testo dell'articolo senza le note - per la versione integrale consultare la versione a stampa

Diritto e realtà. Il rilancio di: “Esperienza giuridica e senso comune”


Uscito a fine 2009 come “numero” di Sensus communis, il volumetto di Francesco Arzillo “Esperienza giuridica e senso comune” (Arzillo, 2009) [ARZILLO F., Esperienza giuridica e senso comune. Sul fondamento ontologico del Diritto, Roma: Casa editrice Leonardo da Vinci, 2009] mi si presenta come ghiotta occasione per continuare una riflessione sulla quale, ormai, i primi passi sono già stati mossi con una certa “chiarezza”.

Secondo la presentazione dell’opera (nella quarta di copertina):


«Il tema del rapporto tra l’esperienza giuridica e il senso comune viene affrontato in questo saggio nel contesto della Filosofia del senso comune, correttamente intesa come una nuova e coerente proposta dativa alla logica della verità. In effetti, l’autore ha saputo mettere a fuoco, riguardo ai criteri che ispirano l’azione giuridica, proprio il problema della loro verità e dunque ultimamente il problema di come le asserzioni formulate dagli operatori del Diritto possano trovare la propria adeguata giustificazione epistemica e possano poi esprimerla in enunciati comprensibili e condivisibili in ambito pubblico».


Una prospettiva certo accattivante per il giurista non-positivista, che si attende qualcosa di – finalmente – “concreto” che possa riportare la riflessione fondativa sul Diritto entro coordinate solide …meno volubili e qualunquistiche della voluntas di qualunque legislatore o autorità. Non di meno lo stesso Indice del testo spinge ancor più avanti tale attesa, prospettando dapprima una “res” (Cap. I) e poi una “natura della cosa” (Cap. II) …ed una meno evidente (per molti “moderni”) “hæcceitas” (Cap. III) quale opportuna conclusione.

Una brillante Presentazione di Antonio Livi su “senso e utilità di una riflessione metafisica sulla costruzione dei rapporti giuridici” introduce alla lettura, prospettandone (anche direttamente, a mezzo di nota) un’immediata connessione con qualcosa di “familiare” come la “Prima Giornata Canonistica Interdisciplinare” tenutasi presso la Pontificia Università Lateranense nell’anno 2006 proprio in collaborazione col prof. Livi (cf. Livi, 2007). Già in essa l’allora Decano della Facoltà di Filosofia aveva saldamente collocato la tematica giuridica nella prospettiva “poietica” (costruttiva) di ciò che l’uomo costruisce ed applica, dopo – però – aver capito quale sia la realtà che gli sta di fronte (riflessione pratica), in modo da giungere allo scopo fondamentale dell’umana esistenza (riflessione teoretica). In tutto otto pagine di grandissimo spessore epistemologico che rendono presente, in pochi tratti essenziali ma assolutamente precisi, lo status quæstionis della gnoseologia più classica e familiare alla tradizione “ecclesiastica”.

Venendo al contributo di Francesco Arzillo (ex funzionario del Ministero del Tesoro ed ora Giudice amministrativo), il Titolo e l’Indice lasciano intuire che finalmente si possa avere a disposizione qualcosa di “concreto” capace di portare davvero in evidenza uno snodo assolutamente fondamentale per la gnoseologia contemporanea: quel substrato di “realtà” vissuta e di storia – esperienza (?) – in cui la vita giuridica affonda le proprie originarie radici in ogni epoca storica ed in ogni “sede” umana …fino (ed attraverso) al Diritto romano ed alle conseguenze derivatene per il mondo, almeno occidentale.

Con espresso riferimento ad alcune questioni pseudo-giuridiche di tutta attualità (aborto, eugenetica, testamento biologico, ecc.) …poiché in realtà assolutamente “etiche” e “morali”(!), l’autore attua uno sforzo interessante – ed oggi particolarmente necessario – per smascherare le reali radici anti-cognitivo/ontologiche della maggior parte delle dottrine giuridiche dell’ultimo secolo e mezzo.

L’opera si presenta a tutti gli effetti come un’articolata, colta ed apprezzabile disamina e fondata critica di una vastissima dottrina giuridico-filosofica, avverso le maggiori inconsistenze della Filosofia moderna, come s’addice ad un membro del Comitato scientifico dell’Annuario stesso. Una pars denstruens senz’alcuna remissione né omissione, in cui il “non-esse” viene costantemente rincorso e stanato in – quasi – ogni sua possibile “manifestazione” (sic!) e, più ancora, nella sua misteriosa ed ammaliante forza attrattiva della realtà stessa verso il nulla…

Non solo questo, tuttavia.

Il terzo Capitolo, infatti, propone il concetto – di origine scotista – di “hæcceitas” (= hæc est) quale possibile “alternativa” al sorgere stesso e svilupparsi della Modernità filosofica – e conseguentemente giuridica –: un cambio di prospettiva che permetta di non perdere l’esse …seppure distanziandosi – timidamente – dal grande fiume della Scolastica prevalente (genericamente recepita come aristotelico-tomistica) fruendo di quella sorta di dialettica interna (a detta Scolastica) cui lo Scotismo fu ridotto. La competenza personale dell’autore –che si mostra esperto di Francescanesimo – e l’attrattiva per il pensiero del doctor subtilis gli permettono d’ipotizzare una nuova rotta per aggirare il profondo “gorgo” della Modernità, approdando incolume alle spiagge contemporanee in cui poter svolgere la propria – successiva – riflessione giuridico-ontologica.

L’ammirabile impegno profuso entro le soglie della Modernità, non si riesce tuttavia ad andare oltre la semplice riaffermazione “di principio” e “del principio” che “res sunt!” in riferimento alla sola dottrina classica.

Infatti: dopo aver stanato ed esorcizzato gli spettri dell’inconsistenza filosofica tardo-moderna sottesa alla maggior parte delle concezioni (pseudo) giuridiche dell’ultimo secolo e mezzo, non si riesce a “vedere” alcuni altri “fantasmi” della stessa “Modernità”, in fondo non così terribili: l’esistenza e la storicità, cui di fatto, non si dedica alcuna attenzione diretta; per quanto la “hæcceitas” scotista non riesca a dissimularne appieno la “consistenza” e la “necessità”.

Proprio esistenza e storicità offrirebbero, infatti, all’essere un ottimo percorso “attraverso” la stessa Modernità, approdando con sicurezza a ciò che ancora non solo “resiste” dopo la bufera moderna, ma continua a dare frutti che nessuno dei “teorici” della Modernità – solo filosofica – avrebbe mai potuto ipotizzare …come le moderne Scienza e Tecnologia ci permettono.

Di fatto l’illuminato (ed illuminante) rimando all’hæcceitas non fa altro che riproporre – senza nominarla – l’istanza dell’esistenza (!) – o almeno i suoi presupposti più consistenti–; in tal modo, però, si cambia il paradigma di riferimento della gnoseologia ed ontologia scolastiche... senza risolverne in realtà i veri problemi, poiché di questo non ci si avvede… continuando a professare l’esse, in sé e per sé soltanto!

Di fatto, pur parlando convintamene di “res” e di “hæcceitas”, non si fa alcun riferimento ad uno dei maggiori principi gnoseologici della Modernità “scientifica” il Realismo critico… da cui una nuova Ontologia (cf. Masani, 2001) prende ormai le proprie mosse: quella che continuamente emerge da una “poiesi” che non deriva più né dalla “riflessione pratica” né da quella “teoretica” ma dalla ricerca scientifica …affatto non più riducibile alla “manuale” (e volgare) “techne”, essendo passata da tempo dall’ambito della “sophia” a quello della “logia”.

Rimane il problema, secondo chi scrive, se davvero la invocata “natura rerum” cui deve riferirsi il Diritto sia riconducibile con esclusività alla vulgata “essenza scolastica” e non debba, invece, confrontarsi con quell’effettività esistenziale cui già Sergio Cotta fece efficacissimo riferimento quale istanza portante dell’esperienza giuridica (cf. Cotta, 1996), mostrando non di meno un atteggiamento più rispettoso anche dello stesso pensiero aristotelico, secondo cui la collocazione – unica – degli universalia/essentiæ sarebbe “in rebus” e da esse mai scindibile.

Francesco Arzillo ha indubbiamente compiuto un lodevole sforzo onto-giuridico che ripropone il tema della “consistenza” del Diritto stesso attraverso una serrata critica di ogni sua ideologizzazione.

Coltivando tuttavia, personalmente, un “realismo” ben più radicale di quello gnoseologico (cf. Gherri, 2008b), devo riconoscere che quest’acquisizione rimane ancora da farsi: “res sunt”, certo …ma hic et nunc.

E di queste soltanto si occupa il Diritto.


PAOLO GHERRI


in: AQUINAS, LIII (2010), 655-659.