dimostrata a livello dottrinale in varie occasioni (communio e potestas, per tutte), sia per la correttezza delle connessioni evidenziate o proposte tra i due versanti del crinale tematico: un efficace stile di utilizzo di Fonti, dati, prospettive e possibili obiettivi condivisi, se non proprio comuni.
Chiudendo queste note necessario sottolineare la piacevole sorpresa, per lo scrivente, nel constatare la forte consonanza con lautore riscontrata soprattutto in tema di centralit assoluta della missionariet della Chiesa nellindividuare e definire la Chiesa stessa: sono molte infatti le pagine del volume risultate preziose nella stesura dellInstrumentum laboris della XIII Giornata canonistica interdisciplinare sulla norma missionis. In questa prospettiva, infatti, non pu sfuggire al canonista lattenzione che lecclesiologo sa esprimere in termini [a] di istituzionalizzazione sia dellannuncio del Vangelo sia della sua accoglienza esistenziale, che [b] di sua tutela, per le quali vede con chiarezza il ruolo e chiede il supporto del Diritto canonico. Di pi: anche il primato riconosciuto a livello costitutivo al munus docendi prima che ad altre espressioni ecclesiali (ed ecclesiastiche), Sacramenti compresi, offre la possibilit – finalmente – di veder reintegrata la giusta gerarchia tra i munera Ecclesi, quando per si eviti con decisione strategica la translucenza tra munus docendi e actus dicendi che potrebbe percepirsi in alcuni riferimenti ad una mera comunicazione e custodia della memoria Christi (cfr. pp. 115; 116; 133), mentre la Chiesa antica ha sempre concepito la propria attivit come annuncio alternativo e spesso polemico rispetto al contesto sociale e culturale nel quale operava.